| Curioso quanto amiamo i nostri vecchi mostri, rassicuranti feticci che forse dilatano ed esorcizzano le vere, autentiche paure che nascondiamo sotto il letto o dentro l’armadio.
La paura di vivere, per esempio, o della solitudine, o di invecchiare, o magari la paura di amare: grossi “babau” che ci stringono alla gola o ci fanno piangere lacrime inconfessabili. Così eccoci (eravamo bambini!) deliziosamente terrorizzati dai nostri primi vampiri!
Ah, che tempi… Avevo sì e no 7-8 anni in un deserto cinema di paese: ebbi incubi per un mese, e quando ero da solo in casa mi ficcavo sotto il tavolo, ma per un po’ non pensai più alla paura della scuola, di essere rifiutato dai compagni ecc. Sacrosanti terrori che ancor più mi stringevano al conforto di luoghi e affetti rassicuranti.
Caro, vecchio Bella Lugosi, come portavi il frac tu! Segaligno, signorile Cristopher Lee, che portamento!… Buoni pipistrelloni di una volta: tanto sangue, poco sesso, storie scabre e manichee, aglio e crocefissi, sfide all’ultimo avello, come le virili sparatorie western. Invece eccoci precipitati da un bel po’, noi assidui vampirologi, nella rete del succiasangue problematico ed esistenzialista, negli equivoci e nei meandri del vampiro manierato o complicato da problemi etici, infarcito di letteratura (cattiva) e di pessime estenuazioni barocche.
Dopo il rutilante baraccone del “Dracula” di Coppola, dove erano state tirate giù intere biblioteche e scomodati ingombranti pretesti letterari ed estetici, una per tutte abbiamo rivisto (notte tivù), per la cineteca da dimenticare, la boccheggiante “Intervista col vampiro” di Neil Jordan, che ancor più scava a piene mani nelle pieghe univoche e purulente dei grassi equivoci letteral-filosofici.
C’è di tutto: dai languori estetizzanti di certo pallido preraffaellitismo, all’implacabile retrò-liberty, ai miti preromantici del titanismo blackiano, al demonismo, al “crudelismo” di tanta minore letteratura fin de siècle, ai furori del “Grand Guignol” parigino, con qualche curiosa intromissione da “feuilleton” alla Carolina Invernizio! In verità è troppo.
Intere generazioni di scrittori costretti a rivoltarsi nella tomba (Wilde, Verlaine, de Sade. Huysmans, Sue, D’Annunzio) e a pagare una gogna crudele in questo film sostanzialmente profuso di cattiva divulgazione estetica, presuntuoso, eccessivo, volgare ed anche noioso, dove si fa di tutto per creare spessori narrativi che non ci sono, e a darsi i tre quarti di nobiltà letteraria “scippata” senza abilità.
Dobbiamo citare gli attori? Eh sì, ben gli sta! Convinto di recitare in un film “artistico”, Tom Cruise ce la mette proprio tutta: strabuzza, straluna e sghignazza da scetticoblù spadroneggiando la scena, soprattutto aiutato dal confronto col rigido e imbalsamato Brad Pitt, “bambolone” più in un ruolo come “zombie” che come raffinato vampiro. Grondanti di lustrini e scintille pseudo-colte usciamo delusi e intontiti: volevamo solo una storia di vampiri… Anima dannata di Bela Lugosi, dove sei?
(Articolo di Luigi M. Bruno, pubblicato sulla rivista Orizzonti n.13)
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