| La donna del titolo è Helga, psicanalista tedesca, forse ebrea, sfuggita al nazismo rifugiandosi nell’isola felice che era Capri negli anni Trenta. È “in più” rispetto alla passione che scoppia fra suo marito, l’architetto italiano Nicola, e la giovane Sofia, bella figlia di un antiquario caprese. Così, l’iniziale, precario, equilibrio di un rapporto bigamo presto si incrina, Helga vede scivolare l’energia e il desiderio di Nicola verso la sua rivale. Sofia partorisce il figlio del suo uomo e marito di un’altra: Nicolino. Ma Helga non si arrende, si definisce madre “profonda” del bambino dove Sofia è solo madre “terrestre”, quasi un veicolo per dare a Nicola quel figlio che non è più in età di partorire.
Cinquant’anni dopo Nicolino e sua moglie Marta – in un sofferto dialogo con la narratrice A. – tentano di riannodare i fili di quell’amore doloroso, che portò Helga a un volontario esilio nella fredda Stoccolma, “dove il sole è meno raggiante di Capri”, e a una morte misteriosa nella vasca da bagno al suo ritorno nell’isola. Così Helga appare, di pagina in pagina, come una donna estremamente razionale, dotata di strumenti intellettuali e culturali tali da prevedere le semplici passioni di suo marito e uscirne vincitrice, regista occulto dell’innamoramento di Nicola per Sofia, con la quale ha fatto un patto per “sublimare” il suo amore per Nicolino.
Oppure, una donna non più giovane, che ha sottovalutato il potere della fisicità in una storia, che si trova spiazzata dalla pazienza consapevole della rivale, che sente l’uomo che lei ha plasmato e costruito allontanarsi sempre di più. Insomma, in questa storia era la più forte o la più debole? È questo l’interrogativo cui si cerca, invano, di dare una risposta.
Nicola abbandona la grande casa sulla collina, circondata di cipressi, dove ha vissuto con Helga. Ne costruisce un’altra, più in basso, dove abiterà con Sofia e i loro sette figli. La prima casa era rigorosa e pura, con le pareti nude e i mobili disegnati da Nicola: per il giovane architetto era stato un periodo di formazione. La seconda è tutta una citazione del passato: per la figlia dell’antiquario, lui ha collezionato mobili antichi, ma non ha disegnato nulla: quella fase si è chiusa, Nicola ha trasferito la sua protezione su Sofia anziché riceverla da Helga.
Una cosa però accomuna le due rivali: sono entrambe esuli all’interno dell’isola, Helga perché è “una straniera importante”, Sofia perché ha rotto con la sua famiglia mettendosi con un uomo sposato. Sono sole, ribelli, a modo loro eroiche.
Le lettere che Helga scrive a Nicola da Stoccolma si fanno sempre più amare: implora una risposta, chiede notizie di Nicolino in modo imperioso ma inutile, fornisce ossessivamente dettagli sui suoi viaggi di ritorno in Italia. È frustrata e insoddisfatta. Vorrebbe poter vedere, come un tempo, i suoi progetti architettonici, e incontrarsi magari a Milano per fare un tratto di viaggio insieme…
“È chiedere troppo? So che sei un uomo sposato. Ma, se non sbaglio, sei sposato con me”.
Sul punto di vista di Nicola, l’autrice non ci dà informazioni. Sentiamo tutti gli altri, ma non lui. Anche le sue lettere di risposta a Helga sono sparite e non ricompariranno. Finché Helga, ormai perdente, torna e muore. Ma è la sua storia quella che Nicolino racconta, e forse era davvero la madre “profonda”. E lo è rimasto.
(Articolo di Federica Fantozzi, pubblicato su Orizzonti n.13)
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