| La recensione è pubblicata sul blog del Preside, nel sito del Liceo Aristofane
http://claudiosalone.liceoaristofane.it
Nella sua raccolta di poesie sulla scuola, il nostro Giuseppe Cappello, da quest’anno insegnante di storia e filosofia all’Aristofane, fa quello che deve fare un poeta: cogliere l’essenza delle cose, abbattere i muri costruiti dalle abitudini, guidarci nell’esplorare l’esotico che si cela nell’apparente banalità del quotidiano.
Qui il quotidiano è la scuola, che Giuseppe Cappello legge come pratica di relazioni umane alla scoperta del pensiero, in un luogo che si fa “scholè”, “altro” rispetto allo scorrere della vita, ma che, proprio per questo, diventa essenza della vita stessa.
Molto suggestivo e potente l’incipit della prima poesia della raccolta, “La danza dei cristalli”:
Dimora nella classe il dio
Lì dove fende l’aria il fascio della luce del mattino
Fra i banchi e la cattedra
Qui l’incontro con l’assoluto si mescola con umili oggetti (i banchi e la cattedra) e si sostanzia dell’umanità dei giovani scolari che “danzano” in un’atmosfera dai tratti irreali, ma concreta nel far scoccare la
Scintilla di una lunga convivenza in cui nasce la letizia
Nutrimento delle anime con il sapore dell’eterno
Il rapporto tra senso e azione, tra gesto e pensiero si sviluppa in tutta la raccolta, con un linguaggio raffinato e dimesso insieme, in cui l’alto e il basso si incontrano e si fondono in momenti di grande suggestione e di “letizia”, che tutto riscatta, le fatiche, i distacchi, gli attriti con un universo urbano rumoroso e ferroso. Esemplare in questo senso “Il pendolo del dio”, che descrive una giornata del professore, il cui orizzonte non cede mai al crepuscolo (stanco ritorno, ma pago) e che si chiude a cerchio attorno ai due amori, la scuola e la piccola figlioletta.
La lingua di questi versi non è impervia, oscura, vaticinante, come spesso si immagina debba essere quella dei poeti, ma neppure attinge il grado zero della lirica morettiana. E’ invece una felicissima sintesi tra paradigmi “colti” e semplici parole di uso comune che, incontrandosi, trovano reciprocamente il proprio significato:
La Fenice di Minerva
Lemma su lemma si scioglie la lezione
Un sudore filosofico sulla mia pelle
Nell’iride dei ragazzi lo specchio della secrezione
Intorno alla parola un entusiasmo dermoeidetico
Celeste corrispondenza sulle ceneri delle menti
Fra i cipressi che da Mileto vanno a Tubinga
Sul far del giorno si leva la Fenice di Minerva
Un “libretto” questo di cui essere grati al Professore Giuseppe Cappello e che spero molti altri leggano e assaporino. In tempi tanto calamitosi per la scuola e per la cultura, vittime entrambe di cinismo e di mortale mediocrità, ogni voce che si levi, limpida, a rammentarci la gioia e il “divino” valore del nostro esserci ogni giorno, nelle classi e nella vita dei nostri studenti, rappresenta un’autentica boccata di ossigeno.
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