| Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai “Il gabbiano dalle piume nere”?
Lucia Sommese - Spiegare in modo chiaro e comprensibile come sono arrivata alla scelta del titolo, non è facile. Cercavo un'immagine che potesse dare concretezza allo stato d'animo di Greta, la protagonista del racconto.
Più volte mi sono trovata ad ammirare il volteggio elegante dei gabbiani, un tipo di volo molto simile a quello degli alianti, sostenuto dalle correnti d'aria nel cielo; questo mi ha ispirato l'idea della libertà, che ritengo fondamentale nella mia vita e che probabilmente ho trasferito al mio personaggio.
Il mio gabbiano è nero. Molti sono portati a pensare al nero come al colore della malinconia, o peggio ancora della sfortuna, pensiamo a quanti scappano davanti a un gatto nero. Per me non è così! Il nero è l'assenza totale di luce quindi di tutti i colori, può anche essere visto come una metafora: l'opportunità partendo da una condizione di assenza di colori, di costruire qualche cosa da zero. Allo stesso tempo rappresenta il mistero. Il mio personaggio vive un momento in cui, più che se stessa, cerca semplicità e tranquillità d'animo, e il gabbiano l'aiuterà in questo.
Domanda - Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Lucia Sommese - L'approfondimento degli stati d'animo dei personaggi, che si muovono guidati dagli eventi del momento.
Persone che fino ad un attimo prima conducevano un'esistenza senza troppe domande, con l'arrivo di Greta sull'isola cominceranno a interrogarsi e ad aver voglia di riportare alla luce storie che credevano aver dimenticato. Una di queste in particolare metterà i personaggi di fronte ad un "mistero" da risolvere. C'è anche il rapporto che ognuno di loro ha con la religione, che ho voluto trattare in maniera velata. Alcuni momenti importanti della storia si svolgono in un santuario, e alcuni personaggi si trovano a doversi confrontare con la propria sensibilità religiosa, vivendo situazioni in cui potrebbero essere criticati per i loro comportamenti, ma questo non avviene.
Padre Gerardo è un sacerdote che, pur convinto della sua scelta, non ha dimenticato le emozioni vissute prima della sua consacrazione e che lo hanno portato comunque all'incontro con Dio. Sarà il lettore a trarre le proprie conclusioni.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Lucia Sommese - Tanto! Barbana per me è stata e sempre rimarrà un luogo magico. La scoprii per caso in un momento particolare della mia vita qualche anno addietro. Mi piacque molto. Subito ebbe su di me un effetto direi "salutare".
La storia ovviamente è frutto della fantasia come pure i personaggi con i loro caratteri ben definiti; alcuni di essi però, come Anita, sono ispirati a persone reali. Reale è il luogo così come è descritto nel romanzo. Andando a Barbana, a Grado, a Trieste, si possono ritrovare con facilità i luoghi che hanno fatto da cornice agli eventi narrati.
Ritengo che nel raccontare una storia non sia possibile inventarla del tutto. Mi piace anche il fatto che i miei lettori possano riconoscere i luoghi descritti nel racconto, così come capitò a me da adolescente, quando mi regalarono un capolavoro della letteratura comica del primo Novecento inglese: Tre uomini in barca, di Jerome K. Jerome, in cui l'autore inserisce molte e dettagliate descrizioni paesaggistiche e storiche dei luoghi visitati dai personaggi. Sua intenzione era di rappresentare fedelmente un paesaggio della sua infanzia, ma il suo editore, temendo che ciò risultasse noioso, pretese dei tagli che lui fece, conservando però il pretesto realistico originale. Ne rimasi piacevolmente colpita.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Lucia Sommese - In effetti ogni racconto è una testimonianza, a volte non ci si pensa. Quando ho cominciato il mio Gabbiano non pensavo di salvare qualche cosa, però oggi mi sento di dire che quello che vorrei rimanesse in chi legge è la consapevolezza che ogni vita, ogni esperienza, va custodita come un oggetto prezioso. Ogni persona porta dentro di sé cose belle anche quando sono mascherate da esperienze tristi.
Vorrei che non rimanessero mai nell'oblio un sorriso e la speranza.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito il libro “Il gabbiano dalle piume nere”, se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Lucia Sommese - Non c'è un episodio in particolare, tutti insieme hanno concorso allo sviluppo del tema trattato. Se parliamo degli episodi della mia vita che hanno contribuito, allora la lista è lunga.
Parlando di quelli più recenti sicuramente le mie visite a Barbana, l'incontro con alcune persone del luogo, episodi della loro giovinezza svelatimi al tavolino di un bar di Grado. Diversi soggiorni a Trieste, città elegante e velatamente malinconica, mi hanno sicuramente arricchita sentimentalmente.
Un ricordo, a pensarci bene, in effetti c'è: la prima volta che arrivai a Trieste con degli amici, in piena estate, nonostante avessimo con noi una cartina della città, eravamo piuttosto smarriti. Camminando ci trovammo in piazza dell'Unità, quando all'improvviso senza aver chiesto nulla ci venne incontro un prete dall'aspetto piuttosto "spigliato": una camicia da sacerdote indossata fuori dai pantaloni, fra le dita un mozzicone di sigaro spento, sulla testa un cappello di paglia a falda larghe. Fu molto gentile e si offrì di farci da guida. Ci ispirò simpatia e fiducia e accettammo. Passammo insieme un lungo e piacevole pomeriggio nel quale ci parlò della città e dei luoghi vicini, compresa Barbana, che lui conosceva bene. Quando se ne andò ci rendemmo conto che nessuno di noi gli aveva chiesto chi fosse e ancora oggi, pur non conoscendone il nome, serbo di questa persona un piacevole ricordo. Il personaggio di padre Gerardo in certa misura si ispira a lui.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Lucia Sommese - Sono molti e vari nei generi e nella letteratura di tutte le epoche. Ho sempre amato i racconti fantastici o di avventura, come quelli di Swift e Verne. Con lo studio ho imparato ad amare i classici latini e greci, con una predilezione per Plauto, insieme con i maestri della letteratura del Trecento italiano come Dante, Petrarca e altri, accanto ad autori dei giorni nostri come Eco e Camilleri che ammiro e continuo a leggere. Devo dire che amo e rileggo volentieri “I promessi sposi” di Manzoni, adoro le sue digressioni storiche e la cura con cui ricostruisce le vicende e le dinamiche politiche del Seicento. Non è pesante, come si sente dire spesso, ma è scorrevole e leggero. La grande attenzione nella creazione dei personaggi, il loro realismo e la cura nel descriverli mi hanno sempre affascinato. Per esempio, nel caso del cancelliere Ferrer, che è spagnolo, Manzoni usa espressioni spagnole; inoltre il capitolo che gli dedica è anche un grande trattato di "psicologia delle masse", è molto moderno e attualizzabile ed è anche il migliore e più efficace esempio della proverbiale ironia manzoniana.
Ritengo che la formazione morale, culturale e sentimentale di un individuo non possa comunque essere ascritta ad un'unica esperienza, per quanto importante, bensì risulti un cammino in continuo divenire guidato da una coralità di aspetti e conoscenze che si apprendono nel corso di un'intera esistenza.
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Lucia Sommese - Certo è difficile collegare la scrittura ad altri campi, ma non perché non esista un legame, bensì perché ne esistono molti e con tutte le discipline.
Alla fine lo scrittore quasi sempre trae ispirazione da ciò che lo circonda con particolare attenzione alle proprie esperienze, ed io non ho fatto eccezione.
Da tempo la storia dell'arte occupa un posto significativo nella mia vita. Spesso nell'osservare un'opera mi scopro a chiedermi chi l'abbia guardata, toccata, realizzata e se descrive un soggetto preciso mi interrogo su di essa e sulla sua storia; come Keats davanti a quei fregi al British Museum, nella sua grandezza fece di quei pensieri un'ode, io, nel mio piccolo, potrei ricavarne racconti.
Stilare un elenco di artisti è impossibile, però all'Università sotto la guida della mia professoressa di letteratura, che includerei tra le mie fonti di ispirazione, ho imparato ad amare una grande figura del nostro Cinquecento: Michelangelo, non solo nella sua veste di scultore o pittore, ma nel meno noto ruolo di poeta e intellettuale. Dalle sue rime ho imparato molto e la sua storia ha lasciato una traccia in me, che spero di riuscire a comunicare tramite lo scrivere.
Vorrei poi soffermarmi sulla meravigliosa pittura dell'altro Michelangelo, il Caravaggio, ma comincerei quella lunga lista di artisti.
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Lucia Sommese - Credo abbiate intuito ormai che non ho preferenze uniche, mi piace abbracciare la totalità degli aspetti della letteratura.
Ancora una volta non potrò indicare un unico nome o genere. Mi piace spaziare tra i molti. Adoro la Sicilia misteriosa ed evocativa dei gialli di Camilleri o l'eleganza del Poirot di Agata Christie. Ho già citato Umberto Eco che, insieme con gli altri maestri del suo genere, delinea con i suoi romanzi filosofici un affresco del passato nel quale mi piace perdermi.
Scelgo, per le mie letture, opere che mi diano occasione di evadere dalla realtà perciò preferisco i racconti di fantasia, anche incredibili. Come Hitchcock sosteneva che più della logica conta l'immaginazione, così io amo leggere opere che mi portino a fuggire dalla quotidianità della vita; racconti di fantascienza come quelli di Asimov, o il genere che oggi chiamiamo all'inglese "fantasy": Tolkien, Lewis e altri, per non parlare delle tradizionali fiabe. Apprezzo anche la buona saggistica.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Lucia Sommese - Preferisco in genere il libro tradizionale, amo averlo tra le mani, girare le pagine e una volta letto, custodirlo nella mia libreria.
Li conservo tutti, confesso di non sapere più nemmeno dove riporli, ma fanno parte di me e della mia vita.
Allo stesso tempo mi rendo conto che siamo nell'era digitale quindi mi devo adeguare. Il libro digitale permette di tramandare il contenuto e la forma di qualunque opera, compresi i capolavori del passato che potrebbero andare perduti. Inoltre, parlando di vita quotidiana, in effetti, è comodo se si è costretti a muoversi. Pensiamo a Petrarca che doveva portarsi nei viaggi il suo famoso baule di libri per non rinunciare allo studio.
Ma il cartaceo ha il suo fascino.
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Lucia Sommese - Direi un rapporto "amichevole". Non c'è un momento particolare della giornata in cui scrivo. Ogni momento è buono, perché le idee generali, come i personaggi e i luoghi sono già nella mia mente e aspetto solo l'attimo in cui potrò trasferirli nel mio computer. La storia in realtà si sviluppa mano a mano che elaboro il racconto.
In questo caso sono partita da un ricordo, la mia visita all'isola di Barbana, e poi la storia ha avuto inizio e i personaggi hanno dato luogo ad azioni che non avevo idea di come potessero evolvere.
Come il lettore, anch'io quando scrivo una storia attendo che accada qualche cosa; a volte penso un finale, poi strada facendo i personaggi mi conducono a sviluppi che non avrei mai immaginato.
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “Il gabbiano dalle piume nere” se non lo avesse scritto.
Lucia Sommese - Non credo che riuscirò mai ad estraniarmi totalmente da questo ruolo. Però spero che il lettore sia colpito da questo personaggio che gli viene subito presentato nel titolo: il gabbiano.
Io sono affascinata dalle storie sugli animali, specie se questi hanno comportamenti umani, come nelle favole di Esòpo. Inoltre, il riferimento ad una piccola isola non misteriosa ma poco conosciuta, a vite segnate dal passato e dalle difficoltà, stimolerebbe in me curiosità. L'intento era di approfondire l'animo umano e ho cercato di costruire il racconto in modo che coinvolgesse subito i lettori in questa indagine.
Io ne sarei incuriosita e mi accosterei al romanzo, spero quindi di essere riuscita a stimolare lo stesso sentimento negli altri.
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Lucia Sommese - Sì, sto già scrivendo un altro racconto.
Fino ad oggi ho sempre scritto per me, ora vorrei poterne fare un'attività che non sia più solo un aspetto riservato della mia persona.
Il nuovo romanzo che dovrei finire a breve è diverso dal precedente. Il tema accarezza il genere storico, storia medievale e contemporanea si intrecciano. Il mistero accompagnerà nuovi personaggi nelle loro ricerche, questa volta concrete e non introspettive.
Poi ho in mente un altro racconto che coinvolgerà alcuni personaggi già incontrati nel Gabbiano ...
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