| È illuminante la nota apposta all’inizio del libro da Salvatore Scialò; non solo chiarisce il significato da attribuire al titolo della raccolta, Pianto di stelle, ma ne suggerisce anche una chiave di lettura, evidenziando quel sottile filo che lega un componimento all’altro. In ognuno si riconosce l’impronta del poeta, quel privilegiare certe tematiche, il suo personalissimo stile.
L’armonia d’insieme è garantita dalla manifestazione costante del disincanto e dell’amarezza per la sofferenza a cui la vita obbliga. Appare, l’infelicità, determinata dalla naturale evoluzione dell’uomo, nel cammino che va dalla gioventù alla maturità, e oltre.
Compito del poeta è, allora, racchiudere il dolore per tutte le perdite subite (la recisione dei sogni, delle speranze, delle illusioni) e affidarlo alla poesia, unica salvezza possibile. Soltanto così il suo pianto non verrà disperso, ma potrà diradare le tenebre della vita; diventare un breve brillio, seppur pieno di mestizia.
C’è, in quest’opera, una concezione meccanicistica della realtà, in cui l’universo raggiunge il suo equilibrio rimanendo impassibile, indifferente alle questioni umane, alle inquietudini e ai tormenti della maturità, ma anche alle speranze e alle illusioni della gioventù. Un universo che non si cura delle pene dell’uomo, e che, anzi, è addirittura sprezzante e cinico nei confronti del destino infelice dell’umanità, come nei versi della poesia Cielo: «Cielo, cielo, / perché offri i tormenti, / offuschi le menti / e recidi i fiorenti? / Tu offri solo il gelo / degli abissi renitenti, / il disprezzo dei viventi / nel fiorire di solventi».
Ecco che, in questa concezione deterministica del nostro inevitabile mutamento, che reca in sé una pena necessaria, la poesia rappresenta quel brillio più duraturo perché ha il potere di prendere tutto il dolore che ci freme dentro e di sublimarlo nella calma dell’arte, come ebbe a dire Antonia Pozzi.
Queste poesie, proprio perché riflettono, più delle altre pubblicate in precedenza, la condizione del cambiamento, che porta con sé le ceneri del passato, sono pervase da un sentimento di struggente malinconia, per qualcosa che si è perduto per sempre, nel percorso che va dall’alba al tramonto. Sono tristi e crude, spesso scarne e asciutte, il verso che si assottiglia anch’esso rappresentando l’amputazione subita, senza rinunciare tuttavia alla musicalità e alla consonanza.
Sono, però, anche intrise di viva dolcezza, laddove ci fanno intendere la bellezza di ciò che non c’è più e il richiamo alla felicità. Un anelito che non si dissolve del tutto, nemmeno di fronte alla consapevolezza della sua irrealizzabilità. «Sulle ali del dolore / ramingo vai per l’etere / alla ricerca d’un fiore / che sciolga le tenebre». (Dalla prefazione di Caterina Aletti)
Il libro (distribuito in cartaceo con la rivista letteraria Orizzonti n.42) è disponibile in eBook a Euro 5,49
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