| Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai “Con gli occhi socchiusi”?
Risposta - Il libro nasce da una mia necessità di auto-ascolto, dunque dall’esigenza di connettermi col mio mondo interno per attingere a quelle immagini sulle quali volevo che poggiasse il mio linguaggio. Questo potevo ottenerlo accedendo ad una dimensione che si colloca a metà strada tra la percezione e la coscienza, tra la realtà fisica e il sogno, tra l’immagine reale e la sua elaborazione poetica, “con gli occhi socchiusi”, appunto. Il libro nasce anche dal desiderio di comunicare con gli altri attraverso questo linguaggio, trovando corrispondenza nel mondo interno di chi legge. In realtà, quella che potrebbe apparire una scelta stilistica scaturisce da una mia sensibilità personale, e solo in un secondo momento da una scelta razionale.
Domanda - Pur nella variabilità individuale, i singolari personaggi ritratti nel libro hanno qualche caratteristica che li accomuna?
Risposta - Dal punto di vista puramente narrativo i personaggi non sono tra loro collegabili. Al contrario, essi si collocano in contesti spazio-temporali tra loro lontanissimi. È il tessuto connettivo in cui sono immersi, tuttavia, ad accomunarli: attraverso il buco della serratura da cui ho scelto di mostrarli nella loro intimità più remota, fluttuano in una dimensione che oscilla tra passato, presente e futuro, colti nella loro più profonda esigenza di realizzazione umana. Sospesi in questo interregno, ognuno a suo modo ha trovato la chiave per prendere in mano la propria vita. Si potrebbe dire che tutti i personaggi che presento in qualche modo “resistono” alle varie forme di omologazione che provengono dall’esterno, affermando la loro singolarità.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella sua composizione letteraria?
Risposta - In tutti i casi ho attinto a storie reali partendo da foto, video, notizie di cronaca, ricordi personali, per poi inoltrarmi in una rappresentazione empatica basata sulle mie sensazioni; erano le storie stesse con cui entravo in contatto a guidarmi nella scrittura; la tentazione di far affiorare da nude immagini i singoli mondi immaginifici individuali ha fatto il resto. Ovviamente la ricostruzione dei vissuti è puramente soggettiva e si limita a prendere spunto dalla realtà.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Risposta - Ho avuto la fortuna di praticare la lettura da un’età molto precoce, entrando presto in contatto con i classici della letteratura, quella russa in particolare, ma anche con Stendhal; in questa fase ho acquisito una forte attrazione per l’approfondimento psicologico dei personaggi. La scoperta (folgorante) di Kafka ha aggiunto a quest’aspetto il fascino per il surreale. In seguito l’approdo all’opera di Calvino (che amo in modo totale), con la sua idea di “leggerezza”, il gusto per la pura invenzione che si spinge ai limiti del reale e le sorprendenti ricadute sulle possibilità del linguaggio letterario, tipiche della sua produzione più matura, mi hanno aperto un mondo. In realtà mi è capitato di oscillare costantemente tra questi due centri di interesse (attrazione per l’indagine psicologica e necessità di richiamo al surreale). Il libro scaturisce dall’influenza di queste due componenti. Dalla lettura di autori in qualche modo afferenti al realismo magico, e alla letteratura surreale e fantastica in generale, ho sviluppato la tendenza a pensare che l’invenzione, il sorprendente, siano ingredienti irrinunciabili in un lavoro letterario, se è vero che l’artista non riproduce fedelmente la realtà ma la trasfigura attraverso il filtro della propria sensibilità poetica, a volte un po’ allucinata. Al tempo stesso sono impressionata dalla potenza espressiva di autori contemporanei come Grossman o Munro che come pochi riescono a scandagliare l’intimità dei loro personaggi.
Domanda - Quali sono gli argomenti ricorrenti o per lei fondamentali che tratta in questa opera?
Risposta - Nelle mie storie non succede assolutamente nulla che sia ascrivibile alla categoria di ciò che normalmente si intende per “storia” né, tantomeno, per ”iperstoria”. Tuttavia qualcosa succede, e si tratta dell’evento più cruciale nella vita di ogni essere umano: la scoperta della propria identità. Il punto centrale è che, per ognuno di noi, quest’evento si verifica (se si verifica) in modo assolutamente unico; la storia non è altro che questo. I miei personaggi vengono sorpresi nello svolgersi di quest’attimo preziosissimo. Ognuno di noi ha un proprio modo di scoprire se stesso, di essere oltre che di esistere, e ritengo che scoprirlo sia la più appassionante delle storie. Trovo che in realtà giungere a questa consapevolezza possa essere arduo, o addirittura, per qualcuno, un’esperienza mancata. In realtà, ci si trova spesso a vivere dando tutto per scontato, pensando che quello che ci capita sia l’unico modo di stare al mondo. Io sono fermamente convinta del contrario, e rifiuto con forza tutti gli stimoli che quotidianamente ci spingono ad ignorare questa profonda domanda di senso che per ognuno ha dei connotati assolutamente personali, proponendoci un modo di non-essere che è pura violenza.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Risposta - La mia infanzia. Quell’energia vitale primigenia di cui la quotidianità tende a farmi perdere la memoria. La capacità di connettermi col tempo della mia esistenza in cui tutto era possibile, con la mia capacità di trasformarmi.
Domanda - Per concludere qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Risposta - In un certo senso, è stato un po’ come se il libro si sia assemblato da solo. Autonomamente è nato, quasi di prepotenza, autonomamente ha scelto i propri soggetti e le parole e soprattutto le immagini per raccontarli. Ancora autonomamente ha definito una propria fisiologia, ha trovato un suo equilibrio, una sua logica e una sua conclusione. Se è vero che il libro non è scaturito da un “progetto editoriale”, ma dal puro piacere di scriverlo, ed è approdato ad esso quasi alla sua conclusione, sono stata io la prima a scoprire con piacevole stupore quanto la scrittura di un disegno narrativo vero e proprio possa essere coinvolgente. Scrivendo questo libro ho capito che il piacere della scrittura si autoalimenta, è qualcosa che ti porta ad approdi che mai avresti sospettato. È esattamente ciò che ho fatto, mi sono lasciata guidare.
Un’esperienza entusiasmante ed emozionante.
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “Con gli occhi socchiusi” se non ne fosse stata l’autrice.
Risposta - Sono cresciuta tra le immagini d’arte, mio padre dipingeva e mi ha trasmesso l’amore per la rappresentazione artistica, dunque la mia attenzione sarebbe senz’altro catturata dal colpo d’occhio della copertina, che peraltro è tutt’uno col titolo. Ho scelto questa fantastica immagine di Magritte che trasmette alla perfezione il messaggio che vorrei arrivasse al lettore: una donna che si mostra nella sua duplice realtà: quella concreta e quella interna, una donna che si guarda dentro. Forse un modo per arrivare ai lettori che, come me, si sentono attratti da storie che si sviluppano intorno allo spessore psicologico dei personaggi piuttosto che alla concatenazione di una serie di eventi esterni. Di conseguenza, penso che sceglierei questo libro se fossi un lettore che non ama l’esteriorità fine a se stessa. Lo sceglierei se fossi interessato ad un messaggio essenziale, alleggerito da tutto ciò che è ridondante e inutilmente chiassoso. Lo suggerirei come stimolo ad entrare in contatto con le proprie inclinazioni, magari sepolte sotto le macerie di una vita francamente disumanizzante.
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