| Di Walter Chiari abbiamo tutti in testa e nel cuore l’affettuoso ricordo dell’eterno giovanottone simpatico e scapestrato, l’eroe di tantissimi strampalati monologhi, il reuccio dei sacrosanti sabato sera della tivù in bianco e nero. Monologhi in cui il nostro si misurava con una satira, come si diceva una volta, garbata ma precisa, dei nostri mitici difetti italioti.
Eppure, a pensarci era strano che a farci ridere fosse non la solita maschera grassa o storta o brutta (i belli, si sa, non sono comici) ma proprio il bel ragazzo, alto, atletico, e oltretutto «sciupafemmine» e seduttore recidivo. Ma a Walter perdonavamo anche questo, tanto era divertente coi suoi tic, i suoi travestimenti e la sua voce graziosamente nasale. Lo ricordiamo sempre in coppia con l’amico di una vita Carlo Campanini, lui sì, classico buffo: grasso e dolcemente patetico.
E il cinema? Poca cosa. Sì, ricordiamo Walter in “Bellissima” di Visconti (1951), personaggio sgradevole e profittatore, come nel “Falstaff” di Orson Welles (1966) nella particina grottesca del tartagliante signor Silence. Ma se mettiamo da parte la serie infinita dei filmetti «scemi» e di serie B nei quali Walter proponeva solo macchiette di poco respiro, vogliamo ricordarvi che qualche volta è stato anche protagonista di storie amare, antieroe sfortunato che ha saputo convincerci e commuoverci. Nella “Rimpatriata” (1963) di Damiano Damiani, Walter è una specie di strano bigamo dal cuore largo e generoso che mantiene due famiglie destreggiandosi tra cinemetti di periferia in una grigia Milano anni 60, lungo una curiosa notte brava tra osterie e puttane di strada. Notte che finisce male per il nostro, malmenato da due camionisti e con l’amaro in gola di essere stato usato dai suoi amici ricchi che in fondo lo disprezzano. Dunque niente lustrini e passerelle una volta tanto per il Walter nazionale che invece ci immalinconisce con il suo povero «califfo» tradito. Ne “Il Giovedì” (1964) di Dino Risi, il nostro è, per l’ennesima volta, il solito giovanotto squattrinato e superficiale, praticamente mantenuto dalla sua fidanzata, che deve trascorrere un giorno (appunto un giovedì) insieme a suo figlio, e che fa di tutto per conquistarlo col suo repertorio di giochi e buffonerie. Ma è tutto un bluff, dall’auto imprestata, ai presunti «affari», agli slanci atletici che lo rendono più patetico. Ma il suo ragazzino (serio e saputello) imparerà ad amarlo proprio così com’è: un papà ingenuo e disarmante, forse più immaturo del suo bambino. E la scena in cui si salutano (il bimbo rincasa con la madre ricca e altezzosa) fischiandosi di rimando come due ragazzini complici, è decisamente tenera.
Caro Walter, con tutte le tue mitiche conquiste (dalla Bosé alla Ava Gardner), le tue avventure e la tua vita stramba, non riusciamo a non volerti bene e ti scriviamo volentieri questa letterina che ti recapitiamo coi sorrisi (amari e non) dei ragazzi che fummo con te. Ciao!
(Articolo di Luigi M. Bruno)
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