| Critica di Sergio Solfiti
Conosco la Sicilia per averci vissuto, lavorato ed anche divertito. Terra di fuoco di sole e di mare, piena di storia di sentimento e di bellezze naturali. In Sicilia tutto risplende, il sole riscalda gli animi e le mente degli uomini ma ci pensa il mare a smorzare con la sua frescura gli ardori e le intemperanze. Sorvolare l’Etna per atterrare nella “Trinacria” per una nuova occasione di lavoro mi rende sempre raggiante. Vedere il gigante sornione del più alto vulcano d’Europa sempre pronto a brontolare e fumare col suo pennacchio grigio, mi dà l’esatta dimensione della pochezza dell’uomo di fronte a quell’immane potenza di fuoco. D’istinto mi viene da rifuggire dalla pericolosità dell’energia sviluppabile dalle viscere del mostro, ma la sufficienza e spirito di adattamento dei siciliani al fenomeno delle possibili eruzioni, mi rasserena. È da secoli che il popolo dell’isola convive con la lava ed ha imparato non solo a sopportarne il pericolo ma a sfruttarne l’immensa fecondità della sua terra bruna miscelata dall’aria salmastra e dal sole cocente così da creare un miscuglio unico di fertilità ed abbondanza per far crescere rigogliosi: grano, frutta, vino e pascoli che hanno rappresentato e sono l’oro della Sicilia di oggi. Per questo i Saraceni e Siculi prima ed i Greci e Romani poi, si sono combattuti fino alla distruzione per impossessarsene lasciando oggi reperti archeologici di gigantesco valore storico e letterario (Teatri: Greco di Taormina e Siracusa; Valle dei Templi di Agrigento; Casale Romano coi suoi Mosaici di Piazza Armerina; la valle del centro archeologico della Vergine di Morgantina ad Aidone etc.).
In uno di questi viaggi di lavoro incontrai casualmente a Catania il mio amico da decenni Antonio Moretta da me conosciuto e frequentato sul terreno del lavoro condotto assieme nel settore “Energia” in giro per l’Italia ed all’estero. Lo avevo sempre conosciuto come un validissimo “Manager industriale” di origine romano/nordica e di formazione ingegneristica ma dotato anche di cultura amministrativa e capacità gestionale dei grandi lavori. Ho avuto l’occasione in un recente passato di leggere alcune pubblicazioni di Narrativa da lui composte: “Le Anguane”;”Bella fratè” etc). Mi sono molto meravigliato e sorpreso piacevolmente nello scoprire questa vena di scrittore di prosa tenutami nascosta sotto una coltre di contratti, gestione di società e di programmazione di lavori. Ho trovato le sue scritture successive interessanti, originali, mai banali ed attualissime tutte calate nella nostra realtà quotidiana. Ho scoperto un nuovo amico sotto questo aspetto che mi ha ingigantito la sua figura ed aumentato il piacere di leggere romanzi.
Durante un ameno colloquio recente mi parlò della sua ultima fatica: il romanzo “Ambra del Simeto” (canto d’amore e di malavita), evidenziandomi la trama interessante e la profondità dei temi trattati. Mi sono appassionato ed ho voluto leggere il libro. La storia di uno dei rami della famiglia romana seicentesca degli Spada che ha dato i natali a nobili, Papi, letterati, banchieri ed artisti, che ha lasciato tracce indelebili nella città eterna (il palazzo Spada a Roma è oggi sede della Corte dei Conti), secondo la fertile fantasia del mio amico Antonio, ha avuto un ramo spurio che, a fine del seicento, si è spostato in Sicilia per generare una stirpe “Sicana” di eredi che hanno da allora creato una consistente “Signoria” culminata negli anni recenti nella persona di don Calogero Spada avvocato penalista di grido oltre a ricco padron terriero nella Sicilia centro-orientale, industriale, agricoltore, commerciante di agrumi, grano e prodotti della terra, immobiliarista ed imprenditore. In sostanza un uomo “Potente” e molto “sentito” negli ambienti che contano, quelli della politica, della socialità e della Magistratura.
Il libro narra le avventure di questa possente famiglia dalla scomparsa del fascismo degli anni 40, attraverso il “Boom Economico” degli anni 60, per arrivare ai giorni nostri attraverso la rivoluzione del ”Sessant’otto” e delle “Brigate rosse” fino ai nostri attuali problemi di tutti i giorni fatti di disoccupazione, crisi economico-finanziarie, chiusura delle fabbriche, fuga dei cervelli all’estero, gioco d’azzardo, mafia, droga, contrabbando e mafia.
Gli Spada rappresentano una famiglia incardinata nella società civile che rappresenta il “Pane” per centinaia di bocche siciliane. Attraverso la professione del capostipite don Calogero, che oltre ad essere un moderno “Gattopardo” ed imprenditore, fa l’avvocato penalista e quindi difende i “Reati” e vive a contatto con il “Potere” e con la “Malavita”. Ovviamente si pongono gli interrogativi: Può una famiglia così prosperare lontano dal malaffare? La mafia siciliana può tollerare una crescita di potere alternativo a lei? Un grosso imprenditore in Sicilia, dovendo cercare il profitto con le proprie attività, può fare a meno delle “Connessioni” coi poteri forti e con la Politica?
La passionalità dei cuori siciliani, le vicende d’amore (quello forte e vero, profondo e carnale che solo in Sicilia assume toni che vanno dalla tragedia e gelosia come la Cavalleria Rusticana o alla poesia come i Malavoglia di Vega), la religione ed al fanatismo; sono descritti nel romanzo con profondità di sentimento e rappresentano i mattoni della costruzione dell’essere umano creato dal Moretta che lasciano nel lettore segni tangibili come cicatrici. Nella sessantina di personaggi del libro si intrecciano e rinsaldano spaccature create dall’odio e dalla gelosia che si producono nelle vicende umane che accadono sotto l’Etna. Questi sono i temi affrontati dal corposo romanzo “Ambra del Simeto (canto d’amore e di malavita)" del mio amico e scrittore Antonio Moretta.
Ho aderito con piacere alla sua richiesta di rilasciare una critica. Ho letto il libro trovandolo molto interessante con le trame incastrate che agiscono nel corso dei capitoli entrando nei gangli della vicenda e lasciando tracce indelebili del loro passaggio e rendendo, capitolo per capitolo, interessante tutto il libro. Ognuno dei 36 capitoli di cui è costituita l’opera è una storia a se che attrae senza annoiare il lettore che durante lo scorrimento delle pagine si aggancia alla successiva vicenda portando in avanti la propria curiosità e voglia di arrivare alla fine per vedere questa grande famiglia Spada ciò che diventerà oppure ciò che di lei rimarrà.
Mi sono molto piaciute le “Note dell’Autore” condensate al termine del racconto che chiariscono al lettore curioso se ne ha voglia, il significato di una parola dialettale, di una frase idiomatica, di un luogo citato che ha un grande significato per colui che lo conosce ma che diventa un elemento incompreso per tutti coloro che non conoscono il particolare. Anche le descrizioni dei luoghi in cui si svolgono le azioni dei personaggi hanno bisogno di un approfondimento che le note danno se il lettore ha la voglia o la curiosità di essere informato; come ad esempio la valle della Vergine di Morgantina, di Aidone, la storia breve e concisa del bandito “Giuliano”, l’attività e la funzione delle ONG in India ed il significato dei termini Indù, la transumanza degli armenti etc. Ho trovato anche interessanti per il lettore che vuole “Pensare” le dotte citazioni, aneddoti ed amenità buttate qua e là nel corso della scrittura.
La scorrevolezza della scrittura redatta con brani piccoli e differenziati, con le frasi dette o pensate dai personaggi ed indicate tra virgolette e con grafia corsiva, aiuta moltissimo ad intuire subito se si sta leggendo un intervento o una narrativa. Inoltre aiutano moltissimo le due originalità: l’elenco dei personaggi messi in ordine alfabetico che precede il racconto con una velocissima descrizione del personaggio consultabile subito e velocemente in tutti i casi di dimenticanza o dubbio da parte del lettore; mi ha particolarmente colpito positivamente il sottotitolo di ciascun capitolo che illustra in sintesi estrema ciò che il capitolo svelerà al lettore. Ciò rende più amabile e scorrevole la lettura del romanzo al punto che accendendo la fantasia del lettore, ognuno si costruisce autonomamente il personaggio che incontrerà leggendo il testo perché gli sembrerà di vedere un personaggio in film o in televisione. Credo proprio che il libro si presti moltissimo ad essere sceneggiato per un lungometraggio da vedere oltre che a leggere.
Io conosco abbastanza bene la Sicilia e posso dire che la lettura del romanzo è un tuffo nella sicilianità quella vera sofferta e goduta ma che alla fine del racconto lascia una scia di ottimismo in proiezione che muove la speranza di un domani migliore di quello passato a cui ciascuno di noi aspirerà. L’invenzione della famiglia Spada mi sembra molto vicina a realtà conosciute, sopportate, desiderate che esistono si nella realtà in cui viviamo e non solo nella fantasia dello scrittore.
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