| Un’opera di ampio respiro come un romanzo necessita da parte dell’autore di un tempo di gestione nel quale si crei un rapporto stretto e profondo tra chi scrive e i personaggi oppure, ancora meglio, come in questo caso, una sorta di affinità elettiva con essi, definibile come consonanza di interessi, sogni, valori ed emozioni.
In “Gocce di rugiada d’amore rubate al tempo” (Aletti Editore) il legame tra lo scrittore, Carola e Valerio, i due protagonisti, è assai profondo, direi indissolubile, perché animato dallo stesso atteggiamento di curiosità, dal senso gioioso di scoperta e sperimentazione nei confronti dell’esistenza e delle sue infinite possibilità ed inusitati sviluppi.
Nello svolgersi della vicenda non vi è traccia della tirannia del destino, tutto sembra derivare dalle decisioni dei singoli, dai loro desideri, dalle loro scelte, a volte impreviste ed imprevedibili, altre volte dolorose e definitive, in un atteggiamento di stampo illuministico, razionalistico che però non rifugge da un afflato religioso che delimita e avvolge, a mo’ di abbraccio protettivo e di estrema giustificazione del dolore e del sacrificio, l’ampia creazione narrativa.
Si narra la storia d’amore di due ragazzi, un amore giovane, fresco, entusiasmante, senza apparenti ostacoli, che solo nella gioventù può trovare profondità e coinvolgimento, ma vengono anche raccontati il dolore, lo smarrimento, lo scoramento di Carola che alla fine non può fare a meno di accettare la decisione di Valerio. L’amore ha varie facce, si può amare anche senza legarsi ad una persona in particolare, anzi così esso è più profondo e totale. Si ama veramente quando ci si dona completamente agli altri e Valerio risponde senza incertezze alla vocazione sacerdotale che lo chiama.
L’autore si muove con equilibrio e rispetto nei turbamenti amorosi, negli slanci e nei tormenti dei due giovani, racconta, descrive, osserva e partecipa. È accanto a Valerio quando sceglie di donarsi totalmente a Dio e agli altri. È con Carola quando resta sola, smarrita, incapace di comprendere fino in fondo la scelta del ragazzo che ama. A ben vedere, però, il vero protagonista del romanzo è l’autore stesso, presente
nella narrazione, non soltanto come narratore onnisciente, bensì come interlocutore propositivo che accompagna e guida il lettore oltre che nella delicata vicenda sentimentale di Valerio e Carola, nella coscienza stessa dell’essere umano con le sue virtù e le sue debolezze, con le sue nobili aspirazioni e i suoi fallimenti, con le sue certezze e le sue superstizioni.
La metafora della lettura come viaggio nell’interiorità, nel profondo della
sensibilità umana, è qui attualissima. È il lettore l’ “oggetto” privilegiato dall’autore, a cui comunica non solo la trama, ma anche il suo nobile senso della vita, come rispetto per sé e per gli altri, come alta lezione di umanità. Tutto concorre a ciò, anche sfumature e aspetti che potrebbero a prima vista sembrare accessori. Un esempio lampante, ma se ne potrebbero fare numerosi altri, è rappresentato, nella connotazione epocale e spaziale dei fatti, dalla descrizione puntuale, anche
architettonicamente compiuta, del collegio nel quale i due giovani si incontrano e vivono le loro prime ansie amorose e che, quindi, nell’economia dell’opera risponde alla essenziale funzione di porre fine alla fase descrittiva e dare il via al vero e proprio svolgimento della storia. La familiarità, l’approccio affettivo con quegli ambienti e con quelle atmosfere derivano da un’esperienza concreta: infatti quella
descrizione coincide perfettamente con la posizione e la struttura del Collegio di San Demetrio Corone in provincia di Cosenza, realmente frequentato da ragazzo dall’autore. Si entra per questa strada, quella dell’affettuoso ricordo di un tempo ormai perduto, non nella geografia fisica che determina spazi e dà nome alle località, ma in una dimensione che è tutta interiore: quella “geografia dell’anima” che emerge dal vissuto più profondo e riesce a comunicare con il sentimento qualcosa che diversamente resterebbe inespresso perché troppo intimo, legato all’esperienza e alla maturazione personale.
Ciò che lo scrittore comunica in uno stile raffinato, elegante, con un periodare incisivo e con straordinaria perizia lessicale, non è quindi solo la vicenda romanzesca in sé, ma soprattutto la lezione che si può trarre da un’esperienza esistenziale densa di senso e carica di umana condivisione. E a questo dà un vitale apporto la parola che viene scelta e collocata al posto giusto per il suo suono e significato, cioè per la sua potenza evocatrice e per il suo valore semantico; preziosa, ricercata e diretta, lontana dall’essenzialità, ricca di una straordinaria forza espressiva avvolge e incanta il lettore fino a catturarlo nel flusso sempre più disteso e appagante della narrazione.
Si può proprio affermare, senza tema di smentita, che, attraverso la creazione letteraria, la proficua esperienza personale, fatta di impegno, studio, ricerca e perfezionamento nella professione e nella vita, può diventare patrimonio comune, punto di partenza per una riflessione più matura sul congegno misterioso della vita e lievito efficace per dare un senso più degno ed alto alla propria e all’altrui esistenza.
Nel leggere il romanzo del nostro autore lo spirito si ricrea, si eleva e se ne ricava, quindi, una soddisfazione che non è solo nel fascino della storia, nella forma e nello stile perfettamente riusciti, ma anche e soprattutto nell’attenzione privilegiata alle pieghe più riposte e preziose dell’animo umano.
(Maria Luisa Minerva)
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