| È un racconto lungo o anche un romanzo breve ma si tratta di una definizione che si lega solo alla durata e si motiva con la convenzione di definire gli scritti secondo generi letterari con un’etichetta. In effetti la dimensione è quella del raccontare che, per lo stile schietto e per l’argomento, si avvicina al reportage giornalistico. In fondo potrebbe essere una storia raccolta da un giornalista, di quelli veri con un po’ di tempo a disposizione ed impegnato in prima linea, con la voglia di capire l’uomo che sta dietro il ruolo, come ne esistono sempre meno. Per certi versi è anche una fiaba moderna, per il lieto fine certo, ma anche per il dipanarsi della vicenda che sembra snodarsi secondo il filo di un processo didascalico con i diversi personaggi che incarnano un tipo a ricostruire un microcosmo nel quale ognuno è un tassello funzionale al quadro della vita. La mia impressione è che il lieto fine non sia semplicemente una nota di speranza e un modo per alleggerire il dolore dell’accaduto ma proprio il messaggio centrale, l’invito all’impegno e all’assunzione di responsabilità perché la ‘buona volontà’ se non può tutto, può molto ed è determinante. C’è nella trama – che qui tralascio affidando il piacere della scoperta al lettore – la naturalezza della sorpresa e la consapevolezza per cui nulla accade per caso mentre nessuno può esimersi dalla responsabilità di vivere la vita che si sceglie e che contrasta con un certo qualunquismo e omologazione diffusi. In effetti la casualità, che nello scritto di Francesco De Palo, è un incidente stradale è sempre in agguato nelle vita ma la sfida è trasformare la minaccia in occasione, la sciagura in opportunità come per i due protagonisti. Al centro dello svolgersi dell’azione l’incontro-scontro tra due sconosciuti e quindi misconosciuti per ragioni diverse: Mohamed perché in terra straniera; Paolo perché straniero a se stesso. In questo caso però, in un rapporto che per ragioni sociali e di contesto è asimmetrico, almeno all’inizio, uno funge da specchio per l’altro, una dimensione nella quale perdersi per poi ritrovarsi…inevitabilmente diverso, anzi diversi. Perché ogni relazione – è questo emerge chiaramente dallo scritto di De Palo – comporta sempre una qualche reciprocità che ci cambia nostro malgrado. L’incontro è a mio modo di vedere una metafora del viaggio che è la vita, non necessariamente inteso come uno spostamento nello spazio, anche se uno dei due personaggi affronta il rischio del cambiamento con un viaggio verso quella che definisce la terra promessa. Il viaggio può iniziare, come nel caso di Paolo, dietro casa, basta uscire da sé e dal proprio solito percorso per aprirsi all’altro in modo autentico: attraverso l’ascolto, prima; l’accoglienza poi. Ci sono casi nei quali si resta impermeabili come spettatori distaccati come turisti senza mai diventare autentici viaggiatori. I primi intraprendono un viaggio pensando al momento nel quale torneranno a casa; i secondi non hanno né la certezza di tornare, né conoscono la data; talora neppure sanno esattamente dove arriveranno. Nel racconto “Onde” l’occasione come più spesso capita è un impatto forte, uno choc che offre l’occasione di un cambiamento di rotta come al politico Paolo; ma a volte può essere fatale, come all’amico e avvocato personale, Luca, che soccombe perché non riesce a convivere con l’assenza di controllo.
Tra l’altro emerge dal racconto che non sempre chi cerca aiuto non sia poi colui che presta soccorso anche inconsapevolmente, magari con la semplice testimonianza del proprio esistere come Mohamed. Un libro essenziale, dando il peso giusto all’effetto sorpresa, senza la voglia di stupire a tutti i costi con vicende estreme, ché la quotidianità di per sé è già un racconto avvincente. Basta abbandonarsi alle onde, per richiamarsi al titolo, mantenendo ferma la rotta, con coraggio e determinazione, di fronte alle difficoltà della vita, sembra dire l’autore. Mentre il sottotiolo fa da specchio agli eventi: chi è il vero protagonista di questa navigazione impervia? Come rintracciare la causa e l’effetto? Ma forse questo poco importa. Finendo di leggere le “Onde” lascio le immagini che il racconto anima e penso che non sia da tralasciare l’idea di una sceneggiatura.
Lunedì 28 marzo 2011 Il Chiasmo delle idee, di Ilaria Guidantoni
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