| Da Tel Aviv a Parigi, dopo una laurea negli Stati Uniti, Eran Kroband si racconta a “Orizzonti”, mettendo a nudo valori e ipocrisie del nostro tempo
Il suo romanzo ha un bel titolo, un titolo davvero suggestivo e carismatico: “Piccola Piuma”. In Italia è apparso per i tipi della Corbaccio, da sempre attenta alle voci dei grandi narratori stranieri. La traduzione è a cura di Marta Morazzoni. Stiamo parlando di Eran Kroband, uno dei nuovi talenti della scena letteraria internazionale, arrivato a Milano per parlare del suo lavoro da cui, probabilmente, uscirà presto anche una versione cinematografica.
“Piccola Piuma”, un libro insolito e affascinante. Un romanzo sull’umanità e sui suoi bisogni più segreti. Siamo alla fine del XIX secolo, quando sulle montagne del Colorado un drappello di pionieri scozzesi viene improvvisamente accerchiato da un gruppo di indiani incolleriti. Questo l’incipit fondamentale della narrazione di Kroband. Dall’unica, magica possibilità di convivenza dei due differenti aggregati umani, nascerà la futura comunità di Loneliville. Un luogo ideale, del sogno, che sposerà alla sana razionalità degli scozzesi la rude bellezza degli indiani, il loro robusto senso di adattamento alla natura.
«Col passare del tempo i pionieri impararono a superare la paura e a rispettare gli indigeni. Insegnarono loro l’inglese, così che potessero pregare tutti insieme (sebbene si rivolgessero a un dio diverso); insegnarono loro a leggere sicché la parola di Dio potesse entrare nelle loro anime attraverso la scrittura della Bibbia; insegnarono loro a riposare nel giorno del Signore. In cambio gli indiani insegnarono ai pionieri a cacciare, pescare, preparare medicine dai succhi delle piante. Tutto sommato furono le loro conoscenze e la loro esperienza a rendere possibile la nascita della piccola città di Loneliville».
È dalla terza generazione di Loneliville che verrà fuori l’adorabile Piccola Piuma, un delizioso bambino di dieci anni che, in compagnia di Tigre, il gatto nero con cui ha condiviso esperienze e fatalità del mondo, riuscirà a intenerire e a mutare il corso di parecchie esistenze. Piccola Piuma sarà dunque la luce che illuminerà le irrinunciabili verità di vite allo sbaraglio, incredule, spazientite.
«Qualsiasi altro ragazzino di dieci anni sarebbe certamente morto in una tale sventurata situazione. Piccola Piuma, invece, anche in così tenera età, sapeva badare a se stesso. Nonostante le spaventose condizioni del tempo, riuscì a catturare qualche piccola preda, e l’arrostì su dei fuocherelli che fece nel solito tradizionale modo, usando le pietre per generare la scintilla. Dormi in grotte, coprendosi con foglie secche che tennero lui e Tigre un po’ al caldo».
Un piccolo eroe quasi da fumetto, trattato con la magia di poche pennellate veloci, ma che riescono in breve tempo a mettere a fuoco il nitore matematico e psicologico del personaggio: «Piccola Piuma era vestito con abiti che erano fuori moda da almeno cento anni, quando lo trovarono dei soldati che erano in cerca della bomba. O, per essere precisi, quando lui trovò i soldati, almeno una ventina dei quali apparteneva alle unità scelte di ricognizione dell’esercito americano».
Eran Kroband è nato a Tel Aviv e ha studiato negli Stati Uniti. Oggi risiede a Parigi, dove ha sposato una donna francese. La sua scrittura – semplice, limpida, cristallina e soprattutto molto attenta all’essenzialità delle azioni e dei fatti narrati – racchiude il sentimento di una serenità faticosamente raggiunta, il bisogno di una pace che non è solo dei luoghi, delle situazioni, ma dello spirito stesso, del modo di rapportarsi all’esistenza di ogni giorno.
La storia rimane per lo scrittore un intrico estremamente avvincente di eventi e di mistero. Un chiaroscuro di luci e di ombre. L’atteggiamento dell’autore è estremamente nobile e rispettoso. Non chiede di entrare nelle zone minacciose del sentire: rimane come sulla soglia intuendone tuttavia il potere, la suggestione, il fascino profondo. E “Piccola Piuma” è davvero un libro magico e visionario. Struggente come un terribile inverno. Luminoso come la primavera di una lenta rinascita alla saggezza.
Saggezza che si riverbera anche nelle risposte dello scrittore, quando lo raggiungiamo per chiedergli le motivazioni che sono state alla base del romanzo. Il rapporto con il presente, con la contemporaneità, con le radici, ad esempio. La dimensione della scrittura, le scelte passate, le speranze future. Il suo modo assolutamente nuovo e originale di intendere il rapporto con la forma narrata e con il cinema.
Domanda – Il suo è un romanzo che sta avendo molto successo. Quanto tempo ha impiegato per scriverlo?
Eran Kroband – Il libro l’ho scritto poco prima che nascesse la mia prima bambina. Ma non l’ho scritto per lei o per i bambini, anche perché mi è venuto da metterci anche un po’ di “cinismo” specie nella seconda parte. Volevo far capire attraverso gli occhi di un bambino come siamo cambiati, come si è trasformato il mondo sino ad oggi.
Domanda – L’universo in cui viviamo è sicuramente tutto mutato, coi suoi valori e i suoi riferimenti. La letteratura ha ancora, secondo lei, il potere di cambiare il mondo?
Eran Kroband – Sì, non di cambiarlo, ma comunque di renderlo migliore.
Domanda - I suoi rapporti con la narrativa contemporanea?
Eran Kroband – Non leggo molto la narrativa contemporanea, ma alcuni classici ai quali sono affezionato rimangono Steinbeck, Salinger, Marquez e Balzac. Preferisco affidarmi ai classici, al rigore del loro pensiero, immaginando che esso possa essere di riferimento anche alla mia vita e ai miei percorsi.
Domanda – Pensa possano esserci delle soluzioni concrete in merito ai drammatici conflitti del suo Paese?
Eran Kroband – A Tel Aviv ho parenti e amici, ma non frequento l’ambiente. Ho le mie opinioni su ciò che succede (politicamente) ma penso che spetti a chi vive lì sul posto risolvere i problemi. Non si può delegare ad altri, sarebbe sbagliato. Ciascuno di noi ha il dovere di assumersi le proprie responsabilità, e di conseguenza trarre le proprie deduzioni.
Domanda – Lei ha studiato negli Stati Uniti. Il suo rapporto con questa grande dimensione culturale ed economica?
Eran Kroband – Be’, negli Stati Uniti ho studiato, ma non volevo assolutamente viverci. In Francia, in Europa, ho trovato invece quella pace e quella serenità della mente che sono state le condizioni necessarie per scrivere, viverci, crearmi una famiglia e degli affetti.
Domanda – C’è qualcosa di autobiografico nel personaggio principale del suo romanzo?
Eran Kroband – No, nulla di autobiografico, anche se in ogni libro c’è sempre qualcosa di chi lo scrive. Una parte di te finisce sempre col nascondersi tra le righe, mi pare inevitabile. Ma io posso assicurarle di non essere assolutamente Piccola Piuma.
Domada – Come scrive Eran Kroband?
Eran Kroband – Io non ho orari fissi di scrittura. All’inizio seguo l’ispirazione, l’idea di partenza. È come una luce iniziale cui bisogna star dietro. Poi scrivo lentamente, e mi accingo a sviluppare. Quando ho ripassato il tutto, faccio l’editing finale, lavorando così in modo più sistematico. Molto spesso mi capita di lavorare di notte, quando tutti gli altri dormono. Dipende un po’ dalle fasi di lavoro, da ciò che devo elaborare. Amo scrivere soprattutto a mano, è un piacere di cui non potrei mai privarmi.
Domanda – Un nuovo libro?
Eran Kroband – C’è già una sorta di sequel, ma non so ancora esattamente quando verrà pubblicato. Dipende soprattutto dal successo di questo libro. Parla di altre avventure che dovrebbero coinvolgere il mio piccolo personaggio. Altre possibili storie dedicate a Piccola Piuma.
(Articolo di Luigi La Rosa, pubblicato su Orizzonti n.20)
La rivista si trova qui: http://www.rivistaorizzonti.net/puntivendita.htm
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