Home Page  
Progetto Editoriale  
Poesia  
Narrativa  
Cerca  
Enciclopedia Autori  
Notizie  
Opere pubblicate: 19994

-



VII PREMIO LETTERARIO INTERNAZIONALE AL FEMMINILE

MARIA CUMANI QUASIMODO

SCADENZA
28 APRILE 2023

 

 



 

 

 

Il libro più amato da chi scrive poesie,
una bussola per un cammino più consapevole.
Riceverai una copia autografata del Maestro Aletti
Con una sua riflessione.

Tutti quelli che scrivono
dovrebbero averne una copia sulla scrivania.

Un vademecum sulle buone pratiche della Scrittura.

Un successo straordinario,
tre ristampe nelle prime due settimane dall'uscita.


Il libro è stato già al terzo posto nella classifica di
Amazon
e al secondo posto nella classifica di Ibs

Se non hai Amazon o Ibs scrivi ad:

amministrazione@alettieditore.it

indicando nell'oggetto
"ordine libro da una feritoia osservo parole"

Riceverai tutte le istruzioni per averlo direttamente a casa.



Clicca qui per ordinarlo su Amazon

oppure

Clicca qui per ordinarlo su Ibs

****

TUTTO QUELLO CHE HAI SEMPRE VOLUTO
PER I TUOI TESTI

vai a vedere quello che ha da dirti Alessandro Quasimodo
clicca sull'immagine

Le opere più interessanti riceveranno una proposta di edizione per l’inserimento nella prestigiosa Collana I DIAMANTI
Servizi prestigiosi che solo la Aletti può garantire, la casa editrice indipendente più innovativa e dinamica del panorama culturale ed editoriale italiano


 
Info sull'Opera
Autrice:
Rivista Orizzonti
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

La Poesia, quel bisogno di vivere in pienezza. Intervista alla poetessa DONATELLA BISUTTI. «Credo che per chi scrive sia importante la sincerità: la coerenza fra la propria esperienza di vita e la scrittura».

di Rivista Orizzonti

Il contrasto dei sentimenti amorosi e dei generi affrontati e racchiusi in questa silloge poetica e narrativa di Donatella Bisutti, dal titolo evocativo Rosa Alchemica, Crocetti Editore, ci conduce a radici poetiche, a profumi inebrianti, ben lontani nei secoli e in dissolvenza amorosa, con la partecipazione emotiva di Cielo d’Alcamo, poeta della Scuola siciliana. Nei versi dell’autrice si denota la spiccata padronanza linguistica e artistica, dove i sentimenti ben si conformano, si miscelano e si amalgamano ai ritmi fondamentali dei quattro elementi che danno la vita, qui su questa terra: l’aria, l’acqua, il fuoco e la terra, appunto.
Così come negli altri “frutti” della sua fertile vocazione poetica, anche in questa silloge ci prospetta l’alternativa comunicativa sensoriale del nostro corpo che in forma mimesica (la mimesica è il diventare sostanzialmente quell’elemento) assorbe ed interpreta i ritmi dell’aria, dell’acqua, del fuoco, della terra, li fa propri e li manifesta in forma artistica nell’arte poetica.
Emerge la forza espressiva dei versi, generati da una profonda inquietudine intima: dall’amore, all’eros, alla perdita, al dolore, la poesia della Bisutti è l’interpretazione di quella «fragilità emotiva» che ha caratterizzato la sua formazione ed evoluzione individuale.
Donatella Bisutti, milanese di nascita, è poetessa, narratrice, saggista. Laureata in Belgio, è giornalista professionista ed è l’autrice della silloge Inganno ottico (Guanda, 1985, premio Montale per l’Inedito, tradotto da Bernard Noël, in Francia per le Éditions Unes con il titolo Le Leurre Optique, Draguignan 1989); cui seguiranno la raccolta di versi Penetrali ed il poema sacro Colui che viene con la prefazione di Mario Luzi, e poi altri sintomatici libri tra la Poesia e la Spiritualità, come Violenza, La nuit dans sa clôture de sang, ed. bilingue, trad. Jean-Jacques Boin e Bernard Noël, (Éditions Unes, 2000).
Donatella Bisutti ha svolto negli anni un’encomiabile opera di divulgazione della Poesia, specialmente attraverso due volumi L’Albero delle parole, edito da Feltrinelli nel 1978 e il saggio bestseller La Poesia salva la vita, Mondadori 1992.
Come traduttrice ha fatto conoscere in Italia poeti come Jon Silkin, Louis Simpson, sull’Almanacco dello Specchio; Edmond Jabès, di cui ha tradotto e curato per Mondadori il volume La memoria e la mano,1992; e Bernard Noël di cui ha tradotto e curato il poema La caduta dei tempi, Guanda 1997, ottenendo il Premio Biella per la migliore traduzione. Sua è l’edizione completa per Scheiwiller, con inediti, della poetessa Fernanda Romagnoli, 2003.
Nel 1990 è stata presidente dell’Association Européenne pour la Diffusion de la Poèsie con sede a Bruxelles. È membro del Pen Club della Svizzera Italiana, figura nel comitato direttivo dell’Unione Lettori Italiani e della rivista Poesia.
È anche una sensibile narratrice (Voglio avere gli occhi azzurri, Bompiani 1997) ed autrice di libri per ragazzi (L’Astromostro, Feltrinelli 1980, Lucio e la luce della luna, Campanotto 2000). Dal 2006 risiede in Portogallo.
Ritornando alla sua ultima fatica, Rosa Alchemica, in quest’opera, attraverso la scansione in piccoli capitoli, è rappresentato il ciclo del mito greco: da Eros e Persefone a Cibele e Core, dove il Canto dell’Acqua, il Canto del Fuoco, il Canto dell’Aria e il Canto della Terra evidenziano quanto siano state importanti e formative le lezioni di Platone ed Aristotele sull’arte della Mimesica, sul suo significato fondamentale per il giusto equilibrio tra l’Essere e l’Arte, in simbiosi mimesica con i ritmi fondamentali dei quattro elementi che da sempre hanno ispirato i massimi artisti.
“Abbiamo bisogno di sviluppare una spiritualità trans-confessionale, essenzialmente laica e moderna, che riapra la nostra umanità depressa e oscurata alla gioiosa ricerca di una vita sempre più libera e felice, di quell’essere umani in pienezza che preme in ognuno di noi con la forza e la gioia di un Nascente.” Con queste parole emblematiche riguardo al suo pensiero, la Bisutti ha presentato il primo numero del semestrale di ricerca transdisciplinare Poesia e Spiritualità, da lei fondato e diretto.

Cosa è la Poesia per Donatella Bisutti?
«La Poesia… Vi sono istanti che diventano intensità. In questa intensità la mente respira, non più divisa, scivola ai confini del tempo, incontra la bellezza come puro esercizio di sopravvivenza… e si entra nella vertigine del vero, dell’Arte».
Quanto c’è, dell’esperienza di vita di Donatella, in tutto ciò che scrive?
«Credo che chi scrive debba essere sincero: per sincerità intendo appunto una coerenza fra la propria esperienza di vita e la scrittura. Quando questa non c’è, quello che si scrive diventa “letterario” nel cattivo senso del termine, cioè manca di verità e di reale originalità perché si rifà non a una esperienza ma ad altri libri, a mode, a esperienze altrui, a cose orecchiate. Allora, perché scriverle? Solo ciò che è esclusivamente nostro può risultare nuovo e quindi interessante per gli altri.
Nella mia scrittura c’è il riflesso di esperienze d’amore esaltanti e drammatiche che hanno trasformato profondamente la mia vita. E anche il riflesso di una ricerca interiore, attraverso la meditazione (Zen e Yoga) e lo studio della psicoanalisi, mossa dalla necessità e dalla speranza di sopravvivere a dolori che avevano la loro radice nell’infanzia. Così ho rivissuto l’infanzia nel mio romanzo Voglio avere gli occhi azzurri, con lo stupore e gli strazi di questa età bella e terribile che prepara il tuo ingresso nel mondo. E ho scritto Colui che viene, oratorio mistico che riassume un’esperienza spirituale faticosa ma esaltante che mi ha condotto fino alla grotta dell’Apocalisse nell’isola di Patmos seguendo “segni” che, sentivo, mi venivano mandati. Ho scritto le poesie aforistiche di Violenza, spinta dalle esperienze quotidiane di violenza nel mondo in cui ci troviamo a vivere. Ho scritto per i bambini Le Parole Magiche, per condividere l’esperienza del gioco e della risata, il mio amore, fin da piccolissima, per le parole che sono una specie di Lego con cui si può giocare all’infinito».
Gli autori che hanno guidato la sua formazione?
«A mio avviso, gli autori determinanti sono quelli che si leggono nell’infanzia: niente, forse, si imprime più profondamente nell’animo di quelle prime letture. Per me sono stati la scoperta del meraviglioso, del magico, della possibilità di entrare in infiniti mondi. Ma anche della bizzarria, della paura, del dolore. Prima di tutto ricorderò le Novelle di Andersen, che per me rimangono un vertice della letteratura mondiale e Alice nel paese delle meraviglie, ma anche I viaggi di Gulliver. Fra i libri che invece ho amato nella mia adolescenza ricorderò La bella estate di Pavese, gli Ossi di seppia di Montale, i racconti di Calvino e di Poe… e dopo? Certo la Dickinson, Yeats, Blake, Holderlin, fra i poeti. Dino Campana. Il Foscolo. E, negli anni più vicini, Fernanda Romagnoli, così poco conosciuta e ricordata, di cui ho curato un’edizione postuma con alcuni inediti per Scheiwiller. Il grande grandissimo Giorgio Caproni.
A volte ci toccano il cuore gli autori più defilati, non necessariamente, per dirla con Montale, quelli più “laureati”, forse perché ce li fanno studiare troppo a scuola e ce ne viene l’uggia per sempre. Ed è magari un peccato. A me piace molto andare controcorrente, esplorare, seguire l’impulso della curiosità, andare a caccia dell’incontro imprevedibile».
Può il coinvolgimento politico essere determinante per chi scrive?
«Sicuramente può. Ma non necessariamente deve. Voglio dire che ormai siamo lontani anni luce dalla letteratura d’impegno. Oggi non credo in un coinvolgimento politico diretto. Ma indirettamente esiste sempre un coinvolgimento anche politico, nel senso che uno scrittore parte da una visione del mondo, e questa non può non essere anche sociale e politica. Significa credere, innanzitutto in determinati valori, in determinate priorità. Io di più “politico” ho fatto, insieme a Mario Luzi, soltanto un manifesto per la Pace ai tempi della guerra del Kosovo, diventato poi un libro, che purtroppo è caduto un po’ nel vuoto. Ma resta una testimonianza importante che andrebbe rivisitata oggi che siamo ritornati in un’altra guerra, che appare ancora una volta sbagliata. Ho scritto anche una raccolta Violenza, che vuole levare una voce contro la tortura e la sopraffazione e un’altra di Aforismi La parte dell’innocenza, che ha ottenuto il Premio presieduto da Maria Luisa Spaziani».
Un consiglio a chi intende avvicinarsi alla scrittura creativa?
«Non voler essere omologato a una moda, ma nemmeno andare alla ricerca dell’originalità per l’originalità: l’originalità vera è un fatto interiore e non programmatico. Come dicevo prima, la sincerità mi sembra essenziale per uno scrittore degno di questo nome, e quindi anche la coincidenza e la coerenza fra vita e scrittura. Il consiglio, che dico anche a me stessa, è questo: scrivere solo se, e quando, lo si avverte una necessità ineludibile e, a volte, quasi dolorosa. Non mi piacciono quelli che si mettono ogni giorno a tavolino anche se non ne hanno voglia. Questa è letteratura artificiosa».
Che differenza nota tra l’ambiente culturale degli anni 60 e questo del terzo millennio?
«A dir la verità, non posso parlare molto dell’ambiente culturale degli anni 60 perché ho esordito in campo letterario negli anni 80. Comunque, la differenza è senz’altro notevole. La prima che salta agli occhi è la presenza massiccia di internet, di facebook, twitter, sky, messenger, ecc. Certo, questo presenta da un lato dei vantaggi: la rapidità con cui si possono diffondere informazioni e idee senza sottostare ai diktat editoriali; la velocità e la libertà, la possibilità di raggiungere in un attimo migliaia di persone con cui condividere progetti, è qualcosa di impagabile. Tuttavia, dato che nulla a questo mondo è senza un prezzo, il prevalere mediatico sulla carta stampata significa anche minore durata di un testo, anzi scarsissima durata e anche minore lavoro “artigianale” sulla scrittura, un impegno più superficiale e approssimativo, se non altro per tener dietro a questi tempi veloci. Inoltre, la platea dei fruitori è non solo immensa ma anonima, così viene meno un referente critico preciso. Negli anni 60 c’era una critica riconosciuta che, bene o male, fissava dei valori: uno che scriveva, o che voleva scrivere, sapeva a che cosa attenersi. Oggi tutto sembra avere uno stesso valore, il buono e il cattivo, e questo disorienta».
Ricorda la prima volta che si è resa conto di voler scrivere?
«Ricordo che ho cominciato a scrivere a otto anni e già allora volevo diventare una scrittrice da grande. Scrivevo poesie e anche tutti i testi del giornalino di classe, compresi i giochi di parole. Una vocazione precocissima che però si è realizzata tardi, per paura di non essere all’altezza. Nel frattempo facevo giornalismo, che mi metteva meno in gioco dal punto di vista della scrittura. Però, da quell’esperienza ho imparato molto: la volontà di comunicare con un lettore; il rifiuto di considerare la poesia un fatto elitario, una lettura iniziatica che doveva escludere, secondo alcuni “colleghi” poeti, tutti coloro che erano al di fuori della ristretta cerchia. Io sostengo, invece, e lo dico da anni, che la poesia deve essere per tutti, perché è uno strumento imprescindibile per la qualità della nostra vita».

Mi congedo da questo articolo con una frase di Louise Bourgeois: “Fare arte non è una terapia, è un atto di sopravvivenza. Una garanzia di salute mentale. La certezza è che non ti farai del male e che non ucciderai mai nessuno”.
Ma non posso non riportare un pensiero di Dylan Thomas: “All’inizio volevo scrivere poesia perché mi ero innamorato delle parole. Le mie prime poesie furono le nursery rhymes e, prima che potessi leggerle da solo, mi piaceva il suono delle parole, giusto il loro suono. Quello a cui servivano le parole, i loro simboli, i loro significati avevano un’importanza del tutto secondaria. Solo il suono importava… Mi interessavano le forme che il suono dei loro nomi prendeva nel mio orecchio… i colori che le parole mi gettavano negli occhi.”


(Articolo di Giuseppe Lorin, pubblicato su Orizzonti n. 40)

Diventa nostro amico su facebook
http://www.facebook.com/rivistaorizzonti

Seguici su twitter
www.twitter.com/rorizzonti
Segnala questa opera ad un amico

Inserisci Nuova Notizia

Nessuna notizia inserita

Notizie Presenti
Non sono presenti notizie riguardanti questa opera.