| Oh padre padre che conosco ora,
soltanto ora dopo tanta vita,
ti prego parlami, parlami ancora:
io fallita come figlia, fuggita
lontano un giorno, e lontana da allora,
non so niente di te, della tua vita,
niente delle tue gioie e degli affanni,
e ho quarant’anni, padre, quarant’anni!
Per otto giorni, otto notti nere,
immobile, schiacciato sulla schiena…
Più giù, ancora più giù devi cadere,
non ci sono più limiti alla pena…
Tu non potevi più nemmeno bere
e chiedevi com’era la mia cena,
quel po’ di vita ancora di doveri
era per noi, per noi i tuoi pensieri.
Dio, ti scongiuro, prendigli la mente,
non torturare un cuore torturato,
oh, fa presto, fa che non senta niente,
che è insanguinato, cateterizzato,
piagato… Finisci pietosamente
l’opera che da tanto hai cominciato,
salvalo dall’angoscia, salvatore,
e fammi grande come il mio dolore!
Invece Dio ti ha preso la parola:
e volevi parlarci e non riuscivi
e sentivi la morte anche alla gola
e non potevi dirci che morivi…
La dicono i tuoi occhi, anima sola,
quella morte impietosa che tu vivi,
anima muta fatta solo sguardo,
imperioso e supplichevole sguardo.
Oh quanta vita in così poca vita…
Che sono qui e ho cuore di guardare….
Che ci cerchi con gli occhi… che la vita
sola si strema in spasmi a conquistare
la morte, che si vince con la vita…
io sono qui e ascolto il tuo ansimare…
Anima sola senza più parole,
parli la luce lucida del sole.
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