| Otto monologhi al femminile che dal teatro approdano sulla carta: è "Le Beatrici", il libro di Stefano Benni (Feltrinelli, pp. 94, Euro 9), nato dopo l’avventura teatrale, a Genova, di giovani attrici che hanno prestato la loro voce a figure estratte dal vasto universo femminile: una suora - suor Filomena, preda di illecite passioni - spiritata e combattiva (“il mio motto è: o ti penti o ti faccio saltare i denti”); una donna in preda all’ansia e un’altra in carriera; una vecchia insopportabile e una sognante; una giovane irrequieta; un’adolescente crudele e una donna-lupo. Accuse, tiritere, elucubrazioni, confidenze, sogni, intrighi amorosi, si alternano in quest’opera, a metà fra teatro e racconto.
«L’idea è nata dopo la protesta di due attrici - ha spiegato Stefano Benni -. Si sono lamentate di non avere “nuovi” ruoli da interpretare e che io avevo come riferimento principale, per i miei testi, un’attrice in particolare, Angela Finocchiaro. Tra me e lei, è vero, c’è una specie di “amore”, che ci accompagna da anni, e loro mi hanno fatto una scenata di gelosia (sorride, ndr), chiedendomi di scrivere qualcosa anche per loro».
Benni si è cimentato così, immaginando voci molto diverse, alla scrittura di modelli femminili; alcuni comici, altri tragici, con pezzi intensi, ironici, dissacranti.
Il viaggio nel mondo femminile ci consegna il divertente omaggio alla Beatrice «per eccellenza»: quella amata da Dante. Nella divertente parodia di Benni, è una ventenne moderna, libera e per niente attratta dalla “corte poetica” dell’Alighieri, soprannominato “Canappione”, per il suo evidente naso aquilino. «O vien più tosto, Dantino mio e fammi un regalino - dice questa Beatrice, concreta e materiale. E, smaliziata, riflette: «Mica posso aspettare che abbia finito il capolavoro e che mi abbia angelicato... A diciannove anni al Medioevo si è già in anticamera da zitelle. Mica si ha il lifting e gli antibiotici e l’aerobica, noi».
Nel libro ci sono tutti i racconti dello spettacolo, messo in scena da Giorgio Gallione. «Il mio preferito è Vecchiaccia; è molto forte e verrà interpretato da un’altra attrice che stimo tantissimo: Anita Caprioli», ha dichiarato Benni. In esso, viene raccontato il dramma di un’anziana che ripercorre gli eventi traumatici della sua vita (la morte della sorellina, l’uccisione dell’amato da parte dei fascisti, e il dolore più recente: l’abbandono in una casa di riposo), dando sfogo alla sua rabbia.
Tutte donne, perché? «Un’attrice donna è molto più versatile, ha più sfumature. Ci sono brave attrici giovani nel panorama teatrale; non mi interessano quelle del cinema e della televisione. Quando ho fatto i provini, su dieci attrici convocate le cinque che noi abbiamo ritenuto più brave lavoravano soprattutto in teatro - ha spiegato Benni -. Gli attori uomini, invece, sono più schematici, la prima cosa che gli interessa dei miei testi è l’aspetto comico. Per questo io, che non faccio mai testi che siano solamente comici, mi trovo meglio con le donne. È naturale. Un altro motivo può essere che ho un’idea romantica delle donne, e penso che siano più lontane dal potere rispetto agli uomini; anche se ultimamente sto iniziando a pensare che non sia proprio così; che esista anche una corruzione, per il potere, anche tra le donne del nostro Paese».
A fare da intermezzo tra un capitolo e l’altro, ci sono poesie e canzoni: una di queste, che Benni scrisse per De Andrè prima che il cantante “decidesse di suonare altrove”, chiude la raccolta: “Io non voglio che mi ricordiate/ Nel trionfo, ma nella mia sera/ Nelle cose che dissi tremando/ In ciò che suonai con paura.”
(Articolo di Carlotta Ferzetti, pubblicato su Orizzonti n. 40)
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