| Pino Daniele ha raggiunto il successo a metà degli anni settanta, quando visse appieno quei particolari fenomeni musicali denominati “Napolitan power” che cercavano di sviluppare la particolare melodia mediterranea e la canzone napoletana attraverso una fusione di sonorità completamente differenti. Il blues, il rock, il jazz, il soul e infine i ricercati sound mediorientali venivano miscelati con le malinconiche melodie napoletane, confermando, ancora una volta, la peculiare caratteristica di Napoli quale punto d’incontro tra idiomi, sonorità, tradizioni e culture differenti.
Nel corso degli anni, Pino Daniele, grazie alla collaborazione con musicisti come Rino Zurzolo, Antonio Sinagra, Eugenio Bennato, Tony Esposito, Enzo Avitabile e Tullio De Piscopo, è riuscito a portare a compimento il suo progetto di unire slang americano, dialetto napoletano e rock italiano.
Daniele però non si è dedicato solo a questa particolarissima rock-fusion, ma ha inciso anche delle splendide canzoni melodiche, sia da un punto di vista musicale che vocale, che sono state paragonate dai critici ai classici napoletani dell’800.
Il 1993, con l’uscita dell’album “Che dio ti benedica”, ha segnato una nuova fase del cantautore, a causa del radicale cambiamento che il mondo della musica visse all’inizio degli anni novanta e soprattutto in seguito alle numerose operazioni alle corde vocali che gli hanno procurato anche un mutamento del timbro vocale. Pino Daniele ha ridotto il dialetto napoletano a poche canzoni e sviluppato in maniera significativa la componente melodica delle sue canzoni, mettendo da parte il rock accattivante degli inizi.
Oggi Pino Daniele si presenta con una nuova identità musicale, del tutto diversa da quella degli esordi, in cui l’abbandono delle vecchie sonorità è ormai palese e si avverte una nuova maturità artistica attraverso produzioni più di mercato, riuscendo però sempre ad ottenere quell’impatto emotivo che ha contraddistinto la sua carriera musicale.
Domanda – In una canzone di qualche anno fa, “Preghiera”, dell’album “Non calpestare i fiori nel deserto”, chiedevi a Dio “un angolo di cielo” alludendo ad una maggiore serenità d’animo. L’hai trovata?
PINO DANIELE – La serenità d’animo è difficile da trovare una volta per tutte, perché si conquista con grandi sacrifici. Ci si può arrivare dopo diverse esperienze di vita e anche in seguito a realizzazioni personali ottenute sul lavoro. Io però non sono un tipo sereno: mi agito spesso.
Domanda – Nei tuoi testi si affrontano tematiche come la famiglia, l’amore, il rispetto per le diversità etniche, culturali e religiose. Ma qual è la tua posizione verso i valori della cristianità? Credi in Dio?
PINO DANIELE – A dire il vero io non faccio delle canzoni con delle tematiche specifiche, ma faccio delle canzoni che rispecchiano il mio modo d’essere, il mio stato d’animo. Sì, credo in Dio, ma non credo nelle istituzioni ecclesiastiche.
Domanda – Come si sposano musica e televisione?
PINO DANIELE – Non tanto bene perché la televisione dà spazio solo agli spettacoli che fanno audience, trascurando la cultura e l’informazione. Questo perché l’audience fa soldi e quindi si fa solo quello che fa fatturare. La musica, in televisione, è oggi vista solo come intrattenimento ed è una cosa alla quale non mi sento vicino, e che fortunatamente posso evitare: faccio musica da 25 anni e la gente mi segue anche se non vado in tv.
Domanda – Ma in seguito ad un’apparizione televisiva le vendite dei Cd lievitano notevolemente…
PINO DANIELE – In alcuni casi sì e in altri no. La tv fa vender a Celentano, che fa il santone, il profeta, critica le istituzioni e poi si fa pagare gli spot dalle istituzioni. Purtroppo nel nostro paese ci sono questi paradossi…
Domanda - Ci parli della collaborazione con i 99 Posse?
PINO DANIELE – Abbiamo realizzato assieme un pezzo del mio ultimo album e la nostra collaborazione continuerà anche in futuro.
Domanda – Perché hai scelto l’Africa per i tuoi concerti?
PINO DANIELE – L’Africa appartiene ad una tradizione millenaria del sud Italia e io mi ritengo molto vicino a questo tipo di creatività. Penso che l’Africa sia la grande madre di tutta la musica di oggi. Io adoro quel tipo di creatività e ci sono stato perché faccio solo cose che m’interessano, non per pubblicità.
(Articolo di Francesca Chiaravalle, pubblicato su Orizzonti n. 17, dic.marz. 2002)
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