| Presentazione del libro di poesie "Topinamour" (Aletti Editore)
di Chiara Maggioni,
15 marzo 2013, ore 20.45
a Revere
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Le libere associazioni di Chiara Maggioni, poetessa in fieri, ieri sera hanno ammaliato il pubblico del Foyer del Teatro Sociale. Per il primo appuntamento delle «Presentazioni letterarie» promosse dal Ctb Teatro Stabile di Brescia, Carla Boroni ha dato voce alla raccolta di poesie «Topinamour» (Aletti Editore, 12 euro), intravedendo in Chiara Maggioni un'autrice dal promettente talento.
Dalla sua penna sono usciti quaranta componimenti tra sogno e realtà, tra poesia e prosa. Fotografie di quotidianità piene di senso, raccontante con grazia, delicatezza, levità. La giovane raffinata autrice, classe 1981, formazione liceale, gioca con le parole sin dal titolo «buffo e impegnativo», come lo descrive Carla Boroni. Ma nel gioco si nasconde verità: «Alla metafora botanica, topinamour è pianta molto vitale - ha spiegato Chiara Maggioni - si fonde la dialettica tra ascesa e discesa dei sentimenti, Top-in-Amour».
E la pianta che tende a volgersi al sole «è invito - dice l'autrice - a guardare oltre le apparenze, verso la luce, penetrando la realtà». Come un tubero penetra la madre terra. Emergono le «corrispondenze» con la campagna mantovana lungo gli argini del Po, dove Chiara è cresciuta. L'autrice fa reagire tra loro le parole come elementi chimici, creando catene di significati e tracce possibili: «Perché nella poesia ognuno trova ciò che vuole. Io scrivo di getto, a volte accosto mentre guido e salvo ispirazioni sul cellulare. Sublimo così ciò che mi accade».
E i fatti diventano verso. L'alienazione da lavoro dell'uomo contemporaneo davanti al pc, da lui inventato, in «Annullamento»: «La pupilla dilatata nel sangue piange onde da monitor scambiandole per il mare».
Il viaggio in treno tra Mantova e Brescia con persone di diverse etnie, allegoria del viaggio della vita, in «Orchestra»: «Per pochi istanti, la forza della rotaia e il finestrino abbassato han mescolato le razze in un tollerante sibilo. Come strumenti non accordati si son risvegliati sbadigli e lingue / forti o lievi appigli di bandiera».
E il graffio più duro è dato non con nero segnaccio ma attraverso «La siepe», immagine (metaforica) di sghemba geografia famigliare, dove i litigi hanno eretto barriere.
«Come carcerati colpevoli consapevoli tra le loro stesse mura / ribelli alla natura che li univa, alzarono la siepe. Ed era una bestemmia dichiararsi guerra proprio là dove tutto pareva più fecondo ai doni della terra». Fotogrammi di una vita nutrita dall'ars poetica. Perché le parole sublimano.
(Alessandra Stoppini, Giornale di Brescia del 31 gennaio 2013)
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