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Info sull'Opera
Autrice:
Rivista Orizzonti
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

Intervista a MILENA VUKOTIC: «Lasciai Parigi, dove danzavo, dopo aver visto “La strada”! Ho sentito che avrei dovuto assolutamente incontrare Fellini, lavorare con lui».

di Rivista Orizzonti

A Milena Vukotić, l’amore per l’arte scorre nelle vene: nata a Roma da padre jugoslavo, commediografo, e da madre italiana, pianista e compositrice, si è formata all’estero, dove ha studiato recitazione e danza classica, tra Londra, Vienna, Parigi. Qui, ha fatto esperienza nel balletto con la Compagnia di Roland Petit ed è stata allieva di Tania Balachova, attrice francese di origine russa che ha lavorato con Antonin Artaud, Jean Paul Sartre e Jean Genet.
È in quello storico periodo dell’avanguardia teatrale parigina che Milena Vukotić inizia la sua carriera teatrale. Torna a Roma negli anni 60, dove viene scritturata nella compagnia di Paolo Stoppa & Rina Morelli e dove trova la sua dimensione teatrale, specialmente con Giorgio Strehler, Franco Zeffirelli, Franco Enriquez, Maurizio Scaparro, Benno Besson, Piero Maccarinelli, Mario Missiroli, Lina Wertmüller.
Il lato comico e grottesco di Milena Vukotić, comunque, viene messo in luce da Paolo Poli, che la scrittura a più riprese per recitare al suo fianco, da “Il suggeritore nudo” di Filippo Tommaso Marinetti a “Le relazioni pericolose” di Choderlos de Laclos, nel film “Le braghe del padrone” e in lavori televisivi come “La strana storia del Dott. White e del Sig. Black”, ne “I tre moschettieri” con la regia di Sandro Sequi.
È con Paolo Villaggio che conquista la simpatia del grande pubblico cinematografico nell’interpretazione magistrale della signora Pina, la moglie del ragionier Fantozzi, nel 1980, in “Fantozzi contro tutti”, e poi, negli anni successivi, in “Fantozzi subisce ancora”, “Fantozzi va in pensione”, “Fantozzi alla riscossa”, “Fantozzi in paradiso”, “Fantozzi il ritorno”, “Fantozzi 2000, la clonazione”. Al fianco di Paolo Villaggio lavora anche nel film diretto da Sergio Corbucci, “Roba da ricchi”, del 1987, dove incontra Lino Banfi.
È con Lino Banfi che Milena Vukotic, nel 1998, inizia “Un medico in famiglia”, la fortunata serie sulle vicende della moderna, simpatica e un po’ strampalata, famiglia Martini.

Domanda - Milena Vukotic oggi; che ricordo ha del periodo nel quale interpretava la Santa, nel film di Federico
Fellini “Giulietta degli spiriti”?

VUKOTIĆ - «I ricordi collegati a Federico Fellini sono i più belli, tra quelli che riservo nel cuore e nella mente. Nel film
“Giulietta degli spiriti” ero una delle tante visioni di Giulietta; propriamente non era la santa ma, dato che bruciava sulla graticola, il mio personaggio viene ricordato come la Santa martirizzata. Lavorare con Fellini è stato uno dei raggiungimenti importanti del mio percorso artistico, una meta agognata dai veri attori. Pensi che lasciai Parigi, dove danzavo, dopo aver visto “La strada”! Ho sentito che avrei dovuto assolutamente incontrare Fellini, lavorare con lui; lasciai la compagnia e decisi di venire a Roma».

Domanda - Franco Zeffirelli la scelse per recitare al fianco di Elisabeth Taylor e Richard Burton ne “La bisbetica
Domata”; si ricorda ancora quell’emozione e come è riuscita a caratterizzare il personaggio affidatole?

VUKOTIĆ - «È stato un bellissimo viaggio, con un maestro del cinema come Franco Zeffirelli, che ricordo con profonda stima ed affetto. Il compito di noi attori è di dare la caratterizzazione giusta al personaggio che il regista ti affida, che parte dall’energia interna dell’interprete, dove alla base c’è un serio lavoro preparatorio, di studio, psicologia e sensibilità. E con Franco Zeffirelli ho soprattutto lavorato in teatro dove interpretai “Black comedy” in tournée in
tutta Italia con Giancarlo Giannini e Annamaria Guarnieri ed altri grandi attori».

Domanda - E poi, ancora, Federico Fellini, Bernardo Bertolucci, Alberto Lattuada, Mario Monicelli, Ettore Scola, Carlo Lizzani, Giuseppe Rocca, Ferzan Ozpetek, Luis Buñuel, Gérard Pires, Andrej Tarkovskij, Nagisa Oshima, e tanti altri ancora; insomma, non si è risparmiata né per il cinema nazionale né per il cinema internazionale.
Quali differenze organizzative ha riscontrato?

VUKOTIĆ - «Parliamo di organizzazione lavorativa, di produzione? È un po’ difficile rispondere.
Comunque, l’organizzazione è una concezione tecnica ed è diversa e tipica di ogni Paese. Per esempio, io non ho mai lavorato in America, ma so che lì tutto è calcolato al secondo ed è già previsto ancora prima di iniziare! Ho lavorato in Francia, dove ho trovato un metodo più ordinato, più organizzato, perché c’è un altro modo di concepire il lavoro del cinema. Qui in Italia, l’organizzazione forse è più caotica. Comunque è il lavorare in Italia che mi rende più felice e dove mi trovo meglio. La prova è che mi sono trasferita appunto in Italia, a Roma, per lavorare con Federico Fellini dopo che ho
visto il suo film “La strada”».

Domanda - Un suo pensiero su come viene concepita la realtà dagli uomini registi e dalle donne registe italiani ed in che modo questa realtà viene trasformata in film; insomma, che differenza ha riscontrato tra il modus operandi di Lina Wertmüller e quello di Federico Fellini?

VUKOTIĆ - «Un artista, un creatore, che sia uomo o donna, non fa differenza; la differenza è nella loro creatività, è in come riescono con le immagini a sensibilizzare le coscienze di chi le guarda. La cultura di fondo, la sensibilità artistica, l’immaginifico che è in loro crea le differenze. Questa, però, è una domanda da “storici” del cinema, io sono solo una interprete; mi adeguo alla creatività del regista».

Domanda - Secondo la sua esperienza, è meglio un attore propositivo o semplicemente esecutivo della volontà del regista?

VUKOTIĆ - «L’ideale è il rapporto di armonia tra il regista e l’attore poiché in questo modo c’è sempre la possibilità di discutere, di proporre. Comunque, se il regista sceglie quell’attore è perché ritiene che abbia tutte quelle caratteristiche utili alla realizzazione di quel personaggio che concretizza la sua intenzione registica».

Domanda - A Milena Vukotic, piace scrivere; e se sì, cosa?

VUKOTIĆ - «Sì, mi piace scrivere, anche delle lettere. Ho scritto delle poesie negli anni passati e ancora oggi, se sento la necessità, le scrivo. Questa, però, è una dedizione personale e privata di cui non sento la necessità di parlare anche perché non le ho mai prese sul serio né ho mai pensato di pubblicarle».

Domanda - Un consiglio ai giovani che intendono fare la vita del Teatro, in una società dove i cassaintegrati sono la percentuale maggiore rispetto ad altre situazioni precarie?

VUKOTIĆ - «Premesso che, per dare consigli, bisogna essere molto sicuri di sé, le sole cose di cui sono sicura è che lo studio in generale non ci tradisce mai. I giovani che intendono fare la vita del teatro, prima di tutto, devono essere sicuri di ciò che vogliono, e soprattutto di ciò che sentono. Devono essere sicuri che sia proprio una vocazione, la loro. Debbono lavorare molto su sé stessi, debbono lavorare molto e tener duro e lavorare, lavorare molto, perché non è sempre facile. Non bisogna pensare che il successo sia quello di avere una parte in un film o un ruolo in televisione».

Domanda - Milena Vukotic, donna nel terzo millennio: una sua personale riflessione sul concetto di famiglia oggi?

VUKOTIĆ - «La famiglia è una istituzione; anche se sembra che stia per sparire, credo che sia una necessità vitale. È insita in tutti gli esseri viventi all’interno del cosmo; nessuno può farne a meno, anche tra gli animali. C’è bisogno di questo nucleo che ci tiene insieme!».


(Articolo di Giuseppe Lorin, pubblicato su Orizzonti n. 40)


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