| Michele Bruccheri intervista l’autrice del volume “Tra le vie dell’anima” (Aletti Editore). Nativa di Gela, abita in provincia di Lodi. I suoi versi sono inseriti in alcune antologie. Ha ottenuto anche un secondo posto con un suo racconto erotico dal titolo “Rosso, Sesso e Profumi”.
La poetessa Nunzia Valenti
È un fiume in piena Nunzia Valenti. Quarantadue anni, nativa di Gela (nel Nisseno), abita da oltre due decenni al Nord. In provincia di Lodi. Sposata e madre di quattro figli, ama scrivere racconti e poesie. Predilige anche le pillole di saggezza, gli aforismi che la sua mente e il suo cuore sono capaci di partorire. I suoi versi sono inseriti in diverse antologie. È orgogliosa del suo libro di liriche intitolato “Tra le vie dell’anima” (Aletti Editore). Un volume che comprende ben 71 poesie e un poemetto.
“Penso a Gela in autunno e in inverno, quando faccio la differenza del clima e i colori del cielo, mentre qui è solitamente grigio, giù è azzurro e soleggiato. Ci penso quando arrivano le belle giornate che a Gela sono tutti al mare, al lungomare e in altri bei posti, mentre io me ne sto a combattere con le zanzare. Insomma ci penso tutti i giorni. Nonostante siano passati molti anni non mi sono rassegnata – afferma al nostro microfono -. Abito in un piccolo paese e anche quello in cui abitavo prima non era da meno, quindi la differenza tra un paese e l’altro è notevole. Penso sempre alle nostre usanze, alle abitudini, alle festività, all’armonia che c’è per le strade, ai sapori della terra. Qui c’è poco svago e molta solitudine. I giorni passano tutti uguali e sto sprecando i miei giorni senza assaporare la vita. Mi piacerebbe tornarci a vivere”.
Nostalgia della sua città, della sua terra siciliana. Una patina di tenera malinconia, un desiderio silenzioso ma possente di ritornare nella sua Gela. Una poetessa delicata che ama una citazione biblica (Giobbe): “Deciderai una cosa e ti riuscirà e sul tuo cammino splenderà la luce”. Vanta premi importanti. Ha persino conquistato un secondo posto al Concorso nazionale di Letteratura erotica nell’ambito del Premio Saffo con il racconto “Rosso, Sesso e Profumi”. Ma eccola in questa nostra lunga e ricca intervista per la versione online del periodico d’informazione “La Voce del Nisseno”.
Hai pubblicato un volume in versi. Mi descrivi il tuo libro di liriche intitolato “Tra le vie dell’anima”? Di cosa si tratta?
- Tra le vie dell’anima è una raccolta di 71 poesie e comprende un poemetto. Dove descrivo le situazioni della nostra vita, o meglio le strade che percorre la nostra anima e quello che incontra nel cammino: l’amore e i suoi lati, la passione, il desiderio, la felicità, la sofferenza, la solitudine, la nostalgia, la speranza, la fede, la delusione, i sogni e altro ancora. Tracce di vita ed esperienze racchiusi in pochi versi. Non butto versi a caso, ma questi seguono una logica. In pratica scrivo: l’essenza di una trama! Le mie poesie sembrano dei racconti concisi dove tiro fuori tutta la parte emotiva e sentimentale, e se pur c’è della metafora e associo elementi per la parte artistica, mantengo un linguaggio esplicito da poter arrivare al lettore da far comprendere il mio sentire. Per anni non ho amato la poesia perché non la comprendevo e questo è un problema che hanno tanti, ritenendola incomprensibile e noiosa. Mettere in evidenza le capacità artistiche con un linguaggio stratega, si rischia di appesantire la lettura e non farne capire il senso. Quindi scelgo la parte migliore per riuscire ad emozionare. Chi era scettico sulla poesia, leggendomi si sta ricredendo.
L’hai dedicato anche a tuo padre. Perché?
- È una storia un po’ lunga, ma cercherò di riassumere il motivo anche se c’è tanto da dire. Fin da piccola sono stata sempre creativa. Giocavo, ma volevo fare cose da grandi. Osservavo le donne lavorare a maglia, ricami, uncinetto, cucito e altre opere, così mi mettevo in disparte e appena finivo l’opera la mostravo ai miei genitori, ricevendo elogi per quello che riuscivo a fare. Oppure con oggetti in casa, li assemblavo e davo vita ad una nuova creazione. I complimenti mi gratificavano, molto di più di un rimprovero di quando giocavo se combinavo qualcosa, quindi era un buon motivo per tirare fuori ancor di più la mia vena artistica. Poi iniziai a frequentare la scuola ed ero molto brava in tutte le materie. Molto brava nella lettura e creativa nei temi, quindi avevo già questa predisposizione verso la scrittura, ma prevaleva di più l’arte e il disegno. La passione per il disegno e la pittura aumentò alle scuole medie e volevo frequentare il liceo artistico per diventare una designer…
Prosegui Nunzia.
- Mio padre rimase orfano a soli cinque anni e divenne grande fin da piccolo. Fu costretto a lavorare per mantenere la sua famiglia. Nonostante fosse analfabeta perché non poté frequentare la scuola, era un uomo intelligente e sapeva fare grandi discorsi. Anche lui era un pensatore, molto riflessivo e saggio. Era una persona di grandi valori, onesta, di sani principi che ha saputo trasmetterci e grandissimo lavoratore. Ma da buon siciliano aveva quella mentalità ristretta su certi aspetti della vita, come il fatto che le figlie femmine dovevano stare in casa perché chi studiava era ritenuta libertina, quindi non dovevamo permettere alla gente di pensare male per macchiare un abito pulito. Quindi la mia strada fu interrotta.
Continua il tuo racconto.
- Già non voleva che frequentassimo le scuole superiori del paese, ancor peggio se avessi frequentato l’artistico a Caltagirone e successivamente fossi andata a vivere da sola per iscrivermi all’università. Diceva: finché vivete in questa casa dovete rispettare le regole e i doveri; e se dovete andare a vivere in un’altra casa, sarà solo quando vi sposerete. Erano gli anni in cui nonostante la tenera età si collaborava con gli aiuti in casa, a differenza delle ragazze di oggi, come tra queste anche le mie figlie; e spesso facevo assenze per questo motivo, tanto che nel mese di maggio mentre mi dovevo preparare per gli esami, una mia sorella si ustionò una mano ed avendo una bambina di otto mesi mi presi cura di lei e tre anni di scuola andarono in fumo. Non fui ammessa agli esami per un numero eccessivo di assenze, anche se alcuni professori riconoscendo la mia bravura e che ero di facile apprendimento e potevo recuperare, si ritrovarono in disaccordo con gli altri. Mia madre voleva che ripetessi l’anno, ma io decisi di non andare perché potevo passare per quella somara, incapace, costretta ad essere una ripetente. Visto che non dovevo proseguire con gli studi, allora mi conveniva aspettare qualche anno e prendere la licenza con la scuola serale, che poi sempre per motivi famigliari non riuscii ad andare. Non ho vissuto un’adolescenza tra svaghi e divertimenti adatti alla mia età, ma come una donna adulta. Me ne stavo in casa e occupavo il mio tempo libero imparando a fare tante cose da autodidatta.
Questo tipo di formazione è stata importante…
- Questa formazione mi è servita ad occuparmi della mia famiglia e a crescere quattro figli senza aiuti, ma non ho mai dimenticato il mio passato e i miei sogni distrutti e la professione mancata. Ogni volta che mi ritrovo un modulo da compilare e devo specificare il mio titolo di studio è una coltellata al cuore, ma la sofferenza più grande l’ho subita da parte di chi avendo “un pezzo di carta” in più di me, mi ha offesa perché non ero riuscita a farmi una posizione e non ero istruita. Questa è la gente superficiale che giudica senza sapere le motivazioni e soprattutto le doti che ha una persona. In questi casi punto gli occhi al cielo rivolgendomi a mio padre e dico: “Ecco cosa hai permesso di pensare alla gente di me”. Purtroppo più volte nel mio dolore, quando si riaprono le mie ferite è come se gli addossassi un senso di colpa. Il nostro rapporto si è consolidato e siamo molto uniti da quando lui è morto.
Che rapporto avevi con lui, quando eri piccola?
- Da piccola ero molto legata a lui, come lui a me, ed essendo la più piccola in famiglia mi viziava, ma crescendo ci siamo distaccati nel dialogo. Essendo due persone taciturne parlavamo poco e soprattutto per la sua mentalità non poteva essere un rapporto amichevole e confidenziale da potergli raccontare tutto. Anzi ero molto suggestionata perché era uno che le cose non doveva ripeterle più di una volta. Non gli ho mai causato problemi o dispiaceri ed è sempre stato fiero di me, come io di lui per essere stato un padre modello, tranne che in certi casi l’avrei voluto più moderno. Morì il 29 Dicembre 1999 e da allora non ci furono più segreti tra noi. Da quando è un’anima ha conosciuto tutto di sua figlia, il mio cuore, le mie sofferenze e gli anni difficili che sto attraversando. Avverto la sua presenza e veglia su di me per rimediare a quell’errore, in particolare da quando ho scelto di intraprendere la strada della scrittura. Si manifestano segnali e spesso è ricorrente nei miei sogni, ma in particolare ne racconto uno: Nel sogno ero figlia unica ed indossavo un pigiama ed una vestaglia in seta di colore bianco.- Il pigiama viene usato per dormire perché si ha bisogno di riposo e durante le malattie, quindi rappresentava la mia malattia interiore di sofferenze – ad un tratto mi disse: «Sono stufo di vederti giorno e notte con quel pigiama addosso e sempre chiusa in casa, vatti a cambiare che dobbiamo uscire; ti porto in un paese dove c’è una festa.» – La festa rappresenta l’allegria, la felicità – Dapprima mi rifiutai, ma lui insistette. Andai in camera e mi cambiai e indossai un vestito verde – vuol dire persona onesta e naturale, oltre al colore della speranza – e un soprabito di colore bianco,- prudenza e purezza d’animo- mentre le scarpe avevano riflessi scintillanti- la mia luce interiore e il mio cammino spirituale.- Appena mi vide vestita mi guardò e mi disse: «Sono fiero e orgoglioso di te della figlia che mi sei diventata. Tutti devono conoscere chi è la figlia di Vincenzo Valenti e ti rispetteranno e ammireranno per la donna che sei!» Uscimmo di casa e mi porse il braccio e camminavamo come una coppia affiatata. Era di sera – anche l’assenza del sole specifica il percorso buio e cupo che sto attraversando.- Camminavano a piedi su un marciapiede e la gente che incontravamo si chinava in modo ossequioso nel salutarmi. Durante il tragitto mi disse: «Stai sempre vicino a me e segui i miei passi». Ed io gli risposi:«Non mi allontanerò, ti sto seguendo, dove vai tu vado io, tu la conosci la strada di questo paese dove c’è la festa, quindi portami là!». Mi avrebbe accompagnata fino ad un certo punto e poi mi avrebbe lasciata andare da sola. Anche in altri sogni mi dice che soffre e la sua anima non è in pace fino a quando non mi vede ritrovare il sorriso e mi vede realizzata.
Nasce da questo la dedica, vero?
- Questo è il motivo della dedica. Il libro l’ho dedicato a me stessa, a mio padre e a tutti quelli che lo leggeranno. A me stessa perché sto affrontando questo percorso da sola senza sostegno morale anche da parte delle persone a me vicine. Lo sto affrontando a piedi e senza mezzi, superando ostacoli e avversità, e né tantomeno ho raccomandazioni per arrivare prima. Se arriverò a destinazione dirò grazie a me stessa. A mio padre che mi sostiene e cerco di captare i suoi segnali nel seguire il mio percorso e ai lettori che contribuiranno a realizzare i miei sogni. Di complimenti ne ricevo tanti, ma purtroppo per affermarsi valgono le vendite…
Continua…
- “Non importa quanto durerà il viaggio, l’importante è partire e conoscere la destinazione.” Mi son messa in viaggio e so dove voglio arrivare, per la durata sono nelle mani di Dio e della gente.
Definisci la tua poetica?
- Ho scritto senza pensare. Mi sono semplicemente lasciata guidare dalle emozioni. Anche se sono arrivata quasi alla seconda silloge, mi sembra presto per dare una definizione precisa di stile o appartenenza di un’epoca, perciò a tutt’oggi non posso risponderti con precisione.
Quando nasce la tua passione per la scrittura?
- Mi sono trasferita a Caselle Lurani l’8 Marzo 2002. Allora avevo solo due figlie e avevo deciso di riprendere gli studi a settembre quando le bambine avrebbero iniziato la scuola. In quel periodo mi affascinava l’architettura e l’arredamento, ma a luglio rimasi incinta della mia terza figlia e non potei iscrivermi perché avrei dovuto badare alla bambina. Dopo due anni ritenni che non era più il caso di pensare alla scuola e che mi stessi facendo grande, così io e mia sorella avevamo progettato di aprire un negozio assieme dato che lei era in possesso delle autorizzazioni amministrative necessarie, ma rimasi incinta di mio figlio e anche questo progetto fallì. Mi ritrovai con 4 figli a condurre una vita sempre piena d’impegni e senza tregua, non conoscendo più il riposo. Un continuo ripetersi dei giorni tutti uguali e avvertivo la stanchezza e la solitudine a stare sempre in casa tra pulizie e badare ai figli.
Ma ricordi con esattezza come nacque la passione per la scrittura?
- Ricordo di preciso cosa scaturì la passione per la scrittura. Mio figlio aveva un anno ed era uno che faceva per tre. Non stava un attimo fermo ed ero esasperata a corrergli dietro tutto il giorno. Mi sedetti un attimo nel divano a riposare la schiena e guardavo la mia casa, dall’imbiancatura, alle tende e ai lavori dove c’era il tocco delle mie mani, così mi rivolsi a Dio: “Mi hai dato tanti doni di saper fare tante cose, ma alla fine non riesco a farne una professione perché mi blocchi la strada, tanto vale era meglio non riuscire a far nulla, che almeno mi sarei rassegnata!” E scoppiai in un pianto liberatorio. Mio figlio stava giocando con una palestra-gioco che aveva attaccate delle figure adesive di un prato con una farfalla ed una lumaca; osservando l’espressione di quei personaggi mi chiesi: “Cosa possono dirsi una farfalla e una lumaca?”.
E in quel momento nasce il tuo desiderio delle parole?
Ad un tratto nacque il primo racconto: “Rosa la lumaca invidiosa” e da lì in poi giornalmente nascevano trame che raccontavo ai miei figli. Fu la mia prima figlia a dirmi che avendo così tanta ispirazione e le storie erano belle, di pubblicare racconti per bambini. Ma sette anni fa ero lontana miglia dal sapere come si facesse a pubblicare un libro. Non avevo conoscenze nel mondo dell’editoria e non avevamo internet per qualche indirizzo. Prendere foglio e penna era molto difficile, sia per mancanza di tempo che di concentrazione perché con i bambini non poteva regnare il silenzio a casa mia, ma capii che era la strada da percorrere perché era una professione che mi avrebbe appagata, svolta con passione, che potevo gestire nei tempi a me opportuni e che potevo svolgere da casa senza allontanarmi dalla famiglia, ma soprattutto perché non dovevo presentare un diploma o laurea, ma dimostrare il mio talento. Un sogno che non volevo più abbandonare anche se sono stata scoraggiata da tanti a non illudermi perché non ce l’avrei fatta, ma io non ho mollato e ho saputo aspettare il momento opportuno per iniziare. Nel corso di questi anni nell’attesa la mente ha continuato a lavorare lasciando spazio alla fantasia e dai racconti per bambini si passava ad altri generi, fino a romanzi importanti, ed infine mi sono ritrovata con la poesia. Quindi la passione per la scrittura è nata dall’esigenza di una mancata professione e in quale settore potevo mettere ancora in atto la mia creatività, dove in altri non ho potuto. Tranne che in questo settore oltre alla mia creatività è associata tutta la mia parte emotiva.
Ricordi i tuoi primi componimenti?
- Non ricordo di preciso quando nacquero i primi componimenti, ma sicuramente tanti anni addietro. Il mio sbaglio più grande fu quello di non trascrivere sui fogli quello che nasceva dentro di me. Ho sempre avuto una visione profonda e diversa nell’osservare le situazioni rispetto alla visione ottica e anche il linguaggio dell’anima non era uguale a quello parlato, tanto che io stessa nei miei soliloqui mi accorgevo che c’era una diversità, e mi domandai: “Perché quando penso parlo in questo modo?” La poesia è nel destino dell’uomo ed io non m’accorgevo di possederla.
A cosa era dovuto, secondo te?
- Pensavo che fosse dovuto al mio sentimentalismo ed essere romantica oltre che saggia a formare componimenti che scrivevo e leggevo per me stessa depositandoli nella mia mente, che purtroppo il tempo ha pure cancellato. Nel novembre 2009 mi iscrissi a Facebook e su note scrissi: “Lei ha voglia di volare”, ma non con il presupposto che fosse una poesia, ma quello che volevo esprimere e a cosa mi stessi riferendo mi venne di scriverla in quel modo. Dopo qualche mese da dietro un vetro di una finestra, ripensando alla mia vita nacque “Il mio capolavoro”. Per giorni me la ripetevo in testa e la scrissi in un block notes per non dimenticarla. Era molto lunga e la volevo inserire un giorno in un mio romanzo come una breve biografia in versi. Ne presi due parti e divennero “Davanti ad uno specchio” e “Nostalgia” inserite in quest’opera.
E poi?
- Poi scrissi “Due cuori uniti” e successivamente “Viverti in un sogno” che l’accorciai e divenne “Senza tempo”. Scrivevo su Facebook da far leggere agli amici, ritenendoli sfoghi dell’anima. Scoprii di saper scrivere poesie ad aprile dello scorso anno. Fu l’immagine di Alda Merini che mi spinse a partecipare al primo concorso di poesia. La sua foto sponsorizza la pagina di una casa editrice. Avvertii una strana sensazione e fui invogliata a spedire la poesia “Due cuori uniti”. Avendo le rime l’associai ad una poesia. Ricevetti la telefonata dalla casa editrice che si erano emozionati, chiedendomi delle poesie per la prima pubblicazione in un’antologia. Furono le persone competenti a farmi capire che scrivevo poesie. Non mi sarei mai messa addosso l’etichetta di poetessa né mi sarebbe venuto in mente di scrivere sui fogli i miei componimenti per poi farne successivamente una pubblicazione, ma avrei ancora continuato a soffocarli perché mi ero prefissata sulla via della narrativa trascurando la poesia che dimorava dentro. “Tra le vie dell’anima” fu composta nell’arco di cinque mesi. Dovuta sia per richieste da editori che sapevo trasmettere emozioni, sia scoprire di quanto fosse utile e liberatorio prendere confidenza con un foglio bianco a cui confidare i miei pensieri e le mie emozioni per farmi comprendere, a differenza di quelli che non hanno saputo comprendermi per lunghi anni. Adesso non posso più fare a meno di scriverle.
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Chi sono i tuoi poeti preferiti e perché?
- Tra quelli italiani, Alda Merini e tra gli stranieri, Nazim Hikmet. Scoprii Alda Merini anni fa in un’intervista al programma ”Le Iene”. Fu piacevole ascoltare i suoi versi. Si faceva percepire e sapeva arrivare con intensità. I suoi versi erano comprensibili e profondi, pieni di sentimento. Tramite le pagine dei social network ho avuto il piacere di conoscere gran parte delle sue poesie, ma non conoscevo fino in fondo tutta la sua vita. Di recente ho saputo che ha trascorso lunghi periodi in manicomio, infatti la poesia “Libertà e catene” che le ho dedicato fa riferimento alla sua vita e a quello che ha vissuto. Era una donna solitaria e malinconica, ma molto sensibile, oltre che devota a Dio. Anche lei era una fumatrice come me. La mia preferenza va a lei, non solo per lo stile delle sue poesie che mi piacciono, ma come donna e per quello che abbiamo in comune. La ritengo la mia madrina spirituale perché è stata la sua foto a spingermi a partecipare al primo concorso ed iniziare a scrivere le poesie, oltre ad un sogno che ho fatto in cui centra lei e che “dovevo percorrere la strada di Alda Merini”.
E di Nazim Hikmet?
- Di Nazim Hikmet ho avuto il piacere di leggere una sua opera di poesie d’amore “Lo specchio”. Mi son piaciuti i suoi versi liberi e semplici dove emerge l’AMORE nel raccontare i diversi aspetti nel suo impegno sociale ed esistenziale. Gran parte delle sue poesie furono scritte in carcere durante la sua condanna e divennero le sue compagne di cella che lo aiutavano a combattere la sua fragilità e la solitudine. Una vita non goduta in libertà, ma da recluso. Lui che amava la vita, ma aveva il timore di morire. Era molto romantico e amava intensamente le donne. Anche nelle mie poesie emerge l’AMORE nel raccontare i vari aspetti della vita. Non sono stata in carcere, ma la mia vita da sedentaria e trascorsa in solitudine, mi dà la sensazione come se fossi agli arresti domiciliari e sto scontando una condanna ingiusta. Stare sempre tra le mura di casa mi ha portato a scrivere per non sentirmi sola. Ha scritto delle poesie pensando alla sua morte e ne ho scritte qualcuna anch’io anche se ancora non sono pubblicate. Loro due li ho percepiti di più perché mi hanno saputo trasmettere i loro stati d’animo e li ho accolti perché sono affini ai miei, di sofferenze ed esperienze vissute in gran parte allo stesso modo, che mi porta a preferirli. Del resto apprezzo chi scrive poesie, dai grandi autori a quelli minori, perché chi scrive poesie ha una sensibilità profonda. Non è un’invenzione che parte dalla testa, ma trascrive la parte più vera che detta l’anima.
Tu scrivi poesie ma anche aforismi e racconti. “Rosso, Sesso e Profumi”, un breve racconto erotico a tua firma, ha ottenuto un importante riconoscimento. Ce ne parli?
- Scrivo tutto quello che mi detta la testa e il cuore, e poi faccio la selezione dove vanno introdotti. A volte sento la necessità di sfogarmi e mi dilungo per non tralasciare dettagli importanti e che venga compresa la mia descrizione. Lo puoi notare dall’intervista che le mie risposte non sono brevi e spesso da parte degli amici che mi leggono anche quando conversiamo osano ripetermi per battuta: “scrivi i poemi”. Non facevo caso a questo segnale che con i “poemi” avrei avuto a che fare. D’altra parte riesco ad essere concisa usando parole essenziali per racchiudere un grande senso in una frase; che porta a lunghe riflessioni a chi le legge e da questo nasce la raccolta di aforismi.
Anche se si evince palesemente che credi in Dio, dimmi cosa rappresenta per te?
- Quando mia madre rimase incinta essendo l’ottava gravidanza e avendo 5 figli da crescere, perché i primi due le erano morti, non se la sentiva di portarla avanti. Voleva abortire. Le donne anziane di allora vivevano nell’ignoranza per mancata istruzione e pensavano che l’embrione che già aveva un cuore che batteva, fosse solo un grumo di sangue, così le consigliavano dei metodi per farle venire il ciclo causando un aborto spontaneo. Ma io resistevo; fino a quando si decise di andare dal medico per fare l’aborto. Un giorno prima una donna morì per emorragia a causa di un aborto. Appresa questa notizia dal medico, si mise timore che potesse capitare pure a lei, così si decise di portare avanti la gravidanza. La morte di quella donna fu la salvezza mia. Giunta la gravidanza a termine, subentrarono delle complicanze al momento del parto, rischiando la vita tutti e due, ma solo una poteva salvarsi. Ovviamente le premure erano rivolte a mia madre che aveva una famiglia che dipendeva da lei, mentre erano incuranti di me, ma lottai contro la morte e nacqui sana. Avevo appena tre mesi e presi un’infezione alla bocca. Avevo secrezioni con croste, oltre ad avere l’infezione su tutto il cavo orale, alla gola e stava giungendo allo stomaco. Questo mi portava a non mangiare e peggioravo di giorno in giorno. Un incontro del destino salvò la mia vita.
Raccontami, se vuoi.
- Mia madre era uscita dalla farmacia e incontrò un medico. Questo la salutò perché la conosceva di vista e si fermò a chiederle cosa avesse partorito. Mia madre gli disse che era una femmina e scoprì la copertina dal viso per mostrarmi a lui. Si accorse delle croste che avevo alle labbra e attorno e le chiese cosa avessi. Gli spiegò la situazione e che stava tornando dall’ennesima visita di controllo e gli mostrò le medicine prescritte dal medico. Lui le disse che non era la cura adatta e che stessi rischiando la vita. Il suo ambulatorio era chiuso e nonostante non fossi una sua paziente, entrarono in farmacia e mi visitò nel retro prescrivendo la cura giusta. Da allora divenne il nostro medico di famiglia. Appena venni a conoscenza della mia storia in tenera età, mi sentii amata da Dio e che ci tenesse alla mia vita. Aveva uno scopo la mia presenza se continuava a salvarmi. A nove anni una mattina mia sorella mi svegliò per andare a scuola, mentre aprivo gli occhi vidi l’immagine di Gesù a braccia aperte che mi sorrideva ai piedi del mio letto. Ero accaldata con la febbre alta, ma poi di colpo mi sparì.
Una fede destinata a crescere, vero?
- Negli anni la fede si è sempre rafforzata e ho ricevuto molti segnali. Il nome Nunzia lo scelse mio padre, anche se mi hanno chiamata sempre Nuccia, mentre mia madre optava per Antonella. Non riuscivo a accettare questo nome perché lo trovavo molto impegnativo su di me e lo rinfacciavo a mio padre che volevo l’altro. Tante volte avrei voluto toglierlo, ma da grande il significato mi fece riflettere. Il destino dell’uomo è tracciato dal nome che porta. Il mio che è il diminutivo di Annunzio vuol dire: Colui che siede alla destra del Signore – Il messaggero di Dio – l’Annunciatore. Forse era questo il motivo che mi pesava, che non ero pronta per questo impegno. Portare avanti la parola di Dio. Bisogna essere preparati mettendo in pratica le sue leggi e i suoi insegnamenti.
Hai accresciuto il tuo legame con Dio…
- L’ultimo decennio l’ho dedicato alla conoscenza di me stessa e al rapporto con Dio. Mi ha arricchita di conoscenza e saggezza. Mi apre la mente e m’illumina di sapienza. Non sono stati i libri ad istruirmi perché per lunghi anni non ne ho toccati, tranne i testi scolastici delle elementari dei miei figli per aiutarli con i compiti, né è stata la società a insegnarmi qualcosa perché non ho frequentato nessuno. Era tutto dentro di me e a Lui mi sono sempre rivolta ponendo domande e cercando verità. Gli ultimi anni sono stati molto difficili e sono stata sottoposta a continue prove. Troppe situazioni assieme e a volte perdevo la forza di non riuscire più a farcela. Una continua morte e rinascita, ma mi aggrappo sempre a Lui e cerco il suo sostegno. Sono molto curiosa, ma non dei fatti della gente, ma di trovare un senso alla vita e conoscere il mio destino, dove sono diretta e qual è la mia missione. Se nulla accade per caso, allora cominciai a studiare gli avvenimenti, segnali, coincidenze e aumentava la voglia di scoprire i misteri.
Leggevi le Sacre Scritture?
- Leggevo la Bibbia, il Vangelo e le preghiere erano molto intense in un periodo critico e sofferto, tanto che si manifestò un contatto ravvicinato. Avvertivo la presenza di una forza misteriosa che mi avvolgeva per dei giorni e che mi dava un senso di pace, ma poi cominciai a sentire delle voci nella mia testa, dal novembre 2012 all’aprile 2013. La mia anima è stata sottoposta al “Giudizio”. Ho rivissuto tutta la mia vita, di quello che ho dato e quello che ho ricevuto e se avessi dei sensi di colpa. L’esame di coscienza per raggiungere la perfezione totale. Ci sarebbero molte cose da dire su quello che ho vissuto e altro che non posso raccontare. I miei familiari pensavano che fossi diventata matta e che dovevo andare da uno psicologo, soprattutto quelli scettici che non credono in Dio. Sentivo la necessità di partire per un cammino spirituale e andare in missione ad aiutare i bisognosi, ma ho una famiglia che dipende da me che non posso lasciare, ma quando saranno grandi userò il mio tempo come mi detterà il cuore. Sono una cattolica praticante e spesso faccio sogni legati a Dio e la Chiesa. Ho scritto la poesia “A te Signore…” mentre in alcune poesie il nome di Dio viene citato.
Quali sono i tuoi principali valori o ideali?
- Quando una persona cresce, non deve solo far aumentare il numero degli anni, ma bisogna crescere interiormente, maturare come piante per produrre i nostri semi da poter continuare a riprodurre i buoni insegnamenti. Bisogna aver cura del proprio corpo nei giusti limiti, accettando il cambiamento nel corso naturale senza ricorrere ad interventi per diventare delle perfette bambole, ma far sì da mantenere la bellezza interiore e perfezionarsi il più possibile in quello. “Riempirsi di gioielli, non vuol dire che si è persone di valore.” Come indossare abiti firmati e sentirsi migliori vantandosi con il nome di qualcun altro che si porta addosso. “È inutile che ti vesti di marca, se quando ti spogli vali poco.” Bisogna vantarsi del proprio nome e del valore che ha una persona perché è la firma che lasceremo. Bisogna sempre sfruttare le proprie capacità, lottare con le proprie forze e conquistare in modo onesto. Bisogna lavarsi le mani sporche di lavoro con il sudore che gronda dalla propria fronte, senza sfruttare il sangue degli altri. Si diventa dei “Grandi” quando si usa “il potere del cuore” e si viene rispettati spontaneamente per quello che si è in grado di offrire agli altri. Come donna rispetto il mio corpo e il dono di essere madre che terrò sempre coperto. Mi spoglierò di me mettendo a nudo la mia anima e la mia testa. Se ho scelto di diventare pubblica è per mettere in vetrina “L’abito del mio Essere” tenendo l’etichetta esposta con il giusto valore che porta, per far sì che gli altri non ne sminuiscano il prezzo basandosi sulle apparenze.
Da anni abiti al Nord, ma sei del Nisseno. Esattamente di Gela. Come pensi della nostra terra?
Penso a Gela in autunno e in inverno, quando faccio la differenza del clima e i colori del cielo, mentre qui è solitamente grigio, giù è azzurro e soleggiato. Ci penso quando arrivano le belle giornate che a Gela sono tutti al mare, al lungomare e in altri bei posti, mentre io me ne sto a combattere con le zanzare. Insomma ci penso tutti i giorni. Nonostante siano passati molti anni non mi sono rassegnata. Abito in un piccolo paese e anche quello in cui abitavo prima non era da meno, quindi la differenza tra un paese e l’altro è notevole. Penso sempre alle nostre usanze, alle abitudini, alle festività, all’armonia che c’è per le strade, ai sapori della terra. Qui c’è poco svago e molta solitudine. I giorni passano tutti uguali e sto sprecando i miei giorni senza assaporare la vita. Mi piacerebbe tornarci a vivere. A me non cambierebbe nulla nel settore lavorativo, faccio la casalinga e mi dedico alla scrittura e potrei farlo in qualunque posto, ma oltre alla mancanza di lavoro per mio marito, ci sono i miei figli che stanno intraprendendo la loro strada qui che giù non potrebbero proseguire. Spero di godermela un po’ di più in vecchiaia, ma dico sempre che se dovessi morire voglio essere seppellita dove sono nata. Amo il mio paese nativo e ciò che mi rattrista è che una bella città con un territorio meraviglioso e ricco di storia e cultura che dovrebbe primeggiare nei giornali per questo, purtroppo passa in secondo piano e vengono sempre rilevate brutte notizie che portano disonore alla mia Madre Terra.
Conoscendo ormai la mentalità settentrionale, quali differenze evidenzi rispetto al nostro Meridione?
- Fortunatamente nel settentrione ci sono parecchi meridionali e una volta tanto qualche chiacchiera con loro la scambio, ma con i settentrionali non ho mai avuto a che fare, tranne qualche saluto. Già di mio avevo difficoltà ad aprirmi con gli altri per prendere confidenza, ma nemmeno loro mi hanno aiutata, anzi mi sono chiusa ancor di più e ho dovuto migliorare me stessa per essermi di buona compagnia per non annoiarmi o cadere in depressione per la solitudine. Abito in una villa singola e la siepe mi separa dai miei vicini. In dodici anni persone che son venute ad abitare accanto e poi trasferirsi, ma io non ho avuto l’occasione di conoscere la loro faccia. Penso che sia un buon motivo per andare d’accordo: se non ci parlo non ci sarà nemmeno motivo di disaccordo, quindi ho preso questo lato positivo della situazione. I settentrionali sono più diffidenti e riservati a differenza dei meridionali che sono più calorosi e accoglienti. Qui c’è però più disciplina, sia nella guida su strada, come il rispettare le regole, soprattutto per chi abita nei condomini. Non ci sono bambini in giro per strada a giocare e fare schiamazzi, ma lo fanno negli spazi riservati. Non si vedono venditori ambulanti che gridano per strada. C’è molta quiete e si potrebbe sempre meditare. Da noi è un altro mondo.
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So che hai in cantiere una serie di progetti editoriali. Quali sono?
- Lo scorso anno avevo iniziato due romanzi. Scrivere un romanzo è molto impegnativo: richiede molta concentrazione, serenità mentale ed una scrittura costante, almeno qualche ora al giorno da dedicare al romanzo. Purtroppo ho dovuto sospenderli per mancanza di questo. Preferisco aspettare il momento opportuno per fare un buon lavoro. Nei ritagli di tempo libero mi dedico alla poesia. Una è sempre differente dall’altra e non ha una trama da seguire. La scrivo, anzi la trascrivo quando nasce dentro me e sono a buon punto da completare la mia seconda opera. Ho anche una buona raccolta di aforismi e perle di saggezza che vorrei pubblicare. Ho iniziato una raccolta di racconti di vario genere, ma tutti dello stesso numero di parole: 1001. Molti mi chiedono il genere erotico perché non amano la poesia, così avendo scritto qualche racconto per dei concorsi, sto pensando di scriverne altri e pubblicare una raccolta per accontentare questa fascia di lettori. Questi progetti in corso mi piacerebbe pubblicarli entro quest’anno. Ogni pubblicazione ha il suo costo e purtroppo il periodo non mi è favorevole e questo è anche il motivo che rallenta il mio lavoro, altrimenti ne avrei pubblicati di più libri a costo di non dormire la notte, quindi me la prendo comoda e scrivo a tempo perso. Curo anche la mia pagina Tra le vie dell’anima – Nunzia Valenti dove posto le mie poesie e i miei aforismi da far conoscere ai lettori. Di idee e progetti ne ho parecchi. Mi piacerebbe poter conquistare lettori di ogni fascia d’età, dai racconti per bambini agli adulti con la narrativa e la poesia. Poi a volte è meglio non far progetti perché tutto può cambiare. Dovevo iniziare con i racconti per bambini e mi sono ritrovata con la poesia. Lascio anche fare al caso delle occasioni che si presenteranno. Mi chiedono pure delle collaborazioni. A me piacerebbe anche molto collaborare per la realizzazione di cartoni animati. La volontà non mi manca, manca solo il tempo e pure il denaro, in questi casi.
A conclusione di questa piacevole intervista, cara Nunzia, facci un regalo. Quale aforisma doni ai nostri lettori?
- Innanzitutto ringrazio te caro Michele per avermi dato l’opportunità di raccontare, sia in parte della mia vita che del mio lavoro. Sto troppo in silenzio e ne ho approfittato per sfogarmi un po’ e l’ho trovato molto piacevole e liberatorio. Alcuni dei miei aforismi sono stati citati tra le virgolette nell’intervista, ma in conclusione e nel salutare i lettori, essendo una persona sedentaria che non giro molto, ritengo che questo sia quello più appropriato, ma che sia preso in considerazione da tutti: “Non conta quanti passi hanno fatto i tuoi piedi per misurare la tua strada, ma quanta gente riesci a raggiungere con il cuore nel tuo cammino, pur rimanendo nello stesso posto.”
MICHELE BRUCCHERI, per il giornale "La voce del Nisseno"
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