| C’è una correlazione tra il ritratto e l’idea dell’immortalità. Da sempre questa tecnica, infatti, richiama alla mente il voler fermare la vita, cogliendo le sembianze e le espressioni del soggetto rappresentato, in un determinato momento. Forse proprio per questo, ad essa si associa anche un non so che di macabro e, a questo proposito, mi tornano alla mente i recumbenti etruschi di Volterra, figure maschili sdraiate o messe in posa per una raffigurazione che sarebbe servita dopo la morte, o anche il celebre ritratto di Dorian Gray, del famoso libro di Oscar Wilde.
Il ritratto come riproduzione delle fattezze, dell’apparenza di un individuo durante la vita, è stato a lungo considerato uno dei generi più duraturi e di maggior successo dell’arte romana. Tuttora, i più, per esempio, non hanno difficoltà a riconoscere Giulio Cesare, tanto forte è la sua effige su monete, gemme preziose incise e busti. E, per la sua connotazione di realismo ed autenticità, la ritrattistica continua ad essere una tecnica moderna, adoperata da molti artisti ancora oggi.
Uno di questi è Albert Edwin Flury, insigne pittore ritrattista che opera tra Roma e Milano. Si presenta affermando che ama tutto ciò che è vita e che è luce. La frase che ricorda come suo motto è di Enrica Magnani Bosio: «L’arte è una delle cose belle della vita, una delle cose che la rendono degna di essere vissuta. È un sogno da svegli».
Albert Edwin Flury nasce negli anni 70 a Busto Arsizio (Varese), da madre Italiana e padre Svizzero/Inglese. Sin dalla più tenera età dimostra spiccate doti artistiche che lo portano ad acquisire, all’età di solo sei anni, uno speciale Attestato di Benemerenza rilasciato dal Presidente del Consiglio Regionale Sergio Martelli, in occasione del X Anniversario dello Statuto della Regione Lombardia.
L’amore per l’arte era già dunque in essere, quando Albert Edwin chiedeva alla madre (a soli quattro anni!) di entrare nelle chiese antiche per vedere quei capolavori di cui sono adorne. Sono, forse, proprio quelle opere ad aver lasciato una traccia indelebile nell’animo di Albert, la cui arte affonda inesorabilmente le radici nel passato. In particolar modo, la visita alla Reggia di Versailles all’età di otto anni ha influito in maniera determinante sulla scelta stilistica dell’artista, nelle cui opere si respira un’aria settecentesca.
Autodidatta da diversi anni con tecniche che spaziano dall’acquerello alla tempera, l’artista decide a quattordici anni d’iscriversi al liceo artistico di Busto Arsizio, cui seguiranno i corsi d’indirizzo architettonico presso il Politecnico di Milano, attraverso i quali approfondirà lo studio della prospettiva e delle formule che la regolamentano.
È a partire dal 1993 che prende piede la produzione pittorica del giovane; che avrà modo di esporre in mostre collettive le sue opere, ottenendo committenze nel settore della Ritrattistica.
Su commissione del delegato pontificio, nel 1999, in occasione del Giubileo, esegue l’opera “Bartolo Longo ed il Santuario di Pompei” per il Museo Nazionale del Santuario della Vergine del Rosario, a Pompei. Nel 2000 viene incluso nel 36° Catalogo Internazionale dell’arte moderna (Già-Bolaffi Mondadori).
Tanti i ritratti a personalità del passato e attuali ad opera di Albert; solo per citarne alcuni: nell’aprile del 2000 esegue il ritratto del Principe William (nella foto, ndr), che verrà inviato a Buckingham Palace alla Famiglia Reale, in occasione del compimento dei diciotto anni del giovane effigiato. Nel 2006 viene scelta l’opera “Omaggio a Maria Antonietta” per la copertina del romanzo storico di Vladimir Oravsky, Axel och Toine, presentato nel gennaio del 2007. Nel 2009 esegue il ritratto di “Franco Zeffirelli con l’amico Massimo Migliavacca” su commissione di quest’ultimo e nel 2010 un ritratto inedito dell’Imperatrice d’Austria e Ungheria Elisabetta, meglio nota come Sissi, per la mostra “Il Mito di Sissi” alla Casa del Conte Verde di Rivoli (Torino).
Domanda - Quanto è importante nell’arte del ritratto, per Albert Edwin Flury, una traccia di disegno perfetta?
Flury - «È la base sulla quale costruire il volto e la figura. Un errore nel disegno, difficilmente sarà correggibile successivamente. Soprattutto nel ritratto, ove la somiglianza col soggetto è, a mio avviso, una componente essenziale».
Domanda - Una tua riflessione sull’importanza dei chiaroscuri per i lineamenti di chi è ritratto?
Flury- «I chiaroscuri sono importantissimi per definire i piani ed i volumi del volto. Io non prediligo toni molto contrastati, preferendo invece tonalità più leggere e delicate, un po’ com’era in voga nel XVIII secolo».
Domanda - Dopo la fase dell’abbozzo, come procedi?
Flury- «Terminato l’abbozzo, che consiste nel consolidare il disegno tracciato con le prime tinte molto fluide e trasparenti, comincio a stendere i colori, strato su strato, fino alle velature ed ai tocchi di luce finali».
Domanda - Nel ritratto, quando si può dire che inizia il vero lavoro pittorico?
Flury- «Quando le prime campiture sono stese e, via via, strato su strato si procede a definire i dettagli, i chiaroscuri, gli incarnati».
Domanda - In un ritratto ad olio su tela, quanto influiscono i dettagli?
Flury- «I dettagli rivestono un ruolo importante ma non fondamentale per la buona riuscita del ritratto. Io lavoro sempre “d’insieme” per poi, successivamente, dedicarmi ai singoli dettagli. Altrimenti si rischia di ottenere un risultato con tante parti del dipinto ben curate e dettagliate ma nel complesso slegate tra loro».
Domanda - E la bellezza, quanta importanza ha nei tuoi ritratti? Ritieni che, oggi, siano cambiati i canoni della bellezza, dell’estetica?
Flury- «Nella mia pittura, l’impostazione estetica riveste un ruolo dominante; l’attenzione alla simmetria, alle proporzioni, alla posa ed al giusto contesto in cui va a collocarsi il soggetto, sono aspetti importantissimi. I canoni di bellezza, sempre in continuo cambiamento, sono influenzati dalle mode e dai tempi. Tenendo conto di questo fatto, non penso però che i canoni estetici nell’impostazione del dipinto siano mutati; gli elementi che ho citato sopra sono, ancora oggi, più che validi».
Domanda - Sei soddisfatto di ciò che riesci ad infondere nel ritratto? E cosa, di archetipico, riesci a far percepire a chi osserva?
Flury- «La mia è una costante ricerca. Sin da bambino desideravo dedicarmi al ritratto ad olio. Un amore viscerale, ogni qual volta entravo nei musei, mi spingeva ad indugiare sui ritratti dei nobili effigiati. Quelle pose ricercate, quell’eleganza sfarzosa ma composta, quei dettagli sui quali il pennello dei pittori si era soffermato! Questi elementi, uniti all’aspetto più nobile del soggetto che ritraggo, sono, credo, gli elementi che l’osservatore percepisce maggiormente osservando un mio dipinto».
Domanda - Di un soggetto che andrai a ritrarre, qual è quel particolare intorno al quale il tuo pennello, la tua sensibilità pittorica ruotano per concludere alla perfezione l’arduo compito?
Flury- «Lo sguardo. Inizio sempre un ritratto dagli occhi, poiché è nello sguardo che si cela l’animo del soggetto».
(Articolo di Giuseppe Lorin, pubblicato su Orizzonti n.41)
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