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“Vorrei essere una missionaria non soltanto per qualche anno, ma vorrei esserlo stata fin dalla creazione del mondo, esserlo fino alla consumazione dei secoli. Ma vorrei soprattutto, amato mio Salvatore, vorrei versare il mio sangue per te, fino all’ultima goccia ... “ (Santa Teresa di Lisieux)
La sera del 1 marzo 1994, celebrando la Parola di Dio in compagnia dei suoi fratelli nella fede, in uno stato d’autentica grazia, Marta pregò così: “Signore, aiutami a passare attraverso la porta stretta”. Poco dopo, finita la celebrazione, disse: “Non sono mai stata così felice!”.
Furono le sue ultime parole su questa terra. Il Signore, nella sua misteriosa provvidenza, aveva accolto la preghiera di Marta e le aveva fatto attraversare la porta stretta della morte; aveva “Strappato un fiore alla terra per trapiantarlo nel suo giardino” (dall’omelia di p. Remo durante il funerale di Marta). Aveva 12 anni.
Nessuno può descrivere il dolore che abbiamo provato, soprattutto papà e mamma, con i quali Marta aveva un rapporto tutto particolare, e lo sbandamento che questo evento ha provocato nella nostra famiglia. Eppure tutto ciò non ci ha allontanato dalla fede; al contrario, la morte di questa creatura speciale è oggi per noi il fondamento della Speranza. Rimanendo un mistero per la nostra ragione, ci mantiene in tensione verso il Cielo dove speriamo di ritrovarla, un giorno, nella gloria di Dio. Intanto, Marta intercede per noi e, attraverso i suo scritti, realizza il suo desiderio di evangelizzare le genti; infatti chiunque legga le sue parole non può fare a meno di chiedersi: come fa una bambina di 12 anni ad avere una così lucida consapevolezza del proprio male, della sofferenza, del peccato, eppure non perdere mai la speranza nel perdono di Dio e la misericordia verso i fratelli?
La risposta ci viene da un mistico della chiesa d’oriente: “Beati coloro che si sforzano giorno e notte di essere graditi al Signore. Essi conoscono per esperienza e sensibilmente la grazia dello Spirito Santo.” (Silvano del monte Athos). Forse per questo quella sera Marta era così felice: aveva ricevuto la testimonianza di essere stata gradita a Dio (cfr. Eb. Il, 5).
Alla fine di molte prove, Giobbe ha detto: “Prima ti conoscevo per sentito dire, ora i miei occhi ti vedono” (Gb. 42, 5). Per conoscere Dio c’è solo un posto dove si può essere sicuri di incontrarlo personalmente: nella Croce, nell’evento più assurdo della propria storia. Cosa c’è di più assurdo della morte di un’innocente? Quello che è successo quella sera di quindici anni fa non ha e non può avere alcun significato logico. Perciò mi metto davanti a questo evento, non voglio più evitare l’occasione 11.20 11/01/2010 che può consentirmi un incontro reale e profondo con Dio.
(Silvia Ventura Bruno)
Collana "Gli Emersi - Narrativa"
ISBN 978-88-6498-091-1
pp.74
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