Home Page  
Progetto Editoriale  
Poesia  
Narrativa  
Cerca  
Enciclopedia Autori  
Notizie  
Opere pubblicate: 19994

-



VII PREMIO LETTERARIO INTERNAZIONALE AL FEMMINILE

MARIA CUMANI QUASIMODO

SCADENZA
28 APRILE 2023

 

 



 

 

 

Il libro più amato da chi scrive poesie,
una bussola per un cammino più consapevole.
Riceverai una copia autografata del Maestro Aletti
Con una sua riflessione.

Tutti quelli che scrivono
dovrebbero averne una copia sulla scrivania.

Un vademecum sulle buone pratiche della Scrittura.

Un successo straordinario,
tre ristampe nelle prime due settimane dall'uscita.


Il libro è stato già al terzo posto nella classifica di
Amazon
e al secondo posto nella classifica di Ibs

Se non hai Amazon o Ibs scrivi ad:

amministrazione@alettieditore.it

indicando nell'oggetto
"ordine libro da una feritoia osservo parole"

Riceverai tutte le istruzioni per averlo direttamente a casa.



Clicca qui per ordinarlo su Amazon

oppure

Clicca qui per ordinarlo su Ibs

****

TUTTO QUELLO CHE HAI SEMPRE VOLUTO
PER I TUOI TESTI

vai a vedere quello che ha da dirti Alessandro Quasimodo
clicca sull'immagine

Le opere più interessanti riceveranno una proposta di edizione per l’inserimento nella prestigiosa Collana I DIAMANTI
Servizi prestigiosi che solo la Aletti può garantire, la casa editrice indipendente più innovativa e dinamica del panorama culturale ed editoriale italiano


 
Info sull'Opera
Autrice:
Rivista Orizzonti
Tipo:
Poesia
 
Notizie Presenti:
 -

Intervista a SERGIO CAMMARIERE

di Rivista Orizzonti

«L’unione tra poesia, letteratura e musica è fondamentale, è uno sconfinamento continuo, si va sempre oltre. C’è Pessoa, c’è Svevo… Io ero amico di Sergio Endrigo. Ci sentivamo spesso al telefono. Lui è stato uno dei fautori dell’incontro con la grande poesia. C’è un incontro bellissimo tra Vinicius de Moraes, Ungaretti, Toquinho e Sergio Endrigo. Endrigo ha cantato anche Quasimodo e "Il soldato di Napoleone" di Pasolini. Quella è la vera poesia che incontra la musica e viceversa. Sono gli archetipi un po’ della nostra canzone d’autore».


***

Non ho incontrato solo un pianista, ma un esteta, un camaleonte, un amante di ogni forma di raffinatezza artistica che possa essere concepita, un’anima spaziosa e pronta a catturare i colori e i suoni di ogni suo viaggio, uno spirito ben disposto al confronto e al cambiamento, ma difficile da immortalare in una sola intervista… Lui è Sergio Cammariere.

G. Nicosia - Il tuo ultimo lavoro si chiama “Sergio Cammariere”. Possiamo definirlo un punto di arrivo o di cambiamento?

Cammariere - Ogni volta che nasce un nuovo disco è un punto di partenza. È una ripartenza verso un futuro…

G. Nicosia – Un cambiamento perché questo album è un concentrato di tutto te stesso, così come hai detto il giorno dello showcase…

Cammariere - Sì, è un compendio, la sintesi di tutte le mie anime musicali. C’è dentro la musica che ho suonato, amato, conosciuto e soprattutto ascoltato. C’è dentro la mia esistenza. In fondo io vivo di musica.

G. Nicosia - Ti proclami più un pianista che un cantautore e interprete. Infatti in “Sinestesie”, il tredicesimo brano del tuo nuovo lavoro scaricabile solo da I-TUNES, ritieni di avere espresso chi veramente sei, un pianista. In futuro suonerai solo brani?

Cammariere - Mi sono già espresso con colonne sonore. Ad esempio ho musicato con Fabrizio Bosso “Le cronache vagabonde” che sono brani per piano e tromba, 60 minuti di musica e comiche di Chaplin del ’15 oppure la colonna sonora di “Tiberio Mitri, il Campione e la Miss” e altre canzoni. Mi è capitato di incontrare la grande scrittrice Dacia Maraini con la quale ho scritto 10 brani per Mariangela D’abbraccio che è in scena in questi giorni al Piccolo Eliseo di Roma con “Teresa la ladra”. Insomma si fanno tante cose in musica oltre alle canzoni del mio disco.

G. Nicosia – “Controluce”, considerato uno dei brani più significativi dell’album, prende davvero l’anima. Non è forse una sospensione perfetta, un angolo d’ombra intatta prima che la luce inondi, si ripeta e il clamore bugiardo del mondo suoni il refrain?

Cammariere - Controluce nasce da un mio concerto che ho tenuto qualche anno fa a Bologna. Iniziai il brano suonando questa intro. Sai, io invento la musica quando faccio i concerti e da quell’idea, da quel rif melodico/armonico e dall’incontro con il filosofo Giulio Casale è nata questa canzone. Io ho incontrato Giulio quando era in scena con “Canzone di Nanda”, questo spettacolo dedicato a Fernanda Pivano e alla beat generation. Quel pomeriggio, a casa mia, lui mi disse: “Secondo me, la tua musica, tu.. sei un po’ in controluce, ti vedo in silhouette.” Allora io gli ho detto:” Guarda, io ho questa melodia, usiamo queste parole per fare una canzone.” Dopo due giorni su skype mi è arrivato il testo finito.

G. Nicosia – È proprio vero che una canzone può avere mille interpretazioni. Io, ad esempio, avevo pensato più a un rifugio d’amore…

Cammariere - Certamente. C’è un grande sentimento in questa musica, una grande passione. Io ci vedo il colore rosso. Inoltre il brano è molto vicino alla mia natura e mi ricorda la mia adolescenza. Quando ero ragazzo ascoltavo gruppi italiani come la PFM, il Banco del Mutuo Soccorso che suonavano la progressive music. Mi viene in mente anche Robert Wyatt e il suo album storico Rock Bottom, o Brian Eno. Oltre al jazz e alla bossa nova c’è un brano con questi colori.

G. Nicosia – Da dove arriva e dove arriverà la tua musica? Credi che ci sia un percorso?

Cammariere - Sì, normalmente le composizioni, le griglie armoniche mi arrivano di notte quando sogno. Di notte, a volte, ho la fortuna di svegliarmi e avere una musica in testa che registro subito. Oggi, grazie alla nuova tecnologia basta accendere l’iPhone… Ed è così che ho fissato alcuni brani come è successo per “Transamericana”, il brano cubano dell’album. In altre circostanze si parte da un componimento
metrico com’è accaduto nel brano “Il Principe Amleto” di Sergio Secondiano Sacchi, dedicato a al poeta e cantautore Vladimir Vysotsky. Sono proprio quelle parole shakespeariane che in qualche modo mi hanno ispirato. In altri casi ci sono opere nel cassetto tenute 15-20 anni, un po’ come delle fidanzate, lo diceva anche De Andrè, e ancora non si ha il coraggio di pubblicarle perché magari non è venuto il momento giusto o la parola giusta, anche se comunque sono compiute. Ne ho da parte davvero tantissime. Quello è il mio grande bagaglio. In fondo ho iniziato a scrivere canzoni nel 1981. La mia prima canzone aveva un testo in inglese e si chiamava “Fire girl” ed era dedicata a una mia fidanzata, una ballerina australiana. Volevo dedicarle queste note (Sergio canta a cappella due splendidi versetti di quel pezzo che meritano di essere ascoltati nel video che gli ho fatto). Tra l’altro aveva questi baci di sole sulla sua pelle e questi capelli ramati, rossi perché aveva origini irlandesi. La mia prima canzone che ho scritto è stata per lei.

G. Nicosia – In “Notturno Swing” a un certo punto dici: “Mi sento protetto nel mezzo dello stivale/e se il paese si spacca sicuro nel mare cadrò” (Sergio pronuncia insieme a me quelle parole). Nei momenti difficili hai mai pensato di lasciare per sempre la tua terra?

Cammariere - L’ho lasciata da un pezzo (in realtà mi dice “da mò”, in onore al Sud) la mia terra!

G. Nicosia – Intendevo lasciarla radicalmente…

Cammariere - Allora, ( Sergio si ferma un attimo e prende fiato) prima del Premio Tenco, parliamo del 1997 quando ero ancora uno sconosciuto che suonava qualche colonna sonora, sebbene avessi pubblicato un primo album con Roberto Kunstler nel 1993 “I ricordi e le persone”, mi era venuta voglia di tornare in Brasile dove mi sono sempre trovato bene. Alla fine degli anni ’80 mi sono fermato a Rio de Janeiro per un lungo periodo.. Infatti nella mia musica ci sono i miei viaggi, le mie esperienze, le suggestioni di paesaggi anche remoti che non ho mai visto, ma che sono entrati nei miei sogni.

G. Nicosia – Perché sei ritornato allora?

Cammariere - Io sono già un apolide di natura, sono un ragazzo di strada. Sono nato a Crotone, ma a 18 anni mi sono trasferito a Firenze per fare l’università che non ho concluso perché suonavo, suonavo e suonavo… Ho cercato di creare la mia indipendenza facendo un lavoro, un mestiere. Pensa che proprio a Milano sono diventato un professionista di questo mestiere. Suonavo all’Hotel Palace e avevo 20 anni. Pensavano di mettermi in regola e di aprirmi una posizione all’Enpals con una qualifica da “pianista”.

G. Nicosia – Per fortuna non è andata così… Ora non staremmo qui a parlare del tuo ultimo album… ;-)

Cammariere - Ora sono cantautore, pianista, compositore e magari chiaroveggente (Sergio sorride e si ferma)…

G. Nicosia – “Tu che come me cambiavi il mondo con le parole” canti in “Notturno Swing”. Si può davvero cambiare il mondo con le parole? Qualcuno c’è mai riuscito secondo te?

Cammariere - Sì, quando le parole pesano… (Sergio ha gli occhi improvvisamente lucidi). Sai, la filosofia è molto vicina a noi musicisti perché, secondo me, proprio nella grammatica della musica c’è un rapporto diretto con Nietzsche, Kant, Schopenhauer e quindi con i concetti filosofici. Basta pensare ai greci, come Socrate e Aristotele. Loro erano comunque dei musicisti, avevano l’orecchio e distinguevano l’altezza delle note! Io ho avuto già un dono divino alla mia nascita, che è quello di riconoscere le note, la loro altezza e avere un orecchio assoluto che mi apre sempre verso nuovi
orizzonti…

G. Nicosia – Chissà…

Cammariere - Chissà.. Può accadere di tutto, veramente… Però già il pianoforte.. (Sergio allarga le braccia come se volesse aprirsi a un gesto assoluto, a qualcosa di indefinibile). Pensa a quelle sonate di Scarlatti, Beethoven, a “I Preludi” di Debussy o al “Secondo tempo del Concerto per piano e orchestra” di Ravel, quel valzer meraviglioso in mi maggiore che ci porta in un altrove, dove ci sono quelle dissonanze.. entrano poi il flauto, l’oboe e l’orchestra che ti trasportano in quel mondo di sogno e fantasia che esprimono certamente gli inizi del ‘900, ma anche un futuro che arriva fino al 3000…

G. Nicosia – Ti affascina più il sogno o la realtà?

Cammariere – Diciamo che la realtà è un sogno visto da uno specchio… è un sogno contrapposto, giustapposto… Aspetta, un attimo. Cerco di essere meno criptico… È una bellissima domanda, la tua. Spesso si cerca il mondo del sogno per rifugiarsi, per trovare quella serenità e quella pace che forse nella realtà a volte non si riscontrano. E quindi, devo dire che preferisco il sogno alla realtà, sì, certamente il sogno…

G. Nicosia – A volte si riesce a fare entrare il sogno nella realtà..

Cammariere - Certo, quando ti trovi in riva al mare, non c’è tanto vento e l’acqua è tiepida (sorride) e il sole è tramontato da poco. La situazione è congeniale.

G. Nicosia – Sicuramente quando suoni vivi una dimensione simile…

Cammariere - Sì, ci sono correnti marine! Accade di tutto! Sì, è vero.. È un oceano onirico in cui mi immergo e ci sento tutta la musica del mondo!!!

G. Nicosia - “Sempre se il destino lo vorrà” canti nel pezzo “La mia felicità”. Credi al Signor Destino?

Cammariere - Sì, il Destino è presente, ma è inutile giocare… Io ho superato i 40 anni da un po’ di tempo. C’è, come diceva Dante, la via del ritorno. A un certo punto inizia un percorso diverso, facciamo i conti con questa cosa che prima o poi ci tocca… Siamo esseri di passaggio, no? Quindi più ho una fede, più sono vicino al Signore in qualche modo e più stempero quelle ansie, quelle tensioni che la vita ti mette davanti al tuo percorso.

G. Nicosia – Il video ufficiale del singolo “Ogni cosa di me” firmato dal regista Jan Michelini ha un sapore onirico e quasi sembra di essere in un quadro surreale di René Magritte. Il protagonista va alla ricerca della sua donna amata, interpretata dall’attrice Carolina Crescentini e la canzone inizia con queste parole: “Cos’è la vita di un uomo/se non la può condividere”. Quanto è importante per te avere una persona accanto con cui condividere?

Cammariere – È importante che ti stiano accanto le persone buone, quelle giuste che seguono il tuo successo, la tua vita e anche il quotidiano. È fondamentale. Normalmente per un uomo è una donna e per una donna viceversa.

G. Nicosia - Riesci a conciliare queste persone con la tua vita e con i tuoi impegni?

Cammariere - Sì, sono rapporti sempre particolari soprattutto per noi artisti.. Io, poi, sono un notturno e nella mia vita tutto è spostato.. Vivo di notte perché trovo quel silenzio che di giorno non c’è. Dormo di giorno. Mi sveglio alle 11.00 o a mezzogiorno e per chi ti sta accanto non è facile essere vicino a una persona come me.

G. Nicosia - Quindi ci vuole una persona che abbia queste capacità e l’hai trovata…

Cammariere - Ci sono delle figure.. ma che domanda è??? È una domanda rosa!

G. Nicosia - Silenzio… Ops!

Cammariere - Sì, è una donna, ma non scendiamo nei particolari… È una donna, come capita a tutte le persone normali… A volte non è una donna, magari è un amico.

G. Nicosia – “Essaouira” la definisci la tua canzone acquatica. I suoi lievi tocchi di percussioni richiamano l’oceano. Com’è nato questo brano, il secondo strumentale del tuo album?

Cammariere - Il brano è nato dai miei viaggi. Sono stato un po’ di volte a Essaouira che definirei un mix tra Occidente e Africa, un posto speciale per la musica che si ascolta in quel luogo, detta musica gnawa che viene dai nomadi del deserto, dai Tuareg. Penso anche a tutti i grandi artisti che hanno frequentato questo posto, Jimi Hendrix aveva casa lì per esempio, John Lennon, Cat Stevens, sono stati tantissimi
i musicisti, anche il regista Orson Welles ha scelto quella città per girare molte riprese del suo Otello. Sai, mi piace molto fare le riprese video e con la mia telecamerina sono andato a catturare dei momenti. In particolare sono affascinato dai gabbiani che volano per Essaouira, sono stupendi, una cosa unica perché ti fanno compagnia mentre tu passeggi per i vicoli della città e poi vedi i cammelli sulla spiaggia, le donne con i veli e ascolti questa preghiera che è quasi una cantilena. Si entra in un’atmosfera davvero particolare. Per questo ho voluto dedicare uno dei due miei brani strumentali a questo posto che mi è rimasto proprio dentro.

G. Nicosia – La tua terra di origine è stata la Calabria che è stata la culla di natura e armonia, come tu dici, o meglio la valle pitagorica, l’armonia delle sfere.. Nel tuo nuovo album racconti la terra degli altri con evocazioni e atmosfere, come in “Thomas” (la Norvegia), “Transamericana” (Cuba), “Essaouira” (Marocco), “Il Principe Amleto” (le terre dell’Est). Raccontami ancora di uno di questi viaggi, di come
sei arrivato a questi brani e a questi testi…

Cammariere - Con “Il Principe Amleto” siamo in territorio principalmente russo perché la canzone è dedicata a Vladimir Vysotsky, grande intellettuale, poeta, cantautore, attore, una grande forza della natura! Lui è stato disconosciuto dalle autorità sovietiche e censurato, ma una delle sue poesie ha ispirato il mio amico Sergio Secondiano Sacchi, già cofondatore del Premio Tenco, a inventare un brano dedicato al rapporto che aveva Vysotsky con l’Amleto. Il brano è shakespeariano così come Vysotsky è beffardo, irrequieto e fuori da tutti gli schemi.

G. Nicosia – C’è chi dice che l’unione tra musica e poesia sia una tradizione assolutamente esclusiva della canzone francese. Tu cosa ne pensi?

Cammariere - Assolutamente no! Bob Dylan, ad esempio, è stato il più bravo di tutti, se dobbiamo parlare di poesia. Jacques Brel non era certamente francesce, ma fiammingo, belga. Certo, c’è una scuola di chansons che da Charles Trenet ci porta a Brassens, Léo Ferré, Gainsbourg. Sì, ma anche noi abbiamo una grande scuola, la più alta di tutte, con la lingua più difficile di tutte, l’italiano, una lingua che non ha le tronche. Abbiamo avuto Fabrizio De André, il più grande poeta del 900.

G. Nicosia – Sembra che “C’era una favola” richiami certe atmosfere di Georges Brassens e sia quasi un omaggio musicale a De André, anche lui favorevolmente impressionato se non proprio influenzato dallo spirito libertario del cantautore di Sète…

Cammariere - Sì, è già accaduto in altre occasioni di omaggiare la chanson un po’ madrigalista, un po’ medievale, se vuoi alla De André, alla Brassens, certo… Io poi ho amato profondamente Angelo Branduardi. Pensa a “Le confessioni di un malandrino”, per esempio, una delle canzoni più belle della storia italiana, tratta dalla traduzione della poesia russa “Confessioni di un teppista” di Sergej Aleksandrovic Esenin.

G. Nicosia - Quanto è importante per te il connubio tra poesia, letteratura e musica?

Cammariere - L’unione tra poesia, letteratura e musica è fondamentale, è uno sconfinamento continuo, si va sempre oltre. C’è Pessoa, c’è Svevo… Io ero amico di Sergio Endrigo. Ci sentivamo spesso al telefono. Lui è stato uno dei fautori dell’incontro con la grande poesia. C’è un incontro bellissimo tra Vinicius de Moraes, Ungaretti, Toquinho e Sergio Endrigo. Endrigo ha cantato anche Quasimodo e "Il soldato di Napoleone" di Pasolini. Quella è la vera poesia che incontra la musica e viceversa. Sono gli archetipi un po’ della nostra canzone d’autore.

G. Nicosia – La musica di oggi forse non guarda tanto alla poesia.. Avveniva più nel passato o mi sbaglio?

Cammariere - Le cose buone bisogna andarsele a cercare. La musica è un’esperienza personale, la si ascolta da soli. Certo, questo vale anche per la musica corale, quella sacra. Senti proprio il divino che passa durante tutti quei riti.. Rimane comunque sempre un’esperienza individuale. Credo che alla vera musica siano posti gli interrogativi dell’umanità…

G. Nicosia – Torniamo un attimo indietro. Hai suonato con Olen Cesari e Lucio Dalla in “Anema e Core”. In poche parole come descriveresti Lucio Dalla? Se ti chiedo troppo, allora raccontami com’è nata questa canzone…

Cammariere - Infatti, se ora apriamo il capitolo Lucio la cassetta non basterà! Non so se la tua videocamera e i tuoi registratori sono digitali… Comunque ti rispondo volentieri. “Anema e core” è nata così… Olen Cesari, che è stato figlioccio di Dalla, doveva realizzare il suo album che si intitola “Unexpected”, dedicato a tutte le nazioni del mondo, quindi all’Australia, alla Turchia, alla Russia e anche all’Italia. Venne a casa mia chiedendomi di suonare un brano italiano e così suonai “Anema e Core” senza metronomo, senza nessun click, il pianoforte era completamente libero. Poi abbiamo coinvolto Lucio. Olen è venuto a Bologna. A Lucio è piaciuto molto. Io e Lucio già ci conoscevamo dagli anni ’90 perché avevamo suonato insieme in alcune session. Lui è stato generosissimo perché ha voluto cantare quella canzone ed ecco perché oggi abbiamo questa versione di “Anema e Core” e cioè pianoforte, violino e la magnifica voce di Lucio Dalla.

G. Nicosia – L’innocente meraviglia dello scugnizzo che ruba la rosa bianca nel video ufficiale della stessa canzone, regia sempre di Jan Michelin, a cosa ti fa pensare?

Cammariere - Sì, infatti Jan è sempre lo stesso regista del mio video con la Crescentini. Ritorna il tema della rosa, anche perché è un omaggio “chapliniano”. Ci sono tante citazioni nel video e sono un’idea di Jan che è stato aiuto regista di Mel Gibson, di Pupi Avati… È un ragazzo che sta facendo esperienza, credo con ottimi risultati.

G. Nicosia – È un caso che la stessa rosa bianca sia quella che hai in mano tu nel video “Ogni cosa di me”?

Cammariere - No. Io e Jan abbiamo una cosa in comune, una fede, siamo molto credenti. Infatti nel video “Anema e Core” il bambino porta la rosa alla Madonnina che sta lì, nel porto. Quando ci siamo incontrati lui mi ha proprio portato un’immagine di Maria che una sua amica aveva restaurato. Abbiamo fatto uno scambio di immaginette un po’ come si fa con le figurine quando si è bambini. Io a casa ho una Madonna di Capocolonna realizzata da un pittore che ha sempre dipinto, negli anni, questa stessa Madonna, una Madonna nera che protegge quella parte di Mare Ionio dove sono nato.

G. Nicosia – Negli anni intercorsi tra l’album “Carovane” e quest’ultimo hai inciso “Comiche vagabonde”. Ne avevi fatto cenno prima…..

Cammariere - Sì, sono dei film inediti di Chaplin del ’15 (Charlot Vagabondo, Charlot a teatro e Charlot alla spiaggia) che abbiamo completamente rimusicato. C’era già la musica nei film, ma erano le orchestrine del ‘900. Noi invece abbiamo pensato a una musica che per quanto avesse ancora riferimenti a quel mondo chapliniano, di Erike Satie se vuoi, potesse avere anche dei rimandi al jazz e al blues. Nella musica ci sono anche dei momenti quasi new age. Charlie Chaplin è stato il più grande attore di tutti i tempi. Per me è stato un onore!

G. Nicosia - Lo stesso Chaplin, autore anche della meravigliosa canzone “Smile”, ci ha lasciato qualche suo scritto. In uno di questi suoi testi afferma che si può perdere con classe e si può vincere osando, perché il mondo appartiene a chi osa. Tu hai mai osato?

Cammariere - Io ricordo un’altra frase di Chaplin che mi è rimasta nel cuore e dice: “Un giorno senza sorriso è un giorno perso”… Ho risposto a una domanda con un’altra domanda. Dove eravamo?

G. Nicosia – Andiamo avanti, fa nulla! Rimaniamo fermi sulla splendida immagine del sorriso e parliamo ancora di sentimenti. “L’amore non si spiega” canti in una tua canzone dall’omonimo titolo. Una melodia che ti fa pensare subito all’amore?

Cammariere - “Mi sono innamorato di te” di Luigi Tenco. Più diretto di così! “Mi sono innamorato di te/ perché/ non avevo niente da fare/ il giorno/ volevo qualcuno da incontrare/ la notte/ volevo qualcuno da sognare…//”. Tenco è stato inventore di melodie molto jazz. Infatti lui era fondamentalmente un sassofonista, avevo questo istinto… come Lucio. Lucio Dalla era un clarinettista straordinario che a volte ricordava Louis Armstrong per quel quel tipo di scat, quel fraseggio…

G. Nicosia – In un’intervista hai affermato che il suono è per te “l’espressione della cosa in sé”. Una sorta di archetipo quindi? Jung direbbe anche idea innata…

Cammariere - Il suono è una cosa in sé se abbracciamo la filosofia di Shopenhauer , per esempio, che diceva che la musica non aveva bisogno di rappresentazione, al contrario delle altre arti.. Ci siamo persi di nuovo! Qual era la domanda?

G. Nicosia – Parlavamo del suono come di un’idea innata, di un archetipo, di un’immagine originaria…

Cammariere - Non parliamo solo delle note, ma anche del suono della natura, del cielo, del mare, del vento.. Quelle sono le fonti ispiratrici per un compositore..

G. Nicosia – Affermi che grandi come Gassman, Albertazzi, Salerno ti hanno insegnato cos’è il palcoscenico, il teatro.

Cammariere - Sì, quando vivevo a Firenze suonavo in un posto e, per dei casi fortuiti, passarono degli attori che erano in compagnia e che recitavano con Tino Buazzelli al Teatro della Pergola. Li andai a vedere quando erano in scena e poi ricevetti in dono l’abbonamento per vedere tutti gli spettacoli. E così ho conosciuto questi grandissimi attori, come Gassman, Salerno, Albertazzi, nel pieno della loro attività.Era il 1980!

G. Nicosia - Quanto può contribuire ed essere importante il teatro per la tua musica?

Cammariere - Noi suoniamo nel teatro perché è il luogo più giusto per antonomasia. La platea, il silenzio, la giusta assemblea contribuiscono al buon ascolto della musica. Il teatro rimane sacro dai tempi di Ibsen fino a Pirandello, a Edoardo De Filippo…

G. Nicosia – Se partissi dalla considerazione che l’istinto ha un carattere divino, naturale e inspiegabile potresti credere veritiero e possibile che il genio possa essere figlio del più puro istinto che ognuno di noi ha dentro? Se fosse così vuol dire che sono pochi quelli che veramente si ascoltano?

Cammariere - È una domanda veramente complicata. Io parlo per la mia esperienza personale. Per me sono fondamentali l’interiorità e il bisogno di trascendenza e quindi lasciare il certo per l’incerto, entrare in posti nuovi. L’esperienza è questa: più ti abbandoni e lasci le certezze in cui sei radicato e più cresci,diventi grande… Si può parlare di musicalità e di tutto ciò che ne deriva. Si può arrivare fino alla genialità, perché no!

G. Nicosia – Abbandonarsi vuol dire quindi avvicinarsi a se stessi?

Cammariere - Per avvicinarsi a se stessi lo si può fare anche con la preghiera. Sai, molto di noi fanno delle preghiere inconsce senza saperlo. Ci sono dei riti ordinativi, come delle tensioni necessarie.. Io, ad esempio, mi vedo in un viale alberato e non vado dietro un albero, ma passo per il centro andando dritto per la mia strada perché mi sento più sicuro… Non so se hai capito questo concetto ordinativo. Quando noi camminiamo per strada cerchiamo di essere ordinati. Questo è una specie di rito. Inconsciamente è una preghiera!

G. Nicosia – Un artista può essere destinato a un’involuzione piuttosto che a una più concepibile evoluzione. Perché? L’arte può arrivare a te e poi svanire?

Cammariere - No. Se un artista è un artista puro, che vive della sua arte, non può che raggiungere i suoi apici e arrivare sempre di più verso la luce. Non c’è finzione. Alla fine è la vita stessa che si mette in gioco.

G. Nicosia – Io avevo letto da qualche parte che tu avevi fatto un confronto tra Mozart e Beethoven e dicevi che Mozart, per te, è ripetitivo e regressivo rispetto a Beethoven…

Cammariere - In Beethoven c’è genio. Lo senti che c’è questa presenza… Pensa alla Nona Sinfonia. Io mi ricordo che da bambino ascoltavo una bellissima versione di Waldo de los Rios ed era la Sinfonia 40,l’Allegro della Sinfonia 40 che era diventato pop! La musica di Mozart è stupenda. Ci sono bellissime sonate per pianoforte e orchestra. Io però non ho mai amato i melodrammi e la musica operistica. Preferisco la musica da camera che ha scritto, oppure il Requiem al Don Giovanni di Mozart. Se devo emozionarmi ritorno a Ludwig. L’altra sera, alla Feltrinelli, ho suonato Il Chiaro di Luna, è una suonata che ho nel cuore. Così come lo sono l’Appassionata e La Patetica. Sono delle sonate per pianoforte che se le consci da bambino ti entrano dentro. Ci trovi tutta la musica dei tempi a venire.

G. Nicosia – A proposito di Beethoven.. ti sei proclamato, in qualche intervista, un fervente e appassionato beethovaniano, in particolare della Quinta e Nona Sinfonia. Cosa ne pensi de Il Fregio di Beethoven di Gustav Klimt, ispirato proprio alla Nona Sinfonia di Beethoven, nata a sua volta da un’iniziale intenzione di mettere in musica il poema “An die Freude” (Inno alla gioia) di Schiller?

Cammariere - Mi piace questo parallelo. L’Inno alla gioia è davvero qualcosa di poderoso e di potente. Tu immagina quando fu presentato per la prima volta. Questi grandi compositori avevano comunque dei committenti così come avveniva nel mondo della pittura. I grandi pittori dipingevano per chi glieli comprava i quadri. La stessa cosa valeva per le opere musicali. Beethoven mentre scriveva L’Inno alla gioia faceva anche i conti con la sua sordità. Ancora di più lui è stato un genio perché è riuscito a sentire le note senza ascoltarle, ma avendole solo sul pentagramma. Ascoltai Beethoven, per la prima volta, a 15 anni, grazie al cinema. Vidi “Arancia meccanica” di Stanley Kubrick e lì sentii “Guglielmo Tell” di Rossini e anche la Nona Sinfonia di Beethoven. C’era anche “La marcia della circostanza” di Sir Edward Elgar. Kubrick ha sempre usato musiche meravigliose per i suoi film. Se penso a “Odissea nello spazio” mi viene in mente “Così parlò Zarathustra” di Richard Strauss. Spesso la musica l’ho incontrata nel cinema. Ho incontrato Gustav Mahler e quel meraviglioso “Adagietto” della Quinta Sinfonia, che è una delle più belle pagine della storia della musica, nel film “Morte a Venezia” di Ludovico Visconti. Ho la passione per il cinema e per il teatro.

G. Nicosia – Il Fregio di Beethoven evidenzia, sotto forma di metafora, la contrapposizione tra bene e male e l’aspirazione al riscatto ideale attraverso l’arte. L’uomo, come il cavaliere dell’opera di Klimt, può riscattarsi davvero, secondo te, attraverso il suo viaggio? Raggiungerà la sua musa?

Cammariere - Credo proprio di sì. Forse io sono stato fortunato. La mia vita è stata un viaggio da quando sono nato. Ho tagliato i miei cordoni ombelicali molto presto per dedicarmi ai miei sogni. Volevo fare da grande il musicista e ci sono riuscito dopo una lunghissima gavetta. Il successo è arrivato dopo i 40 anni in Italia. Il viaggio è una sorta di riscatto per tutti. Io penso anche a quelle povere anime, a chi arriva dalla Libia o dalla Tunisia, a queste barche che cercano di giungere alla nostra isola, a Lampedusa. Io e Roberto Kunstler descriviamo questo nella canzone “Dalla pace del mare lontano”. Loro vedono da lontano un porto con tante luci, vedono la loro salvezza. Un viaggio che a volte non ha ritorno e finisce durante il viaggio stesso perché si annega. C’è sempre la speranza di una vita migliore. Quelle luci lontane sono la Madonna, Dio, Allah, la presenza del creatore.


(Articolo di Giusy Nicosia, pubblicato su Orizzonti n. 41)

Diventa nostro amico su facebook
www.facebook.com/rivistaorizzonti

Seguici su twitter
www.twitter.com/rorizzonti
Segnala questa opera ad un amico

Inserisci una nuova Notizia
Notizie Presenti