| Nel nuovo libro, “L’amore rubato”: angherie e soprusi subiti da donne
È dalla nostra maggiore scrittrice italiana, Dacia Maraini, che si èleva il grido di dolore di chi della sofferenza subita porterà indelebilmente i segni per tutta l’esistenza.
“L’amore rubato”, pubblicato questa estate 2012, raccoglie otto storie di cronaca di tutti i giorni: le realtà femminili e le mille sfaccettature dell’essere, in primis, donna. La Maraini, da scrutatrice di anime, ha attentamente analizzato con la lente d’ingrandimento la condizione di dolore di queste protagoniste, e con la sua abilità narrativa ci fa assaporare l’indagine psicologica, effettuata con passo letterario.
Ciò che distingue Dacia dagli altri nostri scrittori, è l’attualità degli eventi, dei soprusi, delle angherie, dei ricatti, delle gelosie che inducono il più debole alla sofferenza, non solo fisica.
Domanda - Le donne sono sempre state al centro dei tuoi racconti, e questa è una delle motivazioni del Premio Fondazione Campiello alla carriera, che ti è stato consegnato quest’anno alla Fenice di Venezia; nei tuoi personaggi quale è l’elemento più evidente del riscatto dalla sofferenza?
Maraini - «La sofferenza più terribile è quella che non si riconosce come tale. Chi pensa di stare bene nel suo dolore, chi pensa di subire semplicemente un destino, chi non conosce i propri diritti, sta veramente male e non trova riscatto. Il riscatto viene dalla conoscenza, dal sentimento di giustizia e dalla voglia di capire e battersi per i propri diritti».
Domanda - Nello scrivere storie «vere», tratte dalla cronaca, dal sociale, ci sono delle preoccupazioni particolari per lo scrittore?
Maraini - «Anche quando si cercano i propri personaggi nella cronaca, non si tratta solo di una ricerca di tipo giornalistico, polemico o sensazionale, ma di una corrispondenza profonda con qualcosa che ci turba e ci ferisce».
Domanda - Dolcezze ed efferatezze: due modi di stare al mondo.
Maraini - «L’essere umano è capace sia di fare il male che il bene. Molto dipende da dove nasce, quale educazione riceve, quali scuole fa, quali libri legge, quali genitori gli toccano, quale famiglia, quali insegnanti. Non sempre i denari aiutano. Spesso i figli dei ricchi sono interiormente più corrotti di quelli dei poveri. Credono che sia loro permesso tutto e si costruiscono una idea egocentrica del mondo.
L’aggressività appartiene a tutti, si tratta di sublimarla. L’educazione, la cultura, hanno questo compito: sublimare gli istinti violenti. A volte invece i modelli che vengono proposti ai giovani attraverso la televisione, i giochi, il cinema, esaltano la violenza, incoraggiano una idea del mondo fatto di predatori e prede. E purtroppo, in questa visione delle cose, le donne sono le prede e gli uomini i predatori. Niente a che vedere con la natura ma con una visione distorta e malata della cultura».
Domanda - Come mai tante donne rinunciano a parlare e denunciare le violenze subite?
Maraini - «Il talento più straordinario dei predatori è quello di sapere creare, con l’inganno, con la seduzione, uno stato di complicità con la vittima. I grandi predatori conoscono questa tecnica e la usano, soprattutto quando hanno a che fare con persone molto giovani, con i caratteri deboli, con chi non ha elaborato armi di difesa, con chi non ha una coscienza forte di sé. È una tecnica subdola ma funziona sempre. E quando si è stabilita questa relazione, la vittima non denuncia mai. A queste possiamo aggiungere altre ragioni, come la paura per certe donne di sfasciare la famiglia denunciando un marito violento, la paura di rimanere senza risorse economiche. Altra ragione: la paura di non essere credute. Altra ragione ancora: il terrore delle ritorsioni. Di solito i violenti sono bravissimi nel terrorizzare le vittime con minacce per ogni parola detta».
Ladbrokes.it, un portale di scommesse per ciò che riguarda i Premi Nobel per la Letteratura, evidenzia che gli scommettitori inglesi piazzano Dacia Maraini 16 contro 1, che risulterebbe così davanti sia a Umberto Eco (25/1) sia ad Andrea Camilleri, dato a 50 contro 1. La Maraini si affianca, nelle quotazioni, a Philip Roth, a Cormac McCarthy e Amos Oz. All’inizio di quest’anno, Peter Englund, segretario permanente dell’Accademia svedese, aveva rivelato che molti dei nominati al Nobel per la Letteratura sono degli outsider. Classifiche ovviamente da prendere con tutte le cautele, ma non poteva mancare il nome di Bob Dylan, dato da Ladbrokes 33/1. Lo scorso anno il superfavorito era il poeta Adonis, seguito da quello che poi è stato di fatto incoronato vincitore, lo svedese Tomas Tranströmer.
Domanda - Una tua riflessione sull’istituzione del Premio Nobel?
Maraini - «Il Nobel è il premio più prestigioso del mondo. In effetti è una istituzione che lavora a tempo pieno tutto l’anno per premiare l’eccellenza sia in campo scientifico che letterario. Sono stati bravi, in tanti anni, a non perdere in credibilità e autorevolezza. Vuol dire che hanno mantenuto la trasparenza e la fierezza di un premio libero. Possono sbagliare certo, come tutti, ma non si può dire che siano influenzati dagli editori o dalle grosse industrie farmaceutiche, quando premiano un autore o un medico ricercatore. Per questo ho un grande rispetto del premio Nobel e sarei onoratissima nel riceverlo».
Domanda - Il mondo sembra dividersi tra vittime e carnefici. Anche tra le donne, che sono meno portate alla violenza rispetto agli uomini, alcune sono ricordate dalla storia come «sanguinarie». Di chi è la colpa?
Maraini - «Non credo affatto che le donne siano meno portate alla violenza. Come ho detto prima, la violenza fa parte della natura dell’essere umano. Solo che le donne, storicamente, sono state educate più degli uomini a reprimere i propri istinti aggressivi. Per questo, in effetti, risultano meno bellicose. Ma nel momento che liberano l’aggressività, possono essere terribili. Per questo ritengo che la cosa più importante sia puntare sulla educazione, sia per gli uomini che per le donne, non repressiva e fatta di dogmi, ma riflessiva e tendente allo sviluppo di un carattere rispettoso dell’altro e della propria dignità».
Domanda - Che ruolo ha, oggi, la famiglia nell’educazione dei figli? E le istituzioni?
Maraini - «Ruolo importantissimo che viene purtroppo sottovalutato. Le istituzioni, poi, dovrebbero dare il buon esempio, cosa che non fanno. Basta leggere degli scandali che stanno devastando la Cosa Pubblica in questi giorni».
Domanda - Nella quiete montana dell’Abruzzo stai scrivendo il tuo prossimo romanzo, ci puoi dare delle anticipazioni?
Maraini - «No, niente anticipazioni. Quando scrivo devo concentrarmi e non disperdere la materia su cui sto lavorando. Quando avrò finito ne parlerò».
A Rocca Imperiale, Il Paese della Poesia, in provincia di Cosenza, è affissa nel borgo una stele con la poesia di Dacia Maraini "Come spigole sott’acqua":
Ogni tanto di notte
mi vengono a trovare
portano scarpe di pezza
non sanno camminare
ma, strano davvero strano:
sanno cantare,
hanno la voce come le spigole
sott’acqua,
come chi conosce il
suono delle rocce
e della luna appena nata.
Ogni tanto di notte
mi vengono a trovare
mia sorella dal collo di farfalla
mio padre dal sorriso di elefante
non mi chiedono di rispondere
non mi chiedono di andare;
si seggono su un sasso
come ai tempi delle grandi merende
lungo il fiume di Karisawa
e cantano senza aprire la bocca
come le spigole sott’acqua
(Articolo di Giuseppe Lorin, pubblicato su Orizzonti n.42)
La rivista la trovate qui:
http://www.rivistaorizzonti.net/puntivendita.htm
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