| La Poesia di Fabrizio Polizzi sfida le regole convenzionali non solo della metrica ma anche della concettualità dacché la Poesia ufficiale l’ha sposata abbandonando la scansione. Fabrizio abbraccia a tutto tondo l’artificio della parola intesa come metro di fantasia, dal semplice sfogo, come lui lo chiama, al sogno più puro distinto accuratamente in più punti dalla mera illusione, operazione che il poeta difficilmente riesce a compiere. Ne scaturisce una profonda coscienza del limite, rivelata saggiamente dall’ironia o da un certo uso della rima che filastrocca il margine dell’esistenza in una tempesta di sensazioni e riferimenti che l’uomo comune, quello che si reputa sano e normale, raramente sa mettere insieme in modo così pirotecnico, perdendosi una opportunità di venire a capo della sciarada della vita che per tutti, normali e ipernormali, richiede una soluzione anche come prova umoristica, che poi è la migliore.
Il Tempo - Dove in Fabrizio emerge il concetto di Tempo, che come vedremo è un correlato dell’Amore, il famigerato Amore, è senz’altro nella sezione che apre la raccolta: gli Sms. Perché il Tempo: perché l’sms, il messaggino al telefono cellulare, è una contrazione della comunicazione dell’era moderna, dettata nel più dei casi dalla fretta, dalla concitazione, dalla mancanza apparente di tempo che pare suggerire una praticità solo illusoria. L’sms, anche nella digitazione in velocità sempre più da record, richiede in realtà uno sforzo sovrumano nel condensare concetti spesso di importanza miliare, in pochi caratteri a volte falcidiati dal diabolico compositore automatico, per cui alla fine se ne esce con acronimi tipo tvb per indicare addirittura ti voglio bene, concetto che non merita sigla alcuna ma un meditato pensiero, e tempo, ma oltre, tvtttb per dire che è tanto tanto tanto bene, o a volte t3 che sta per tanto cube, tanto al cubo, o 4u per dire for you, per te, e così via in un delirio da sigle che rivela una profonda paura di ciò che si sta per dire, un’orticaria da responsabilità.
Fabrizio scardina il senso di questo sms trasformandolo in poesia, ma non perché si tratta per lo più di dichiarazioni d’Amore, ma per la chiarezza elementare con cui la parola viene stesa e distesa, “ti voglio una montagna di bene” senza abbreviazioni, o “li ho contati tutti i baci che mi hai dato: 1492, come la scoperta dell’America, con la differenza che ho scoperto qualcosa di molto più importante e ancor più grande, si chiama Luisa…”. È più di un sms, sono versi scritti con inchiostro e calamaio, cui è donato tutto il tempo del mondo, concettualmente senza fretta, per evitare equivoci di esitazione. I caratteri si articolano non come un sunto, bensì come una finestra aperta a caso sullo scorrere dei pensieri, tanto che i vari sms titolati, la Torre, il Gabbiano, la Fata, il Futuro, la Timidezza paiono tratti di un unico discorso che si snoda da sempre nell’uomo di qualità, perfettamente calibrato sui passi della Vita, tutti importanti, e che quindi restituiscono un concetto corretto, sano di Tempo, fatto di consequenzialità, di meditazione sulla totalità degli eventi e non solo sulla emozione momentanea istillata da un trasferimento in autobus e che rischia rapidamente di smentirsi se l’autobus rimane ingorgato nel traffico, perdendo le t fino a scomparire o a ridursi nella sola v, voglio, che questa mia sofferenza abbia fine. Fabrizio al contrario sa che cosa è la sofferenza e la accetta come parte del percorso, senza che vada minimamente ad inficiare il suo senso di Amore.
Ecco come il Tempo si correla con l’Amore, in Fabrizio, anzi, diventa un tutt’uno. A parte lo stupore e la meraviglia, cardini di poesia, del suo innamoramento, della bellezza pura e universale dell’amata, del suo essere perfettamente centrata anche quando ha dubbi o è adirata per un tradimento e per questo manipola l’innamorato di turno, amico battezzato amore, tvb, l’Amore per Fabrizio è conseguenza del suo essere, è una somma precisa degli addendi del suo stato, è una continua valutazione del merito, non perché sente di essere inadeguato o non pronto, questo lo siamo tutti in questi tempi di non-amore, ma perché sente che l’Amore, quello con la A maiuscola, devi guadagnartelo, con le parole ma non solo, con l’adeguatezza, la gentilezza, la stima e il rispetto verso l’altro, e niente di ciò che facciamo sarà mai abbastanza, e mai fiori saranno sufficienti a dimostrare la propria sincerità, “Oggi ho comprato un fiore perché sono innamorato di tutta l’esistenza”.
La Rima
Per Fabrizio la Rima, come si diceva spesso filastroccata, ritmata, affabulata, serve a due cose: a sbrigliare la fantasia in una ricerca del limite acquisito dalla Storia e dalla sua Storia, proprio come il gabbiano Jonathan Livingston, cui dedica la poesia “Il gabbiano”, ovvero a dimostrare come ci si possa migliorare anche nel proprio elemento, e per scoprire il passo avanti al proprio elemento, il confronto fra desiderio e possibilità: io sogno di volare perché non posso, o posso volare perché sono in grado di sognarlo? Ecco il secondo elemento della rima lasciata a sé: l’Amore. Sogno l’Amore perché è altro da me, non ne sono degno, non ne sono capace, o amo perché sono in grado immaginarne anche solo la sensazione che possa avvenire? E’ il cuore della poetica umana, sociale, storica di Fabrizio, il non sentirsi degno, capace, in grado di cogliere l’Amore, persino votato al solo ammirarne facendosi modestamente da parte ogni volta che la vita compone le sue contraddizioni, rendendosi geloso o accettando la gelosia per il sol fatto di “volerle tutte” le ragazze, perennemente innamorato di tutta l’esistenza, appunto, e nello stesso tempo liberare una infiorescenza di sensazioni, di rimandi, citazioni, iperboli di senso e di figura che sanno stare insieme solo con una poesia rimata, ironica, futurista, dadaista, surrealista, viene in mente Breton e la sua fortuna che è un trifoglio cui lui attacca la quarta foglia. Fabrizio agevolmente sfiora gli stili, non se ne appropria ma li utilizza a propria misura perché il suo obiettivo non è diventare capofila di una qualche poetica originale, ma esprimere semplicemente il suo incontenibile sogno, che è quello di ritenerlo possibile. Ad un punto lui dice proprio questo: amo così tanto l’amore e quella che ne reputa portatrice privilegiata, la donna, perché sono simbolo di qualcosa “che si può fare”. Ci siamo, Fabrizio è tutto qui, nel suo grido accorato ma scanzonato a voler guardare la felicità come qualcosa che è possibile non solo agguantare ma possedere per sempre, anche nella sofferenza più spinta ma salutare. La sua Felicità si chiama Donna, e Amore. Si sente accusato di scrivere solo per fare il “porco”, virgolettato, in quanto ne è, questo sì, perfettamente incapace, ma lui chiarisce ad ogni verso che scrive quello che sente e che il suo sentire è costante, continuo, come il battito cardiaco, il giorno e la notte, il fluire delle stagioni tutte buone per l’uomo, contrariamente all’animale, per amare. Ecco la Rima, di un Amore che non fa rima solo con cuore, ma con onore, l’onore di saper accettare il proprio stato di sofferenza e di disagio, che ripeto tutti in una misura o l’altra abbiamo, e saperne tirare fuori l’incanto dell’esistenza e il mantice del proprio petto che è come il vento, non sa stare fermo, possiamo sfruttarne l’energia ma bloccarlo questo mai, anche con le offese, gli abbandoni e l’emarginazione. Perché l’Amore di Fabrizio è quello di tutte le persone nobili che accettano la vita per quello che è e cercano di restituire bellezza. “Ci serve solo fantasia”, dice nella “filastrocca del paese dei balocchi”, “perché è con la gioia che noi portiam questa magia, noi doniamo l’allegria!!”.
L’Armonia - Il dissidio, pur sempre costante seppur nella giocosità, fra intenzione e atto, fra missione del genere umano e la sua esautorazione di fatto, fra Amore sentito, avvertito, conosciuto e la sua contrattazione continua con la perfezione che comunque gli si addice, viene sanato nella Poesia di Fabrizio con l’evidenza precisa della musicalità insita nell’universo, non la nota tecnica ricercata nei generi, comunque guarda caso tutti accettati, come l’esistenza, ma l’armonia e la melodia che scaturiscono dal concerto delle cose, negative e positive, dallo sguardo attonito di una cassiera che all’inizio accetta per vezzo la poesia ma poi la licenzia per strada, “smamma via”, come uno dei tanti segni di una follia comune, ma disattesa per smania di una normalità ormai estinta, utopistica, fino ad arrivare ai concetti di Dubbio e di Mistero che da sempre agitano il sonno di filosofi, poeti e talvolta anche storici. Una cifra musicale che si sposa con la metrica rap o hip-pop, dove per rimare si intende stigmatizzare una lotta che non è solo per la sopravvivenza ma per mantenere agile la propria capacità di reagire, comunque e quantunque. Nella poesia “La Musica”, una delle più intense di tutta la raccolta, Fabrizio dice “Ognun di noi ha un’armonia, che ci conduce verso una via; c’è chi la vuol seguire e chi da tutt’altra parte vuole andare, l’importante è averla sempre, per avere un proprio ritmo, che è la nostra melodia; non facciamocela portar via!!!”
Articolo pubblicato sul blog di Sergio Gabriele
http://sergiogabriele.it/2012/11/05/fabrizio-polizzi-il-tempo-la-rima-larmonia/
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