| Il silenzio dell’Ottocento. Ne scriveva, da giovane, Vitaliano Brancati. Nella nostra giovinezza, diceva, risuonava ancora quel silenzio: fatto di gesti calmi, di agio e di lentezza, di buone maniere e buoni sentimenti.
Credo che quel silenzio abbia prolungato la sua eco fino a coloro che, come me e come l’autrice di questo romanzo familiare, abbia avuto in dono un’infanzia che precedesse il rumoroso spartiacque degli anni Sessanta del Novecento, cioè quella ventata indubbiamente modernizzatrice ma tristemente omologatrice che ha cancellato il passato, i suoi miti e i suoi riti, le sue confortevoli abitudini, le sue rassicuranti certezze.
Di cos’era fatto il “mondo di ieri”, sapientemente rievocato da Floriana Sastri nella prima metà della sua saga «I Lanciotti-Chiarenza» (Aletti editore, duecento pagine per 14 euro), che affonda per l’appunto le sue radici (e dei suoi zoliani «Rougon-Macquart» raddolciti da un De Amicis e affettuosamente canzonati da un Gozzano) nelle penombre dell’Ottocento? Era fatto di intimità e screzi domestici in case padronali schermate da spessi tendaggi e senso del decoro e del pudore, era fatto di festose villeggiature nei tempi morti e tra le maschere strapaesane di quieti paesi collinari, e infine dalla civile consuetudine alla conversazione (le “visite”, il vicinato, le ramificazioni della parentela) e alla scrittura epistolare.
Di quest’ultima la Sastri fa tesoro nel suo romanzo che si avvale di una pluralità di registri e di stili, nonché di spericolate altalene fra prima e terza persona che autoironizzano la materia e innovano assieme ad altri espedienti il tradizionale impianto della narrazione familiare e autobiografica. Tanto più che, nella seconda parte del romanzo, in quelle atmosfere sature di cipria e di merletti, di verzure e di gorgheggi, irrompe con tutta la sua sfrontata irrequietudine quell’io autobiografico, e saranno le porte sbattute in faccia e le scontrose avventure d’una ragazzetta cresciuta negli anni dei Beatles e del Vietnam a scompaginare quel mondo tranquillo ma asfittico, sarà la disobbedienza d’un indomito spiritello a incrinare quell’assetto e quei valori medio-piccolo-borghesi che per più d’un secolo hanno fatto, nel bene e nel male, la storia d’Italia.
(Antonio Di Grado)
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