Home Page  
Progetto Editoriale  
Poesia  
Narrativa  
Cerca  
Enciclopedia Autori  
Notizie  
Opere pubblicate: 19989

-



VII PREMIO LETTERARIO INTERNAZIONALE AL FEMMINILE

MARIA CUMANI QUASIMODO

SCADENZA
28 APRILE 2023

 

 



 

 

 

Il libro più amato da chi scrive poesie,
una bussola per un cammino più consapevole.
Riceverai una copia autografata del Maestro Aletti
Con una sua riflessione.

Tutti quelli che scrivono
dovrebbero averne una copia sulla scrivania.

Un vademecum sulle buone pratiche della Scrittura.

Un successo straordinario,
tre ristampe nelle prime due settimane dall'uscita.


Il libro è stato già al terzo posto nella classifica di
Amazon
e al secondo posto nella classifica di Ibs

Se non hai Amazon o Ibs scrivi ad:

amministrazione@alettieditore.it

indicando nell'oggetto
"ordine libro da una feritoia osservo parole"

Riceverai tutte le istruzioni per averlo direttamente a casa.



Clicca qui per ordinarlo su Amazon

oppure

Clicca qui per ordinarlo su Ibs

****

TUTTO QUELLO CHE HAI SEMPRE VOLUTO
PER I TUOI TESTI

vai a vedere quello che ha da dirti Alessandro Quasimodo
clicca sull'immagine

Le opere più interessanti riceveranno una proposta di edizione per l’inserimento nella prestigiosa Collana I DIAMANTI
Servizi prestigiosi che solo la Aletti può garantire, la casa editrice indipendente più innovativa e dinamica del panorama culturale ed editoriale italiano


 
Info sull'Opera
Autore:
Presentazioni Aletti
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

TORINO 19 aprile 2012 - Presentazione del libro «Ho parlato di te» di Gian Ugo Berti ( Aletti Editore )

di Presentazioni Aletti

TORINO
19 aprile 2012
ore 18
presso la Libreria Belgravia

Presentazione del libro «Ho parlato di te» (Aletti Editore)
di Gian Ugo Berti


***


PREFAZIONE DEL ROMANZO di Daniele M. Cerrato - Presidente Casagit

Ci sono persone che conosci solo “dopo”. Anche se le hai viste, hai stretto loro la mano, ci hai parlato, metti al posto giusto contorni e istinti, umanità e limiti solo dopo che se ne sono andate, quando te li racconta qualcuno che ne ha potuto registrare i passi, contare le pause, osservare dove gli occhi andavano a scavare. In questo libro ci sono Angiolo Berti e il buio che lo ha preso negli ultimi anni. Ma il racconto è anche quello delle luce che gli ha cucito intorno una lunga vita di cronista e protagonista nel mondo dei giornalisti italiani. Chi fa il nostro mestiere, e lo fa davvero, cucinando senza usare precotti, vive vite ricche di fardelli da portare. Mette le mani - quasi come un medico - in miserie e grandezze diventando capace, a volte, di gesti importanti che non cercano una cronaca. Agli altri, spesso, restano lische puntute di determinazione, di forza usata per fare cose grandi o anche grossolani errori. Non importa. Che poi tutto questo leggere e raccontare finisca nel buio dell’Alzheimer è un’altra storia. Forse una di quelle che ha da qualche parte una forma di contrappeso, come se in quella fuga dalla vita vissuta appieno ci fosse una ricompensa di riposo che, giustamente, mai potrà essere accettata da chi ti sta vicino.

Dire che ho conosciuto bene Angiolo Berti è un po’ troppo. In due occasioni ho incontrato il pioniere della Casagit e mai avrei pensato, allora, di essere tra quelli destinati a raccoglierne il testimone. Lui parte della storia della nostra categoria, io giovane delegato, appena arrivato, ragazzino. Quello che non sapevo era che parlargli significava anche sottoporsi ad un piccolo interrogatorio, garbato, da signore d’altri tempi, ma diretto, schietto, a ben vedere anche un po’ ruvido. Ripensandoci oggi potrebbe essere la sintesi di quello che aveva tenacemente voluto: uno strumento molto concreto per dare peso alle sicurezze e completare il Welfare dei giornalisti italiani. Di lui sapevo poco, solo qualche cenno di storia personale. Lungo la strada di ricordi “riportati”, venuti fuori padre e uno zio partigiani, quest’ultimo, Lorenzo Cravero, deportato come Berti e ucciso a Mauthausen, arrivò più attenzione e altre domande. Era come se Berti avesse trovato un filo comune di ragionamento, una strada per parlare ad un giovane delegato che sembrava anche disincantato rispetto a quella Cassa da poco incontrata. Ai suoi occhi, forse, quel giovane poteva non aver ben compreso che il “modello” della Casagit si richiamava a concetti, forse sogni, che avevano cittadinanza proprio negli anni nei quali si lottava per qualcosa di ben più grande. Ma la conversazione diventò vivace, bella, curiosa. Diceva di come era stato immaginato un riparo per la salute di giornalisti liberi di scrivere dando loro uno strumento per mantenere pari autonomia anche nei momenti meno facili della vita privata. Qualcosa che li faceva addirittura più forti e tutelati di tanti altri professionisti italiani.

Chissà forse una “casta”, un cesto di privilegi. Dibattito che insegue gli italiani da sempre nei momenti più scarni, quando risulta impossibile migliorare le cose per tutti. Ma per la Casagit, oggi intitolata ad Angiolo Berti, la storia è ben lontana dai privilegi. È come comprare il pane: paghi di tasca tua per avere qualcosa che ti serve. Se però devo scegliere il momento in cui ho cercato di conoscere più a fondo il Presidente Berti è stato quando, a inizio mandato, in un passaggio difficile per i conti della Cassa e per il mercato del lavoro dei giornalisti italiani, mi sono chiesto banalmente “ma quel demonio dagli occhi aguzzi, che sorrideva e colpiva dritto e a fondo adesso cosa farebbe?” Sono andato a rileggere, cercando un filo per interpretare decisioni e momenti della nostra storia di giornalisti, anche i vecchi verbali di Consiglio d’Amministrazione. Ci ho trovato una sintesi estrema che oggi in parte rimpiango, sacrificata alle aumentate complessità di gestione pratica e politica della Cassa. Ai tempi di Berti poche righe raccontavano cambi di rotta fondamentali: come l’accogliere i familiari tra gli assistiti della Casagit. Poche parole senza tanti fronzoli, né vivaci oratori, dicevano che la comunità dei giornalisti si era data regole per la salvaguardia della sua salute in tutto il paese, cercando di dribblare le tante differenze di assistenza pubblica che ieri come oggi, ahimè, restano. Una lingua ancora una volta asciutta e a tratti ruvida quella dei primi Cda: pochi numeri e meccanismi di base fondamentali, quegli stessi che anche ancora oggi ci permettono di navigare e affrontare onde alte, addirittura tempeste. Credo quella fosse, in fondo, la lingua giusta per quei tempi e per i convincimenti di Berti: i giornalisti devono avere un sistema di tutela, capace di tenere insieme previdenza e salute che è come tenere insieme solidità e tentativi di “schiena diritta”. Chi navigava il Transatlantico di Montecitorio in quegli anni sapeva come andava il mondo. Se il corsivo iniziato pungente, diventa una preghiera alla politica perché tenga conto di questo e di quello, dell’esistenza di tanti e differenti modi di camminare l’Italia, è giusto che chi si assume il compito di raccontare possa provvedere a se stesso. Non può con la stessa mano sferzare, accarezzare, indicare e chiedere. Ma lo deve fare - sono certo Berti a questo punto offrirebbe anche me un caffè come faceva con i barboni - salvaguardando quanti più colleghi possibili, meglio ancora tutti. Un pensiero semplice e complicato, sfidante. Chi ha buone retribuzioni garantisca anche chi, ieri e molto di più oggi, ha meno risorse. Forse il fondatore della Casagit nel suo buio rimestava anche questo, o forse no. A me fa piacere pensare che, comunque, certe parole d’ordine non tramontino mai.
Buona lettura


Diventa nostro amico su facebook
http://www.facebook.com/alettieditore

Seguici su twitter
http://www.twitter.com/alettieditore


Segnala questa opera ad un amico

Inserisci Nuova Notizia

Nessuna notizia inserita

Notizie Presenti
Non sono presenti notizie riguardanti questa opera.