| Stavolta niente commissario Montalbano. Sempre il paesino siculo di Vigata, ma bisogna fare un salto indietro di oltre cent’anni: 1848, con il traghetto arriva un giovane farmacista, figlio a sua volta di un farmacista che coltivava proprio a Vigata piante dai poteri medicamentosi e che fu ucciso misteriosamente. Ma l’arrivo dell’orfano Fofò, concupito dalle donne, scatena un’ecatombe: il vecchio marchese Peluso scende dalla sedia a rotelle solo per annegarsi; il nipote Rico muore avvelenato dai funghi che amava raccogliere nei boschi; il padre don Filippo si rompe l’osso del collo in un burrone, mentre la madre, ormai pazza, muore nel suo letto. L’unica superstite della sfortunata dinastia è la marchesina ‘Ntontò.
Impossibile non chiedersi ad ogni pagina se è il giusto castigo per i responsabili dell’omicidio del farmacista o se nella mente di Camilleri, regista di teatro e sceneggiatore, si agitano altre e diverse idee.
(Dalla rubrica “In Libreria”, a cura di Federica Fantozzi, Orizzonti n. 9, marzo-aprile 1999)
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