| L’opera “Grazia Deledda. Un singolare romanzo (quasi) d’amore” ha almeno tre chiavi di lettura.
La prima, se avesse un titolo, si chiamerebbe Acustica. È il sentir risuonare le parole della ventenne Grazia Deledda dalla vibrazione delle sue corde vocali stesse. Parole vere (mai Veriste) al punto che par di sfiorar con mano il palpito dell’anima da cui sgorgano, ora dettate da tumulto interiore quasi adolescenziale, ora misurate e profonde, come di saggio mentore. Parole sconosciute ai più proprio perché eclissate nel carteggio di De Gubernatis, prima segreto e poi sepolto nell’oblio per oltre un secolo. Parole che raccontano del suo inestinguibile fuoco artistico e caratteriale, fatto di passione, determinazione, sogni e speranze. E di cristallino amore per la sua Nuoro, sineddoche dell’adorata Sardegna di cui, novella Jeanne d’Arc - penna in vece di spada - si fa, motu proprio, intrepida quanto sbalorditivamente - è il caso di dire - conscia paladina.
Il “titolo” della seconda chiave di lettura ipotizzata è Divulgazione. Pura. E’ qui che sorge potente la figura della Piga Martini insegnante, del “trasferitore di sapere”: In oltre duecento note in meno di duecento pagine, riemerge con disarmante chiarezza il panorama culturale sardo, italiano e mondiale che assisteva agli aneliti di gloria della giovane Deledda. Un mondo scomparso, un’Atlantide di figure straordinarie, celebri e misconosciute, un prezioso patrimonio collettivo di “avi culturali” che avevamo dimenticato di avere.
La terza chiave di lettura si può definire Conoscenza. Conoscenza dell’autrice, Maria Antonietta Piga Martini. Dai suoi commenti, chiose o semplici intercalari, quando non complici silenzi, che precedono, seguono, s’intersecano - in un ordito non consueto - alle lettere di Grazia, s’incarnano i contorni, poi, con lenta incessante gradualità, l’essenza di una persona, prima ancora che di una scrittrice. Una donna foriera di un humus culturale marcato e riconoscibile, del quale è attiva parte e dal quale contemporaneamente s’affranca. Uno spirito intellettualmente libero e ad un tempo inesorabilmente radicato - si direbbe - in quella Santu Predu che le ha dato i natali proprio di fronte alla casa del Nobel. E che oggi, in una feconda nuova alba della sua vita, si riporta - in un ideale tempo sospeso - proprio lì dove è nata. A contemplare curiosa, da una casa che non c’è più, la giovane Deledda che – per vicinanza o per distanza - ha in sé.
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