| Il tema dell’esordio in letteratura, o in campo artistico, è un tema che nell’ambito della letteratura stessa ha finito ormai col costituire una sorta di genere a sé stante - e, dal momento che le problematiche affrontate in simili pagine sono grosso modo analoghe, stiamo parlando a tutti gli effetti di un vero e proprio genere. Al contempo, dobbiamo purtroppo riconoscere con altrettanta lucidità che tale genere, per sua natura, tenda fatalmente a svilirsi: il discorso comincia con l’eroica epopea animata dalle vivaci scritture di autori quali Charles Bukowski e John Fante, fino ad arrivare alla scanzonata autoreferenzialità dei primi romanzi di Paolo Nori, o alla struggente poetica degli esordi come esperienze di pura vita descritti da Antonio Moresco.
Insomma, per farla breve, dal canto nostro potremmo soddisfatti dire basta, grazie a tutti, voltiamo pagina e passiamo oltre. Se non che, di tanto in tanto, qualche nuova voce si aggiunge al coro e, mossi i primi, timidi passettini, a sua volta si slancia in un «a solo». Tentare però di rivitalizzare una vena prosciugata è un’impresa per pochi, impavidi e forse folli guerrieri. Uno di questi è senz’altro il catanese Angelo Orlando Meloni, che - guarda caso - esordisce col romanzo «Io non ci volevo venire qui» (Del Vecchio Ed, pp. 120, € 14), sottotitolo: «Breve manuale di autodistruzione per il conseguimento della felicità».
Definirlo «manuale» può tuttavia suonare equivocabile, benché la suddivisione in capitoli, per non parlare poi delle svariate intitolazioni e del divertente modo d’intervallare determinate fasi della narrazione con dei test che in una certa misura fanno il punto sull’accaduto e anticipano in parte ciò che accadrà, appartengano in termini stilistici e di linguaggio molto più alla manualistica che alla narrativa. Ciò nonostante, «Io non ci volevo venire qui» rimane di fatto un romanzo, e di formazione, il cui particolare pregio sta nella capacità, da parte dell’autore, di plasmare la frase allo scopo di ottenerne l’effetto comico. Se da una parte è quindi giusto sottolineare quanto sia difficile far sorridere la gente con un libro, dall’altra è anche vero che le vicissitudini del protagonista, desideroso d’inseguire a tutti i costi un qualche tipo di ambizione artistica, di comico possiedono ben poco - e Meloni, infatti, si dimostra tanto più geniale nel porgere al lettore le sue frasi giocose, quanto più drammatico è il loro contenuto. Questo libro, giunto per altro alla seconda edizione, è un libro che parla agli artisti «veri», a coloro che accettano di esperire quei «riti di passaggio» che ogni vero artista conosce assai bene. Chi di voi, signori artisti, non ha mai assistito gioco forza alla proiezione privata di alcuni, perdibili capolavori di un sedicente regista, immanicato da far paura, figlio di papà e colossale fannullone? Chi di voi, signori artisti, non ha mai partecipato a improbabili prove teatrali, posizionandosi volente o nolente al fondo di una scaletta di priorità, scaletta che col palpito artistico non c’entra niente e assomiglia piuttosto a un multi-level marketing?
Si apprezzano parecchie mani alzate. Il club, a quanto pare, è molto frequentato.
Un piccolo consiglio, artisti o non artisti: evitate di leggere questo romanzo in luoghi pubblici, o fatelo solo previa stipula di un contratto pubblicitario col sig. Meloni. Vedere qualcuno in giro sbellicarsi dalle risate con un libro aperto in mano, è sempre la recensione migliore che di quel libro si possa fare.
(Articolo di Gianluca Mercadante, pubblicato su Orizzonti n. 41)
La rivista si trova qui: http://www.rivistaorizzonti.net/puntivendita.htm
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