| Eugenio Finardi fin da bambino mostra uno spiccato talento per la musica, forse perché cresciuto in un ambiente favorevole a questa arte; entrambi i genitori, infatti, erano impegnati in campo musicale: la madre era una cantante lirica (americana) e il padre un tecnico del suono.
Cantante, autore, chitarrista e pianista, Eugenio firma già nel 1972, a soli venti anni, il suo primo contratto, con la casa discografica fondata da Battisti e Mogol, la Numero Uno, e tre anni più tardi pubblica il suo primo album, “Non gettare alcun oggetto dai finestrini”.
Che Finardi fosse un cantautore piuttosto singolare viene confermato l’anno seguente con la pubblicazione di “Sugo”, l’album che lo porta al successo, soprattutto in virtù di una canzone, “Musica ribelle”, che ben esprime la sua passione per un rock combattivo e impegnato. Nel 1977 esce “Diesel”, che fotografa la realtà italiana attraverso canzoni semplici, dirette, intense, e naturalmente rock. Il 1978 è un anno di cambiamenti, di cui il più importante è la collaborazione con il gruppo “Crisalide”, di Cerri, Spina, Vitolo, Ninzatti, che contribuiscono in maniera decisiva all’album “Blitz” (con l’indimenticabile Extraterrestre) e al seguente “Roccando Rollando” del 1979.
Un avvenimento importante nella biografia del cantautore è la nascita della figlia Elettra, evento che influenza le canzoni dell’album “Dal Blu”, del 1983. È un disco dolce e intimo, che mette completamente a fuoco l’altra anima del rocker milanese: quella di raffinato autore di ballate, come “Le ragazze di Osaka” e “Amore Diverso”.
Tra gli anni 90 e la fine del millennio scorso, Eugenio, impegnato nell’ambito della musica alternativa, si muove tra Roma e New York, e nel 2012 partecipa alla sessantaduesima edizione del Festival di Sanremo con il brano “E tu lo chiami Dio”, scritto dalla cantautrice molisana Roberta di Lorenzo.
In questa intervista, per i lettori di “Orizzonti”, ripercorriamo insieme a Finardi le tappe principali della sua brillante carriera.
Domanda - Il tuo primo esordio è stato a nove anni con il brano Palloncino rosso fuoco. Cosa ricordi di quella prima esperienza?
Finardi - «Il mio primo esordio è stato molto bello! Ricordo la grande emozione di andare con mia madre in uno studio, dove ho scoperto recentemente che mi accompagnava la più grande esperta che abbiamo in Italia di Domenico Scarlatti, grande compositore vissuto alla fine del Seicento e mio autore preferito».
Domanda - In passato hai realizzato numerose tournée con i più importanti cantautori del panorama italiano, come Fabrizio De Andrè. L'aver lavorato con un cantautore del genere, cosa ti ha lasciato a livello emozionale?
Finardi - «Con Fabrizio avevo un rapporto strano. In realtà lui mi aveva assunto come musicista solo perché non lo conoscevo, in quanto non ero un suo fan perché venivo dal blues, ed ero diventato cantautore (credevo solo per poco tempo) perché, come si diceva allora, “bisognava essere funzionali al movimento”, una cosa che chi non ha vissuto negli anni 70 non può capire. E, quindi, quando ho suonato per la prima volta Musica ribelle con Lucio Fabbri nella prima tournée di De Andrè, viaggiando insieme a lui, ho scoperto un Fabrizio che non amava essere trattato come il “grande De Andrè”, ma che detestava le riverenze o la gente che si paralizzava davanti a lui. Quello che ci legava in realtà erano i nostri discorsi sulla vita, sui figli; parlavamo da padri più che da cantautori».
Domanda - In una delle tue canzoni più belle, mi riferisco ad Extraterrestre, parli di un pianeta su cui ricominciare. Ma alla fine Finardi ha trovato finalmente il suo pianeta?
Finardi - «In realtà, credo che uno come me non lo troverà mai! La mia vita è stata una strana avventura. Sono nato a Milano da madre americana, e ricordo che i miei genitori fecero uno strano patto: quello di allevare me in America e mia sorella (che nacque due anni più tardi) in Italia. Poi il destino ha deciso per noi, in quanto mia sorella vive in America ed io sono rimasto in Italia. Ecco perché in me c’è una lacerazione perenne fra due realtà, due mondi, per cui sono sempre alla ricerca musicalmente, spiritualmente, idealmente. Penso che il mio destino sia il percorso del non arrivo!».
Domanda - Le tue partecipazioni al Festival di Sanremo sono state ognuna a distanza di molti anni l’una dall’altra: nell’85 con il brano Vorrei svegliarti, nel ’99 con la canzone Amami Lara fino a quella dello scorso anno. Partecipare al Festival di Sanremo è un’ottima vetrina per un cantautore affermato?
Finardi - «Sì e no! Se si partecipa al festival come ha fatto, qualche tempo fa, Daniele Silvestri, che si è presentato con un bellissimo pezzo, intelligente, ma anche divertente e di grande comunicazione, va sicuramente bene, altrimenti Sanremo può essere anche una trappola. Dal 2000 in poi, ho abbandonato la musica pop dedicandomi a progetti paralleli. Ho fatto in seguito un disco pop ed un disco spirituale ed in questi giorni ho debuttato con un lavoro di musica classica contemporanea, un progetto che riguarda Vladimir Vysotskij, cantautore e poeta sconosciuto qui da noi, un personaggio interessantissimo vissuto in un periodo terribile della storia della Russia.
Non nego di aver presentato, a Sanremo, un brano che non è stato accolto; alla fine penso che, forse, in quell’occasione Pippo Baudo ha fatto bene a non sceglierlo, aveva ragione lui!».
Domanda - In un altro dei tuoi successi, Musica ribelle, dici: «la musica ribelle ti vibra nelle ossa, ti entra nella pelle». Pensi veramente che la forza della musica possa toccare realmente il cuore di chi ci governa?
Finardi - «Ho conosciuto, in realtà, politici terribili e politici con un vero cuore, interessati davvero ai problemi della gente. Per esempio, io ho una figlia handicappata, e ricordo che il ministro Livia Turco, nel primo governo Prodi, ha fatto diverse cose per aiutare persone con questi problemi».
Domanda - Dalla musica ribelle alla musica sacra: ma cos’è per Finardi la spiritualità?
Finardi - «Penso che la spiritualità sia una delle dimensioni più importanti dell’essere umano e credo che la musica sia proprio uno dei linguaggi più adatti ad esprimerla».
(Articolo di Loredana Rizzo pubblicato su Orizzonti n.42)
La rivista la trovate qui:
http://www.rivistaorizzonti.net/puntivendita.htm
Diventa nostro amico su facebook
www.facebook.com/rivistaorizzonti
Seguici su twitter
www.twitter.com/rorizzonti
|