| La modernità ci ha regalato splendidi esempi di romanzi di formazione sentimentale: da Flaubert in poi - solcando i malinconici sogni parigini di Proust, attraversando le annoiate ribellioni di Joyce, e riposandoci infine sotto le architetture nordiche e visionarie dei romanzoni di Thomas Mann - tutti siamo cresciuti tra le pagine di libri che sono stati alla base della cultura moderna, che ci hanno aiutato a capire le traiettorie dell'ultimo secolo, che hanno fatto le premesse e la storia dell'Europa contemporanea.
"Madame", tradotto da Vera Verdiani e oggi pubblicato in un'elegante edizione della Longanesi, è un romanzo dei nostri giorni, ma si riallaccia potentemente a questa superba tradizione d'altri tempi. Un romanzo che esce fuori dal coro, sia per i suoi pregi stilistici, che per la schiettezza, la snellezza, l'essenzialità del racconto. La vicenda è quella di un amore, immortalato però proprio nella carica di candore e di sogno che lo caratterizza. La cronaca di una passione ininterrotta, che matura con il trascorrere delle stagioni, che insegue i ritmi magici della vita e della natura.
Siamo nella Varsavia degli anni 60, la splendida metropoli in cui il giovane protagonista del romanzo incontra Madame, creatura-angelo nei panni di professoressa di francese verso cui convergono le attenzioni di un intero gruppo di studenti. Tra tutti, però, è solo lui - il nostro amabile io narrante e alter ego dell'autore - a fare di questa creatura al limite dell'irreale un motivo di sublime adorazione, a eleggerla guida ideale lungo i tortuosi territori del sentimento e della crescita.
Madame sa prenderti per mano, sa accompagnarti per i gelidi inverni di una città e di un'adolescenza ricche di opportunità e fantasie. Sempre pronta a spegnere le tue piccole provocazioni, a sorridere delle tue pazze ambizioni. A catturarti nel suo cerchio di magia. Madame ti ascolta, ti fissa, ti sconcerta, con la metafisica di un'apparente indifferenza. Il suo nome e la sua identità si nascondono in un mistero che sublima l'immaginazione, che allarga le dimensioni del pensiero, che proietta dentro la materia pulsante dell'invisibile. Un libro che il Washington Post ha definito "degno di Stendhal". Un lavoro che il Times ha paragonato "alle opere di Nabokov". E ancora, un'invenzione mai fiacca, mai insicura, un romanzo musicalissimo, che strugge e che commuove senza mai tralasciare la rigida disciplina della forma o scadere nel rischio della facile contemplazione.
Antoni Libera - già conosciuto nei maggiori festival teatrali internazionali per aver tradotto e curato le commedie di Samuel Beckett - è scrittore, saggista e regista teatrale.
La lezione del suo meraviglioso romanzo rimarrà con noi per parecchio tempo, e alla fine, quando avremo dimenticato persino di averlo letto, continuerà ad essere qualcosa che somiglia a un'atmosfera vaga, al ricordo di un profumo. Sicuramente sarà un colore, una frase, una forma eletta: un'immagine fugace e irripetibile.
(Recensione a cura di Luigi La Rosa)
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