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Info sull'Opera
Autore:
Rassegna Stampa
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

Recensione, a cura di ConsigliaLibro, dei libri di Paolo Pagnotta: “La strada da scegliere”(poesia ) e "Due solitudini in un destino" ( racconto), entrambi editati dalla Aletti Editore. Leggi anche l’intervista all’autore.

di Rassegna Stampa

“LA STRADA DA SCEGLIERE” di Paolo Pagnotta (Aletti Editore) è una raccolta di poesie, pensieri e canzoni; la prima poesia è stata scritta tra i banchi di scuola a sedici anni. In ognuna si evince uno sfogo, tipico di chi è ispirato a scrivere soprattutto quando l'umore non è dei migliori, come una necessità interiore di comunicare qualcosa e di essere compreso, descrivendo stati d'animo e cercando di trasmettere emozioni con le parole. Il volume contiene 55 componimenti, scritti tra il 2006 e il 2011 (esiste anche una versione in francese della poesia "Tu sei"); il libro raccoglie inoltre l'intensa "Ricordi" (che riflette sulla fugacità del tempo), la poesia "Solitudine", pubblicata nel libro "Parole in fuga volume 8", uscito nella seconda settimana di gennaio 2012 (l'opera è una raccolta di autori vari), "Amico mio", una sorta di lettera per un compagno delle scuole medie volato via troppo presto, la traccia rap "L'uomo e il potere" (un'accusa nei confronti del mondo lavorativo), "Nel mare" con la quale l'Autore ha debuttato a "Radio l'isola che non c'è", l'argomento della tetraplegia affrontato in "Non sentirsi vivo", "Il dolore di vivere" (un testo scritto su commissione, in cui vengono espressi i rimpianti per il periodo dell'infanzia).
"La strada da scegliere", che dà il nome al titolo del libro, è una poesia/denuncia, la più rappresentativa, che racchiude il senso di un libro amaro, caratterizzato da un linguaggio anticonvenzionale, che si scaglia contro l'ipocrisia e l'apparenza, due componenti basilari di una
società materialista e consumista, in grado di annullare ogni possibile valore; un libro che si rivolge a chi è costretto a vergognarsi di essere se stesso e che inculca un dubbio nel lettore su quale strada prendere: farsi ingannare dagli stereotipi creati dalla società in cui viviamo oppure ostinarsi a seguire la direzione opposta.


***
"DUE SOLITUDINI IN UN DESTINO" di Paolo Pagnotta (Aletti Editore) - Il punto di vista e le riflessioni di un ragazzo (il cui nome resta anonimo), che ricorda un'intensa e impossibile storia d'amore vissuta tempo prima con Raja, una ragazza araba, protagonista del racconto. Oltre alla relazione tra i due, viene messo in risalto il fascino della natura. "Due solitudini in un destino" è un racconto scritto nell'estate del 2011 per partecipare ad un concorso letterario; non era assolutamente prevista la composizione dell'opera, ma è stata data comunque alle stampe. L'Autore ha preso spunto da una conoscenza personale per raccontare una storia sentimentale, anche se quasi tutti gli episodi narrati nella vicenda sono inventati.

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NTERVISTA ALL'AUTORE PAOLO PAGNOTTA


D) Ciao, Paolo è un piacere averti quio. Parlaci un po' di te e di cosa ti ha spinto ad iniziare a scrivere.

R) Di solito non amo particolarmente parlare di me, a causa del mio carattere introverso e riservato; comunque ho 22 anni, sono una persona semplice e umile, mi piace molto leggere, viaggiare, sono appassionato di cinema (specialmente di cinema italiano), fotografia e musica. Sin da piccolo mi cimentavo a scrivere racconti, ma ho iniziato a dedicarmi effettivamente alla scrittura da quando avevo 16 anni; sono stato spinto da una passione innata in modo del tutto naturale, spontaneo e soprattutto dalla necessità di comunicare qualcosa, uno stato d'animo, un'emozione. Sono convinto che un romanzo possa rendere protagonista una persona che nella vita ha sempre interpretato un ruolo marginale. La scrittura rende eterni ed è l'unico modo per non morire veramente.

D) Raccontaci qualcosa sui due libri che hai pibblicato.

R) Ho pubblicato due libri contemporaneamente, una raccolta di poesie ed un racconto, entrambi usciti a luglio. "La strada da scegliere" è un volume che racchiude i miei pensieri e le mie poesie, dai primi componimenti che ho prodotto a 16 anni fino agli ultimi; "Due solitudini in un destino" invece è un breve racconto che ho scritto nell'estate del 2011 per partecipare ad un concorso letterario, dove richiedevano una storia d'amore; non era previsto come il primo (il cui progetto è nato nel 2010) e forse per questo è stato ancora più sorprendente ed ho deciso comunque di darlo alle stampe. Diciamo che ho voluto completare l'opera poetica con una di narrativa! Entrambe le opere sono state un esperimento, che si fondono per il raggiungimento di uno stile; come ho specificato nei titoli di coda, infatti, credo che il mio approccio con la poesia sia stato sperimentale, alla ricerca di versi e di rime iniziali per approdare gradualmente alla forma
classica. "La strada da scegliere" è un libro che vuole andare oltre, spingersi più in avanti rispetto a quello che vediamo, alle cose di facciata, ai rapporti di convenienza; bisogna aprire (forse è il caso di dire spalancare) gli occhi su quello che di continuo ci propongono. C'è bisogno di più verità.

D) Cosa pensi dei lettori ed editori italiani?

R) Purtroppo devo constatare che gli autori più seguiti, soprattutto nel panorama musicale ma anche in ambito letterario, sono quelli che raccontano ciò che le persone vogliono sentirsi dire, i cui testi sono privi di contenuti e non dicono niente, o meglio, niente di nuovo; in questo senso preferisco andare controcorrente. Non credo personalmente ai (falsi) miti o alle leggende che vengono osannate per ogni parola che pronunciano o azione che compiono e messe su un piedistallo, perché penso che nessuno in effetti sia un genio, indubbiamente ci può essere chi ha un'idea più brillante e innovativa rispetto ad altri. Per quanto riguarda le case editrici italiane, devo ammettere che la maggior parte sono molto professionali e svolgono un lavoro meticoloso; alcune alzano il tiro cercando di approfittarsene, altre sono più oneste venendo incontro a quelle che sono le possibilità economiche di una persona, soprattutto in un periodo di forte crisi come
questo. Tuttavia gli autori emergenti partono svantaggiati, basta entrare in una libreria qualsiasi ed accorgersi che sono esposti sempre gli stessi generi di libri: dal personaggio che si inventa un viaggio religioso perché non ha più un ruolo in televisione, dalla solita biografia dello sportivo, al libro del figlio di o peggio ancora dello scrittore acclamato che pubblica un romanzo all'anno (firmando con il suo nome un'opera in realtà portata al termine dai cosiddetti "ghostwriter"). Vogliono farci credere che partiamo tutti alla pari, ma sono fermamente convinto che esistano tantissimi libri di ottima qualità passati inosservati rispetto a quelli
(magari enfatizzati) di chi ha avuto la strada spianata soltanto per avere un cognome conosciuto. Non è un'accusa rivolta a chi scrive il libro, a chi lo stampa o a chi lo compra, purtroppo è il mercato che impone delle scelte e l'interesse economico, inteso come profitto garantito, ha superato di gran lunga qualunque altro aspetto. Propongo uno spazio nelle librerie dedicato agli autori emergenti!

D) Che aspettative hai sul tuo libro?

R) Non do mai molte aspettative a quello che faccio, non per mancanza di autostima bensì per non restare deluso. Sarei un ipocrita se ti dicessi che non m'importa niente sapere che i miei libri vendano un determinato numero di copie o meno! Comunque credo sia una sensazione unica che una persona si soffermi a leggere ciò che è uscito dalla tua penna, che magari condivida i tuoi pensieri commuovendosi nello stesso modo che è successo a te nel momento in cui li hai trasportati su un foglio, cercando di trasmettere qualcosa; si stabilisce un contatto intimo con il lettore, in una condivisione di emozioni. In fondo penso che un hobby senza guadagno resti pur sempre una passione. Scrivere è un'ottima terapia per sfogarsi, lo faccio per passione e per non finire nel dimenticatoio.

D) Che progetti hai per il futuro?

R) Sto pensando a un nuovo libro di poesie inedite e dato che sono un appassionato di città fantasma, ho un progetto: recarmi in questi luoghi disabitati, munito di fotocamera, e raggrupparli in un volume, una specie di diario da viaggiatore. Ho già visitato alcuni posti di questo tipo ed ogni volta è un'esperienza incredibile, se penso a quei monumenti in rovina che un tempo raffiguravano il simbolo di quella località o a quelle case ormai pericolanti dove abitavano delle famiglie che hanno dovuto dileguarsi; nel chiedermi chissà che fine hanno fatto, dove sono oggi, mi viene la pelle d'oca. E poi quello che trovi lì, in quei paesi abbandonati, sono il silenzio e la quiete, ingredienti essenziali quando vuoi allontanarti da tutto e da tutti.

D) È presente un testo rap nella raccolta, come mai?

R) Il rap è un genere, oltre a quello cantautoriale, che rientra nelle mie corde. Trovo che sia più diretto e soprattutto di denuncia, di protesta, perché una canzone o una poesia non deve necessariamente parlare d'amore; in realtà ho deciso di inserirne uno, ma molti testi sono rimasti fuori perché a quel punto rientravano in un contesto inadatto. "L'uomo e il potere" è un'accusa contro il mondo del lavoro e contro chi vuole raggiungere a tutti i costi una posizione sociale privilegiata soltanto per ostentarla ed avere la presunzione di sentirsi migliore rispetto a un altro individuo, che poi sono anche coloro che sfoggiano l'ultimo vestito alla
moda e pigiano l'acceleratore nella loro lussuosa autovettura: quello che mi spaventa sono i loro discorsi e il fatto che si accontentino di ciò, preferendo restare prigionieri di una personalissima ignoranza, anziché ampliare il proprio bagaglio culturale.

D) In "Non sentirsi vivo" affronti un argomento scottante, quello dell'eutanasia...

R) È un inno alla libertà e questo può sembrare un controsenso, perché chi è affetto da tetraplegia non è libero di muoversi, di camminare, di correre. Intendo la libertà di decidere, di scegliere come, dove e quando passare a miglior vita ed è una presa di posizione nei riguardi di chi giudica facilmente la vita altrui arrogandosi il diritto di prendere decisioni che, a mio avviso, non gli spettano. L'ispirazione è arrivata dopo aver visto per l'ennesima volta uno dei miei film preferiti, rivolto a questo tipo di problema.

D) Come sono nate le copertine dei libri?

R) L'idea delle copertine è da attribuire esclusivamente a me, soltanto che sono una frana in disegno e l'ho fatta elaborare da altre persone, che colgo l'occasione di ringraziare; i miei disegnatori si chiamano Maurizio e Patrizio, i quali hanno capito al volo ciò che volevo ed hanno soddisfatto pienamente le mie richieste. La copertina di "La strada da scegliere" mette un uomo di fronte ad un bivio: il libro si incentra sul tema della volontà di distinguersi; in questa società superficiale chi prende la direzione opposta viene catalogato come "diverso", io sostengo invece che sia un individuo dotato di personalità perché risulta più facile seguire la massa piuttosto che avere il coraggio di percorrere la propria strada senza entrare nel meccanismo dei
condizionamenti, con tutte le difficoltà, i pregiudizi e le solitudini che ne conseguono. Esprimo gratitudine verso chi sceglie la strada contraria, per la perseveranza di non voler cambiare e per non aver timore di mostrare la propria natura. Nella copertina di "Due solitudini in un destino" invece siamo io e mia cugina Sabrina di spalle, la foto è stata scattata ad Amalfi; volevo rendere bene l'idea, la solitudine che vivono i protagonisti, uniti da un sentimento così forte ma costretti ad allontanarsi da una divisione culturale, un contrasto che li separa. Comunque sono
presenti diverse fotografie in entrambi i libri, molte scattate da me, altre da mia sorella Patrizia. L'immagine accompagna i versi consegnando un quadro completo, così ho voluto anche provare la fotopoesia.

D) Hai partecipato a diversi reading collettivi di poesia, dove hai ricevuto consensi e applausi per i tuoi testi profondi e mai banali, eppure ti mostri riluttante nell'affrontare un pubblico. Come te lo spieghi?

R) Principalmente per paura. Paura di sbagliare, di non essere compreso; anche perché dietro un microfono c'è un uomo, con la sua storia, le sue angosce, le sue inquietudini, le sue ossessioni, i suoi incubi. Sono molto ansioso ed emotivo, infatti rivedendomi nelle foto e nei video delle manifestazioni sembro abbastanza contratto; non è semplice metterci la faccia, salire su un palco e leggere ad un pubblico ciò che sentivi in un determinato momento, anche se comunicare e condividere quello che vuoi esprimere è un'esperienza eccezionale; se da un lato c'è la preoccupazione di come il pubblico (che a quel punto si trasforma in giuria) può rispondere, dall'altra hai una carica e un'adrenalina travolgenti e non resisti alla curiosità di vedere quale riscontro puoi ottenere. Tuttavia, il mio primo e unico amore è la radio! Forse è rimasto l'unico ambiente dove davvero ci si sofferma sui contenuti e su ciò che dici.

D) Per concludere, qual è la poesia a cui sei più legato? E chi vorresti salutare?

R) Senza dubbio resterò sempre affezionato alla poesia "Finisce anche il mare", l'ho scritta a 21 anni in un viaggio a Londra ed è la prima che ho letto davanti a un pubblico, al reading di poesia nel Castello Svevo di Rocca Imperiale, un posto molto suggestivo al quale sono particolarmente legato. Saluto mia madre, l'unica persona insostituibile e di cui mi fido! Per il resto saluto i miei amici ed anche chi ti fa i complimenti e poi ti parla dietro… d'altronde, il vero amico, si vede soprattutto quando deve condividere con te i momenti di gioia e non soltanto fingere di starti vicino quando stai male. Tra molti sorrisi invidiosi e ipocriti, ti assicuro che di amici così ce ne sono davvero pochi.


http://www.consiglialibro.altervista.org/la_strada_da_scegliere.htm#.UKoHs2dIWwd
http://www.consiglialibro.altervista.org/due_solitudini_in_un_destino.htm#.UKLYXaVb5rM



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