| Un regista, un attore, ma soprattutto un artista. Woody Allen lo abbiamo conosciuto in tante vesti, anche di sceneggiatore, di scrittore, di pensatore per le sue osservazioni acute e ironiche e i tanti aforismi diventati ormai celebri.
Nell’ultimo periodo ci ha consegnato, nei suoi film, alcuni bozzetti di città europee, in base all’idea che ognuna presentava ai suoi occhi.
Andando da una città all’altra, ha fermato la sua attenzione prima su Londra, poi su Barcellona, e su Parigi, nel fortunato ed apprezzato film dello scorso anno Midnight in Paris, che con leggerezza e ironia ci ha raccontato di un protagonista sognante, che avverte il disagio di sentirsi fuori luogo, inadeguato nell’epoca che gli è capitata di vivere, e rimpiange di non essere nato negli anni Venti.
E Allen, che ci ha abituati ad un film l’anno, ha da poco presentato il suo nuovo lavoro, To Rome with love, ambientato proprio nella Città Eterna.
«È molto semplice fare film a Barcellona, Parigi, Roma, perché hanno un’anima molto vicina a quella di New York, la stessa energia, il fermento culturale - ha dichiarato il regista -. Per quanto riguarda Roma, poi, ritengo che sia unica, esotica: non c’è nessun’altra città al mondo che le somigli!».
Una storia corale, quella di To Rome with love, in cui recita lo stesso Allen, insieme a Penelope Cruz (che interpreta una escort), Ellen Page, Jesse Eisenberg, Alec Baldwin, e Roberto Benigni, nei panni di un uomo comune investito da improvvisa popolarità e attenzione mediatica; un film che da alcuni critici è stato definito folkloristico e «cartolinesco», una critica sociale del nostro Paese. Un film che per altri, invece, esprime la tematica ricorrente dell’autore: l’ossessione della morte, attraverso l’immobilità e l’esotismo di Roma, che sono aspetti che ne risaltano la decadenza.
«In ognuno di questi film, in realtà, quello che trasferisco è semplicemente la mia personalissima impressione di quel luogo, delle cose che mi colpiscono, come drammatiche o come comiche. Non ho, certo, un’approfondita conoscenza della politica e della cultura italiana attuale, quindi ho cercato di fare un film ambientato a Roma mostrando degli aspetti che possano essere di intrattenimento per coloro che lo vanno a vedere. Non ne so abbastanza per poter insegnare alcunché».
L’Italia è stata sempre un fulcro della cultura, nel corso dei secoli, ha dichiarato Allen. Il regista è cresciuto con i film italiani, «mi ci sono nutrito. È impossibile, per chi, come me, è cresciuto in quegli anni, non aver subito l’influenza del cinema italiano, dei film che venivano proiettati a New York, che io ho visto, che i miei amici hanno visto. Film che hanno lasciato il segno».
A chi gli chiede quale sia il segreto per diventare un bravo regista, Allen risponde: «È quello di dotarsi di attori di talento, il trucco sta proprio lì: nello scegliere il cast, e poi lasciare che gli attori recitino da sé, siano liberi di muoversi senza un eccesso di istruzioni. Alla fine, loro fanno il lavoro, ed io divento famoso!».
Che il prossimo anno, il regista possa riservarci ancora un nuovo lavoro? «Fare un film all’anno per me funge da distrazione. Perché mi consente di essere ossessionato, completamente assorbito dai problemi della lavorazione, e per ciò di distrarmi da tutto il resto. Mi allontana dal pensare, rimuginare sui pensieri angoscianti, su quanto sia tremenda la vita. E, oltretutto, fare un film mi permette di stare in compagnia, di lavorare con persone speciali».
(Articolo di Alessandra Basso, Orizzonti n. 41)
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