| Siamo agli sgoccioli. Questione di poco e saremo in braccio all’euro. Euro! Questa divinità crudele ed enigmatica che toglierà per sempre, dietro di noi, l’affettuosa amicizia con l’adorata, desiderata, tartassata lira.
Vi sembra poco rinunciare alle abitudini di tutta una vita?
Siamo nati con l’eco della dolce, italica moneta; siamo cresciuti rigirandoci in tasca (sempre poche!) le consuete compagne necessarie per il gelato, il cinema con la ragazza, la pizza, e poi per le bollette, i mutui, le cambiali! Le speranze e le gioie come i dispiaceri e le umiliazioni della nostra esistenza hanno colore e sostanza delle nostre lirette: pelle e carne dei nostri difficili anni. Esagero?
La lira è lira da quando s’è “fatta” l’Italia, e anche da prima, la lira è storia nostra, collettiva e individuale; siamo vissuti in ragione di progetti e sogni commisurati al numero delle lire.
“Se potessi avere mille lire al mese!” sospiravano gli impiegatucci degli anni 30. “Bambole, non c’è una lira!” sentenziavano gli equivoci impresari delle scassatissime riviste-spettacolo; vi pare lo stesso dire: “Bambole, non c’è un euro!”? Scherzo, ma il dolore e l’amarezza sono sinceri; i nostri giorni non saranno più gli stessi: pesi e misure del nostro esistere saranno sconvolti, mini calcolatrici e matite in febbrile azione in fila alle casse! Un caffè, un film, un pacchetto di sigarette, un giornale, i piccoli compagni che scandiscono il ripetersi dei nostri mediocri giorni sono lì, allibiti, in cerca di nuova identità nelle nostre mani incerte e disorientate.
Sì, sto sciogliendo un funebre lamento alla storica filigrana, alla nostra domestica lira che agonizza per questi ultimi mesi: qualcuno deve farlo! È stata con noi da sempre, le poche lire che il nonno ci dava da bambini, i fogli immensi e rosa che ammiravamo nelle mani preoccupate dei nostri padri, il nostro primo stipendio, il primo articolo, un bozzetto venduto; e poi i milioncini dei primi quiz, la sospirata schedina vincente. Ma anche le rapine, i ricatti, i furti dei “soliti ignoti”, le tariffe (scusate) delle prostitute, le scommesse perdute…
Tutto, tutto si colorava e prendeva misura e ragione in lire, poche stramaledette e agognate. Vi pare che possiamo rinunciare ai nostri Michelangelo, Caravaggio, Raffaello, Manzoni e quant’altri “Padri della Patria” per le coloratissime, anonime e deserte banconote europee? In Germania, in Francia e altrove intonano ugualmente sentite veglie funebri a “marchi” e “franchi” o stoicamente si rifiutano alla nostalgia? Mah! Non ci sono santi, siamo in Europa e dicono che ci dobbiamo restare. Mutrie di severi economisti hanno dettato l’inappellabile condanna: addio mille lire! Addio dolci compagne, barbute di artisti e geni italici o levigate di mediterranee bellezze, addio delfini, spighe e aratri, resterete sempre impalpabili ma vive tra le nostre dita, in tasca e ovunque vi porteremo con noi, tra le care foto e gli inseparabili ricordi. “Ce l’hai mille lire?”, ancora mi sento dire per strada da disinvolti barboni, e il mendicante implora le sue modeste pretese o scribacchia sull’improvvisato cartello “Anche cento lire per vivere!” Come si regolerà con l’euro?
Cambierà tutto, non si torna indietro: l’euro dominerà i nostri nuovi sogni e le nostre nuove speranze; sarà lui il padrone odiato e temuto. I nostri figli e nipoti delle lire domani non sapranno nemmeno cosa fossero, ma per noi, finché esisteremo, sarà il ricordo tenace di un’altra vita: addio mille lire!
(Articolo pubblicato su Orizzonti n.17 bis, dic. Mar. 2002)
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