| Reportage sulla IV edizione del Festival Poetico “Il Federiciano” tra musica e poesia, in compagnia di EUGENIO BENNATO
A distanza di qualche mese, a Rocca Imperiale si percepisce ancora la magia del Festival Poetico “Il Federiciano”, e non potrebbe essere diversamente dal momento che i versi sono sempre lì, apposti sulle pietre delle case, a disposizione di chi voglia leggerli.
«Dopo quattro anni, questo sogno si è realizzato - ha commentato soddisfatto l’editore Giuseppe Aletti, alla fine della cerimonia di premiazione della quarta edizione, che si è svolta l’8 e il 9 dicembre 2012 -. Possiamo dire che il progetto è avviato e legittimato: venti stele svelate, oltre 6.500 autori iscritti complessivamente al concorso, centinaia di persone che intervengono ogni volta alla manifestazione. Ma la cosa più importante è la presenza di autori e artisti legittimati che vogliono associare il proprio nome al territorio di Rocca Imperiale, che come si sa, è l’unico “Paese della Poesia” presente in Italia».
Era il 2009, quando l’editore Giuseppe Aletti aveva proposto, all’allora sindaco Ferdinando Di Leo, il progetto di realizzare nel piccolo comune cosentino «un’antologia a cielo aperto», con poesie di ceramica maiolicata affisse sui muri delle case, vie dedicate ai poeti. Un’idea, abbracciata subito da Di Leo: «Abbiamo avuto la capacità di vedere lontano, e siamo stati premiati». Un progetto, quello del “Paese della Poesia” (con tanto di marchio registrato), che negli anni si è rivelato vincente, unico nel suo genere tanto da vantare «innumerevoli tentativi d’imitazione». Ma tant’è: “le idee sono sacre e appartengono a chi le partorisce”.
Nei «due giorni» di Poesia, sfidando il freddo e la prima neve, molti poeti hanno raggiunto Rocca Imperiale per le giornate di premiazione del Federiciano, prendendo parte ad un programma articolato che va dalla declamazione dei versi alla Sala Parsifal, al corteo per le vie del centro storico per scoprire i versi che andranno ad ornare il borgo, e prosegue il giorno successivo con l’Estemporanea di Poesia, ovvero l’elaborazione di versi, sviluppando una traccia tra quelle assegnate, da leggere davanti ad una giuria popolare che giudicherà la poesia vincitrice.
Ad impreziosire ulteriormente la manifestazione, è stato l’intervento del cantautore napoletano Eugenio Bennato, un momento che ha sancito la vicinanza di musica e poesia, e la compartecipazione di più linguaggi dell’arte.
L’ideale libro di poesie ha aggiunto nuove pagine con i versi dell’Infinito di Leopardi, di Alla sera di Ugo Foscolo, della lirica Virgilio di Giosuè Carducci, e ancora Le sei corde di Garcia Lorca e Brigante se more di Bennato. Più le due stele con le poesie scelte tra gli inediti che hanno partecipato al concorso: Viola, poesia contro la violenza sulle donne, di Raffaella Montecuollo e Gabbiani di Stefano Baldinu.
Tutti i testi sono riportati di seguito, insieme alle immagini che raccontano i momenti più salienti di questo festival poetico unico ed entusiasmante. «Dove la poesia trascende i suoi consueti spazi d’azione; dove la scritta parola non si ferma alla pubblicazione cartacea, alla declamazione pubblica, ma incide apertamente sul piano sociale, urbanistico, e architettonico di una intera comunità».
E intanto il progetto approda anche su Facebook, dove da poco è stato aperto il profilo “Il Paese della Poesia”, per poter condividere fotografie, video, articoli e altro materiale.
L’infinito di Giacomo Leopardi
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
De l’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminato
Spazio di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo, ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e ‘l suon di lei. Così tra questa
Infinità s’annega il pensier mio:
E ‘l naufragar m’è dolce in questo mare.
*
Alla sera di Ugo Foscolo
Forse perché della fatal quïete
Tu sei l'imago a me sì cara vieni
O sera! E quando ti corteggian liete
Le nubi estive e i zeffiri sereni,
E quando dal nevoso aere inquïete
Tenebre e lunghe all'universo meni
Sempre scendi invocata, e le secrete
Vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme
Delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
Quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.
*
Virgilio di Giosuè Carducci
Come, quando su’ campi arsi la pia
Luna imminente il gelo estivo infonde,
Mormora al bianco lume il rio tra via
Riscintillando tra le brevi sponde;
E il secreto usignolo entro le fronde
Empie il vasto seren di melodia,
Ascolta il viatore ed a le bionde
Chiome che amò ripensa, e il tempo oblia;
Ed orba madre, che doleasi in vano,
Da un avel gli occhi al ciel lucente gira
E in quel diffuso arbor l’animo queta;
Ridono in tanto i monti e il mar lontano,
Tra i grandi arbor la fresca aura sospira:
Tale il tuo verso a me, divin poeta.
*
Le sei corde di Federico García Lorca
La chitarra,
fa piangere i sogni.
Il singhiozzo delle anime
perse
scivola dalla sua bocca
rotonda.
E come la tarantola
tesse una grande stella
per afferrare i sospiri,
che fluttuano nella sua nera
cisterna di legno.
*
Brigante se more di Eugenio Bennato
Ammo pusato chitarre e tamburo
pecchè 'sta musica s'adda cagnà.
Simmo briganti e facimm' paura,
e cu 'a scupetta vulimmo cantà.
E mo cantammo 'sta nova canzone,
tutta la gente se l'adda 'mpara.
Nun ce ne fotte d'o re Burbone
ma 'a terra 'a nostra e nun s'adda tucca.
Tutte e paise d'a Basilicata
se so scetati e vonno luttà,
pure 'a Calabria mo s'è arrevotata;
e stu nemico 'o facimmo tremmà.
Chi a visto o lupo e s'è miso paura,
nun sape buono qual'è verità.
O vero lupo ca magna 'e creature,
e 'o piemontese c'avimma caccià.
Femmene belle ca date lu core,
si lu brigante vulite salvà;
nun 'o cercate scurdateve 'o nome;
cai ce fà guerra nun tene pietà.
Omo se nasce, brigante se more,
ma fino all'ultimo avimma sparà.
E se murimmo menate nu fiore
e na bestemmia pe' 'sta libertà.
*
Gabbiani di Stefano Baldinu
Fazzoletti bianchi
Aperti a sfiorare la fronte del cielo e
Le labbra del mare
E non v’è burrasca
Che sovrasti i loro canti
E non v’è chi li distolga
Dai loro quieti silenzi
Ma hanno voli
Che paiono un’attesa infinita
E hanno piedistalli di roccia
Da dove l’occhio nero e profondo
Affannato dal giorno
Batte i rintocchi del tramonto
*
viola… di Raffaella Montecuollo
traccia di matita a contornare gli occhi di nero…
rosse le labbra lucide di rossetto
polvere a coprire i segni e i lividi della pelle
tumefatta dal viola delle tue carezze
e con pennello di setole piatte
dipingo un sorriso negli occhi bagnati di pianto
sorriso a coprire ogni tua volgare parola
il mio vuoto racconta le oscenità del tuo essere
nel trucco di ogni mattina
*****
Poesia vincitrice dell’Estemporanea: Vucca amara di Ausilia Minasi
S’avissi canciatu u passu du jornu,
megghiu fussi statu…
i lampi n’te to occhi, m’abbastaru,
pi capiri ca tu, furminata mi vulevi…
Ma nun mi scantaii e… di pettu t’affruntai…
E uora, ca u tempu passa e ancuora
n’te mia tuppii, chi t’avissi addiri?
Ca sugnu forti e ritta passu?
No!
Uora dormu vigghianti e…
quannu ntennu la to vuci,
sentu, ca appicca appicca
ca to vucca vilinusa,
arrumazzata e lenta,
moru… dispirata.
******
Fotografia di Luigi Adinolfi
Articolo pubblicato sulla rivista Orizzonti n.42
La rivista la trovate qui:
http://www.rivistaorizzonti.net/puntivendita.htm
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