| È con questo romanzo “antropologico” che la già famosa scrittrice fiorentina vince il Premio Campiello nel 1990. Di nuovo protagonista della storia una donna, qui una donna speciale, “diversa”: Marianna sordomuta (dalla nascita?), in una Sicilia del 700, tra pregiudizi, chiusure e “cultura” di una nobile casata (Gli Ucrìa) con tutti i rituali, le cerimonie e i condizionamenti dell’epoca, che lei, forte e coraggiosa, vive percorrendo i tempi nonostante il forzato matrimonio con il «Signor zio Pietro» a 13 anni.
Marianna vive in un modo tutto suo che ci coinvolge da subito e noi ci ritroviamo profondamente immersi nei suoi libri, i suoi quadri, la sua scrittura. E, quasi “romanzo nel romanzo”, la sua vita è lei stessa a raccontarcela attraverso i suoi biglietti eloquenti, mirati a farsi intendere con una scrittura che è sentimento, idea, pensiero e non solo.
Non serve arrivare alla fine del libro per sentire forte l’impulso a tapparsi le orecchie e a stare in silenzio ad osservare e “ascoltare” il mondo intorno a noi, a “parlare” con gli occhi come solo lei sa fare così bene, a provare a “sentire” tutto profondamente come Marianna. Impariamo un vero e proprio linguaggio, non solo simbolico, ma fatto di odori, sapori, segnali quasi impercettibili della natura e soprattutto di sensazioni ed emozioni più forti e più vive del normale che Marianna, «mezza volpe e mezza sirena», usa e perfeziona durante ogni tappa della sua vita fin nei minimi dettagli. La sua è una vita vissuta molto più intensamente, perché lei è capace di amarne, guardarne, analizzarne ogni più fuggevole istante con una curiosità e una passione che ci sono estranee. La sua “mutilazione” (o natura) le permette di estraniarsi e insieme di lottare con grinta e di difendersi, con la cultura che si cerca e crea, dalla società ignorante, egoista e razzista verso ogni diversità, fatta di apparenza bigotta e maschere conservatrici, superstiziose e meschine, purtroppo non tanto lontana da questa nostra società di tre secoli dopo, ancora intollerante non soltanto nei confronti dei sordomuti.
Tutto il libro è un percorso e una crescita alla scoperta e all’immedesimazione in un universo-altro per confrontarsi, conoscersi e conoscere meglio le differenze, per calarci in altri mondi e modi di essere e sentire, mentre stiamo vivendo giorno dopo giorno, sempre più, l’età della globalizzazione e della conoscenza di un mondo dai mille “multi-risvolti”.
[Bello anche il film, sempre italiano, del 1997, di Roberto Faenza con la brava Emmanuelle Laborit… ovviamente dopo il libro (!)]
Recensione a cura di Arianna Zuccaro, pubblicata su Orizzonti n.13
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