| Con un nuovo romanzo, ambientato nel periodo della Guerra dei Cent’anni, fa il suo ritorno in libreria il cinquantottenne Bernard Cornwell. “L’arciere del re”, questo il titolo del libro edito in Italia da Longanesi, ha per protagonista Thomas di Hookton. Prete mancato e arciere infallibile, sbarca in Normandia con le truppe inglesi, ignaro (come del resto i suoi compagni) che sta per iniziare una sanguinosa e tragica guerra destinata a durare un secolo.
Thomas ha in serbo una missione segreta: riappropriarsi della lancia, con cui San Giorgio ha ucciso il drago, derubata con violenza dalla chiesa di cui suo padre era parroco. La deve sottrarre a un misterioso cavaliere francese che si fa chiamare Harlequin, il quale sembra abbia molto a che fare anche con il Santo Graal…
Dopo i tre romanzi del ciclo di Excalibur, la saga infinita del “soldato” Richard Sharp (con diciotto romanzi pubblicati), i numerosi libri storici o di azione (per un totale di trentasette), Cornwell si conferma ancora una volta un maestro del bestseller con questo libro che nei paesi di lingua inglese ha ripetuto lo straordinario successo dei precedenti. Lo abbiamo incontrato a Roma, dove si è recato per presentare al pubblico quest’ultimo lavoro, e gli abbiamo chiesto come è nata l’idea de “L’arciere del re”.
Domanda: Prima “Stonehenge” ed “Excalibur”, ora la lancia di S. Giorgio e il Santo Graal, simboli di una ricerca che oltrepassa l’uomo. Quali sono state le motivazioni che l’hanno spinta verso questi temi?
CORNWELL: Non saprei veramente. Sono temi che mi hanno affascinato sin da piccolo da quando studiavo storia, forse perché fanno parte di una mitologia tipica dell’essere inglesi. Nel caso di quest’ultimo libro si tratta di un interesse particolare verso le figure di arcieri inglesi che sono andati a combattere in Francia.
Domanda: Quali sono le fonti letterarie di questo libro?
CORNWELL: In generale leggo moltissima storia. Per questo libro mi sono soffermato molto sul contesto religioso che nel Medioevo era alla base di tutte le azioni: in quel periodo si facevano cose straordinarie in nome della religione, come ad esempio andare a Gerusalemme, e la religione dava risposte sui temi esistenziali, dal significato del nostro essere su questa terra al motivo per cui è morto un cane.
Nelle mie opere, non tanto nella serie di Sharp ma certamente nell’ “Arciere del re” e in “Stonehenge”, mi sono preoccupato di far rivivere esattamente questo clima, caratterizzato da questa forte componente religiosa da cui non si poteva prescindere.
Domanda: Molti considerano questa come l’opera della maturità.
CORNWELL: Non ritengo assolutamente che questa possa essere considerata l’opera della maturità, anzi, francamente, sto ancora aspettando di raggiungerla, la maturità. Non so cosa significhi essere uno scrittore maturo; forse lo saprò quando sarò cresciuto. Comunque io reputo che il mio libro più riuscito sia decisamente la trilogia di Excalibur; ma ciò non significa che i lettori non possano avere, nei confronti delle mie storie, un sentire diverso rispetto al mio.
Domanda: In che modo procede nella stesura di un’opera?
CORNWELL: Al momento sto scrivendo il seguito dell’ “Arciere del re”, e ogni capitolo finisce in modo tale da stimolare la curiosità del lettore e da indurlo ad andare avanti nella vicenda. Non si tratta tanto di capacità tecnica, quanto piuttosto di abilità, fondamentale per chiunque racconti una storia, nel rendere il materiale interessante.
Per esempio, una volta, mentre stavo scrivendo un libro, mi sono accorto che la trama ad un certo punto cominciava ad indebolirsi e ho deciso così di concludere il capitolo con le parole “E poi si sentirono le urla”. Questo perché è naturale che chi legge voglia sapere cosa stia accadendo e vada perciò al capitolo successivo, dove però la scena è completamente cambiata e, solo dopo molte pagine, viene a sapere che le urla non hanno nulla a che vedere con lo svolgimento della trama.
Domanda: Una domanda obbligata per un autore di successo: quale consiglio darebbe ad un giovane che voglia diventare uno scrittore?
CORNWELL: Il consiglio è semplicemente di farlo, questo perché, secondo me, scrivere è il più bel mestiere che si possa fare; e poi, se davvero si vuole diventare scrittori, bisogna essere, prima di tutto, lettori.
È necessario prestare molta attenzione nel capire quali libri leggere, perché ciò che scriveremo somiglierà a ciò che avremo letto. Perciò leggere, leggere, leggere, magari iniziando dai libri di Bernard Cornwell.
(Articolo di Flavia Weisghizzi, pubblicato su Orizzonti n. 18, apr.lugl. 2002)
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