| Ermelinda Ruicci affronta questa sua prima esperienza di narrativa con l’animo di poetessa che le è congeniale. Il racconto scorre agile e naturale. Ha i colori di un piacevole acquarello, ma vive anche tangibilmente di tutti i profumi della natura.
Le sue annotazioni puntuali rivelano una provata sensibilità. Nulla le sfugge: “la mortificazione di essere ignorati”, “il disorientamento di chi ha perso la bussola affettiva”, “ le sabbie mobili della vita quotidiana”, “gli spilli della stanchezza”. La vulnerabilità degli altri, che è anche un po’ la sua, la rende delicatamente attenta ai problemi dell’animo umano.
C’è una consapevolezza di fondo che la guida: “per capire un dolore” … basta… ”la fragilità di averlo vissuto”. Questo spiega una personale timida diffidenza di fronte alla gioia, che rende la protagonista facile preda degli “interrogativi, come dei sabotatori”.
Alla fine però una natura positiva di fondo la incoraggia ad abbandonarsi al piacere di godere di ogni cosa, anche delle più semplici come avviene per l’esplosione di una primavera in cui la natura sembra autocompiacersi della propria opulenza e bellezza.
La piacevole scorrevolezza del testo, i colori e gli affetti, rendono il breve racconto assai gradevole.
(Annamaria Scavo)
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