| In eBook la raccolta poetica di Sandro Marano, "Vaghe lettere di amore e di rabbia" (Aletti Editore)
Prezzo: Euro 5,49
Prefazione di Gaetano Bucci
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Sandro Marano ci dona “Vaghe lettere d’amore e di rabbia”, una raccolta di poesie tanto preziosa da lasciare il segno in ognuno di noi. Volta alto il suo grido di dolore per la bellezza della natura deturpata dall’uomo egoista, violento, ingordo e nello stesso tempo trabocca d’incanto, di stupore per l’armonia che c’è attorno a noi, comunicandoci la gioia per la vita, le scelte per essere sereni, motivati ed, infine, felici assieme ai nostri simili. Con la bacchetta magica del cuore, degli ideali puri e genuini, con l’arma fine della sua poesia, il poeta affronta i dilemmi più importanti dell’umanità rifiutando l’ambiguità, la speculazione, l’arrivismo, la cattiveria di coloro che frantumano le speranze delle giovani generazioni pensando soltanto allo sfrenato arricchimento, mai alla qualità della vita nel nostro pianeta. Senza amore, senza poesia, senza l’equilibrio della natura, senza l’arte, l’uomo è poca cosa. L’amore per la rivisitazione della storia dell’uomo ci fa capire come il progresso vero, compreso quello tecnologico, nasca dalla volontà di pace, di civiltà, di confronto tra popoli: il bene di tutti diventa bene per ciascuno di noi. Nella poesia di Sandro Marano i campanili, le cattedrali, i chiostri, i conventi raccontano le tragedie degli uomini ma anche l’amore, le speranze, la comprensione, la solidarietà di coloro che hanno messo Dio, natura, umanità al di sopra di tutto. Dove c’è amore c’è tutto: sole, calore, luna, cielo, mare, colori, gioia, pace, bellezza, musica, danza, arte, architettura, prati verdi infiniti, foreste incontaminate, gabbiani felici. Nella prima parte della raccolta, “per fare più verde”, il poeta ci offre sprazzi e lampi di luce per farci comprendere quanto sia importante per l’umanità tutta guardare al di là dei muri, degli steccati e fare più verde il nostro sguardo, il nostro respiro ed i battiti del nostro cuore. L’ombrosa acacia e l’esile vitigno sono compagni per noi, come la luna che brilla dietro i palazzi. Pensare che nel mare grigio verde s’aprano sorrisi di schiuma è meraviglioso, straordinario possibile… in qualsiasi istante! Ammiriamo per strada l’albero di Giuda vestito di rosa e ne restiamo abbagliati e felici per tanta bellezza, contagiati di gioia per quelle sfumatura (bellezza rara ed ineguagliabile). Non dobbiamo dimenticare le carezze del vento che fruga i fiori di campo sotto la quercia. Il mare non finisce mai di stupirci perché quella lunga striscia d’oro sa di profumo d’anguria. Abbiamo mai pensato alla fragile beltà delle dune di sabbia scolpite dal mare e dal vento? Che emozione ci prende quando sulla fresca neve notiamo come impronte di gatto il sorriso della persona amata! Nella seconda parte della raccolta, “camminando”, Sandro Marano ci comunica le gioie quotidiane delle sue scoperte: osserva con occhi estasiati le meraviglie della natura, come il battere d’ali di colombe, facendosi accarezzare dal respiro delle vestigia del passato, come la bifora morena che gli bisbiglia canti d’amore.E come non rimanere incantati dall’aria dolce di ginestre in fiore per le strade del borgo antico, dove quieti corvi posano sulla torre normanna? Come non essere felici camminando in un’uggiosa giornata con fitto nevischio sul campanile di terracotta antico, con i silenzi, la nebbia sul mare, i gabbiani che volteggiano, pochi passanti sotto l’ombrello mentre la realtà ci porta il ricordo del corpo fremente ed il gusto d’arancio dei baci d’amore? Ritorna il grido di rabbia e di dolore del poeta quando paragona gli uomini di oggi a viandanti d’un tempo senza luce che ingombra e distrugge, d’un tempo che non sentiamo più nostro perché abbiamo smarrito le rotte della storia. Non c’è, infine, salvezza, né gioia senza la quercia abbarbicata sul dirupo, senza il palude e la poiana superba. Della terra nessuno più si cura, dovunque cumuli di spazzatura, una stupida opulenza deturpa ogni bellezza.
Nell’elegia per Pontelandolfo e ne “I fumi di Fukushima”, il poeta raggiunge le vette più alte del suo pianto di dolore e la drammaticità degli eventi, attraverso la poesia nuda e cruda, ci fa sentire l’orrido crepitare di corpi abbrustoliti, foreste che divampano, uomini passati per le armi, il lamento di donne stuprate, mentre lui, ombra tra muri anneriti, voce dimenticata dalla storia che i vincitori scrivono, non resta che il sogno, il chiaro di luna, il canto pietoso e la fuga da una città (mondo?) in fiamme. Così la campagna, il mare ed i fiumi di Fukushima si disperdono con i calcoli superbi dei tecnocrati: il silenzio è un grido, un cielo scuro senza stelle. E il poeta torna ai gabbiani che dondolano sul mare come pagine bianche e non temono il mare, dondolano come sparsi fogli, come i suoi pensieri, vaghe lettere d’amore e di rabbia. A conclusione della sua fatica il poeta fa a tutti noi una domanda: “e voi siete felici?”. Sì, navigare è il nostro destino, costruire castelli e cattedrali, vivere l’avventura, il sogno, non però dopo aver fatto del mondo un grande supermercato, aver lasciato che l’età della plastica soppianti l’età dell’oro. Non dobbiamo dimenticare che l’opulenza consuma la terra e rende infelici i popoli. Non valgono forse di più i nostri sogni? Le grandi passioni che mossero il mondo? Il sentiero chiaro e luminoso che si perde nel verde della faggeta?
(Articolo di Gaetano Pugliese, su “Meridiano Sud Arte”)
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