| Fabbriche e treni perdono lucore,
invecchiano, sbiadiscono col tempo,
sconfinano nel bigio della nebbia.
L’antracite perdura, abbasso, nera,
fragile, dura, riflessi di metallo,
terra chiusa e remota
a lumi spenti.
Ne intendo i segni, i cippi calcinati del confine,
l’ala del fossile confitta sulla costa
le mani rattrappite dei compagni
naufraghi morti nel golfo senza mare.
Può darsi avvenga domani un altro rogo
non l’aperta l’allegra combustione
che macchia l’aria di fumo e d’amaranto,
la soffocante perdita dell’anima
noi incastrati nell’ombra.
Penso alla pioggia,
alla cenere,
al silenzio
che l’uragano lascia amalgamati
nella vergine lapide di melma
dove drappelli d’uomini e di bestie
verranno ancora a imprimere
un transito nel mondo,
all’alba ignari
sul nero cuore del mondo.
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