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Info sull'Opera
Autrice:
Rivista Orizzonti
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

FORMULA PER UN DELITTO. Incontro con LAWRENCE BLOCK.

di Rivista Orizzonti

Stephen King ha definito le sue opere praticamente perfette. Ha dalla sua più di cinquanta romanzi pubblicati e ancora tanti progetti nel cassetto. È considerato un maestro del giallo: Lawrence Block

Con più di cinquanta romanzi all’attivo, osannato in patria da pubblico e critica, Lawrence Block appare come un distinto signore inglese di una certa età. Più che i suoi grandi occhi azzurri e i suoi modi composti è però la cordialità e il sorriso a tradire le origini Yankee, quel marchio di fabbrica di chi è nato a Buffalo nel giugno di molti anni fa.
Poco conosciuto in un’Italia che tanto ama per uno strano capriccio del caso, è venuto a Roma in occasione del lancio del suo ultimo romanzo, “Le colpe dei padri”, Fanucci Editore, un thriller affascinate e dalla scrittura brillante, affidato alle mani esperte dell’ex-poliziotto Scudder, uno dei personaggi ricorrenti del suo universo letterario.
Considerato uno dei grandi maestri del noir, e reputato da molti un innovatore del genere poliziesco, Block si è lasciato sciogliere dal clima confidenziale della presentazione, discutendo con i presenti delle sorti del romanzo giallo.
Molti sono gli autori contemporanei che a lui hanno fatto riferimento, soprattutto per la sua capacità di sottrarre il genere noir agli stereotipi dell’hard-boiled , ma forse quello che segue è l’omaggio più sincero e più sentito a un grande autore e alla freschezza della sua opera:

“I suoi romanzi uniscono chiarezza e semplicità, onestà e realismo, creando opere praticamente perfette. Chi legge non ha mai la sensazione che il narratore stia mettendo insieme una trama: la storia, semplicemente, appare da sé, come una colomba tra le mani di un illusionista.” (Stephen King)


*****

Domanda - Come è nato il suo interesse per la scrittura in generale e per il thriller in particolare?

Risposta - Ho cominciato a scriver fin da giovanissimo e sul perché, beh, non c’è un perché ci si avvicina alla scrittura, è una cosa che si fa e basta.
Riguardo alla scelta del thriller, quella è stata una casualità. Avevo 19 anni e studiavo lingua e letteratura inglese nel college di Yellow Springs, in Ohio, e inviai alcuni racconti a una rivista letteraria come la vostra.
Ne scelsero uno e me lo pubblicarono. Così si può dire che sia nata la mia carriera di scrittore.
In realtà quando ho cominciato a scrivere, non avevo una chiara idea del genere che mi avrebbe dato fortuna, e non ero orientato in maniera tassativa verso il thriller.
Però ho sempre subito la fascinazione delle crime fictions, soprattutto per il fatto che trovo questo filone narrativo molto ampio, una specie di contenitore nel quale si può trovare di tutto.
In realtà più che un genere, la narrativa gialla è una scusa per parlare dell’animo umano.
Nel momento in cui si comincia ad entrare nella psicologia dei protagonisti, si ha la chiave di volta per poter affrontare le tematiche inerenti il sentire dell’uomo, ma anche la possibilità di discutere della società, come fanno molti altri autori contemporanei, di politica, di ambiente.
Insomma la crime fiction è una fiction, una finzione letteraria: la bravura di un autore sta nel saper utilizzare i moduli narrativi per trasfigurarli.

Domanda - Secondo lei, come mai il successo del Noir continua sembra destinato a crescere in maniera esponenziale?

Risposta - Non è facile dare una risposta a questa domanda, ma penso che le ragioni siamo molteplici. Da una parte la moda, in questo momento vanno di moda questo tipo di storie, poi la facilità di lettura.
Un romanzo giallo, per sua natura, suscita la curiosità del lettore che è spinto dal desiderio di conoscere “chi sia l’assassino” a terminare la lettura. Ecco perciò che un buon romanzo giallo deve possedere due qualità fondamentali, essere intrigante nella materia e scorrevole nella forma: è l’autore che deve traghettare il lettore fin dalla prima pagina.
Infine, ma tra tutte le considerazione, quella forse più importante, è il fatto che il noir concerne direttamente la vita, la morte e l’essenza stessa dell’uomo.
In quanto spaccato dell’esistenza, e lontano dalla cattedraticità della filosofia accademica, il giallo riesce comunque a fornire delle intuizioni, delle suggerimenti, delle suggestioni cui altri tipi di narrazione rinunciano a favore di una maggiore aderenza a moduli narrativi.
Se pensiamo ad esempio alle storie d’amore, difficilmente potranno stupire: il tipo di lettore che si avvicina a quel tipo di narrazione cerca una sicurezza emozionale che è data dalla sterotipicità degli archetipi dei personaggi.
La storia gialla invece lascia, secondo me, ma potrei sbagliarmi, una maggiore libertà. L’unica cosa certa in un giallo è solo il delitto, il resto è scrittura.

Domanda - Lei ha pubblicato più di cinquanta libri, tradotti in tutto il mondo. Ma c’è un libro a cui è più affezionato?

Risposta - Ogni libro ha una sua vita e una sua esistenza, che in parte ha coinciso con un periodo della mia, per questo ci sono libri che mi ricordano periodi felici e libri che ho scritto in momenti bui. Eppure sono affezionato a tutti nella stessa maniera, perché ciascuno è parte di me e voler rinnegare un libro è come voler cancellare laparte della vita cui fanno riferimento.
Ci sono poi i personaggi seriali, come Scudder, Tanner o Rhodenbarr.
A loro sono legato ancor di più, perché pescano di continuo dentro di me e, come dei figli, pur avendo una loro identità, in qualche modo un po’ mi assomigliano.
Scudder per esempio è divorziato di recente, come ero io all’epoca della sua nascita, Tanner rappresenta il mio periodo più introspettivo, Rhodenbarr invece è dotato di una forte carica ironica che riflette sul crimine.
Una caratteristica peculiare dei miei personaggi però, che non è strettamente connessa con il mio modo di scrivere, quanto più con il genere poliziesco, è invece il fatto che i miei protagonisti cambiano con le mie metamorfosi, adeguandosi alla società e alle situazioni, e io cambio con loro.
In questo modo riescono a rimanere sempre attuali pur rimanendo fedeli a se stessi.

Domanda - È dato per ipotesi che il thriller, per essere di successo, debba essere anche di una certa ponderosità.
Insomma si può fare in maniera provocatoria l’equazione che un romanzo più è lungo e più piace?

Risposta - Io non lo darei per certo. Certo è, invece, che la lunghezza di un libro dipende dalla storia.
Io ho scritti libri lunghi e libri brevi, e non credo che gli uni siamo migliori degli altri. Indiscutibilmente più una vicenda è lunga e complessa, maggiore deve essere l’abilità dell’autore nel gestire questa materia, e non tutti gli autori contemporanei sono spesso all’altezza della loro fama. Ovviamente non faccio nomi, perché non voglio polemizzare con nessuno, ma quando un romanzo è troppo costruito, forse rischia di perdere una parte della naturalezza del rapporto con la scrittura.
Se pensiamo ai classici gialli di Agatha Christie, o Fredric Brown ci rendiamo subito conto come non sia necessario che la vicenda si trascini per centinaia di pagine.
E inogni caso, sono fermamente convinto che i libri lunghi invecchino.

Domanda - Molti scrittori hanno ceduto i diritti cinematografici dei loro romanzi che sono diventati film di successo. Dai suoi libri sono stati tratti due film, ma il pubblico non li ha premiati.

Risposta - E ha fatto bene, perché erano brutti.
Hollywood si è interessata ai miei soggetti due volte, nel ‘73e nell’86, ma in entrambi i casi, mi esclusero completamente dalla produzione.
Non mi potei occupare della sceneggiatura e non fui soddisfatto del risultato ottenuto.
Ora invece stiamo riprovando a fare un film con Scudder, che dovrebbe essere interpretato da Jeff Bridges, ma stavolta sarò molto più rigido e seguirò con maggiore attenzione tutto il processo produttivo.
Inoltre ho proposto a Wong Kar-Wai, l’autore di In the Mood for Love e 2046, una storia ambientata nella Cina degli anni 30.
Credo che ultimamente il cinema cinese stia riuscendo a trasferire nello schermo parte di quella grazia che ha sempre contraddistinto la sua cultura e spero perciò di portare a termine questo progetto.

(Articolo di Flavia Weisghizzi, pubblicato sul numero 26, Maggio-Agosto 2005, della rivista Orizzonti)


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