| Domanda – Quanto c’è di Gabriellini nei personaggi che interpreti?
Gabriellini – Allora… di Gabriellini c’è tanto, perché, non essendo attore professionista, quello che cerco di fare è dare vita (e la vita è la mia) alle battute di questi personaggi. Inoltre, la loro quotidianità è similissima alla mia e, quindi, non riesco a fingere più di tanto. Anche se questo, certamente, è un handicap.
Domanda – Grazie al successo ottenuto da «Ovosodo», due nuove attrici (Regina Orioli, nella foto, e Claudia Pandolfi) si sono fatte notare nel panorama cinematografico. Per una donna è più facile lavorare in questo settore?
Gabriellini - …Sì, magari è più facile lavorare in senso pratico, cioè, è più facile che a belle ragazze vengano offerti dei ruoli.
Domanda – Quindi, per un canone estetico?
Gabriellini – Sì, sicuramente nel mondo dello spettacolo, nel cinema e ancor di più nella televisione, la bellezza è un attributo richiesto, anche se poi non è più facile lavorare n senso qualitativo, perché penso che nei progetti buoni le probabilità siano pari.
Domanda – Sappiamo che hai investito il tuo guadagno di attore come produttore di un gruppo punk-rock. Puoi spiegare le motivazioni di questa scelta?
Gabriellini – Ho sempre passato tutta la mia adolescenza, e non solo, intorno a centri sociali, quindi ho sempre cercato di portare avanti determinate cose di autoproduzione, anche cortometraggi che per ora ho fatto. E quindi, dal momento che avevo i soldi e credevo in questo gruppo di Livorno che si chiamano «Flora e fauna», ho colto l’occasione e ho detto: «Facciamo un bel disco». Ed è un disco che, oltretutto, sta andando benissimo perché ha ottenuto diverse recensioni sui giornali. Il gruppo ha già cominciato il tour. Ci hanno anche chiesto la distribuzione. Per me è importante continuare in parallelo questo progetto di autoproduzione, per soddisfare in qualche maniera le mie esigenze, gli ideali che finora ho portato avanti.
Domanda – Qual è allora il tuo rapporto con l’arte?
Gabriellini – Non so di preciso che cosa si intenda per arte. Però se per arte si intende, in questo caso, una forma di espressione come per me è stato lavorare nel cinema, interagire con la musica, allora è un rapporto intimassimo. Non ne posso fare a meno e spero di poter sempre rimanere in contatto così stretto
***
IL QUESTIONARIO DI PROUST*
LA COSA CHE PIÙ DETESTO DI ME
«L’arroganza».
QUELLO CHE MI FA PIACERE UN UOMO
«L’approccio».
QUELLO CHE MI FA PIACERE UNA DONNA
«Gli occhi».
LA VOLTA CHE SONO STATO PIÙ FELICE
«Quando ho trovato casa, l’anno scorso».
LA VOLTA CHE SONO STATO PIÙ INFELICE
«Non lo so».
IN CHI MI CAMBIEREI SE AVESSI LA BACCHETTA MAGICA
« (Ride) In un bravissimo scienziato».
COSA SOGNAVO DI FARE DA GRANDE
«Il terrorista».
L’ERRORE CHE NON RIFAREI
«I cambi di scuola».
LA PERSONA CHE AMMIRO DI PIÙ
«Mio padre».
LA PERSONA CHE RINGRAZIO DIO DI NON ESSERE
«Probabilmente Verdone».
IL ROSSO O IL NERO
«Inconsciamente, al volo, dico il rosso, un colore più vivo e più caldo. Forse il nero da una parte mi intimorisce, mi dà un tono più cupo».
QUANDO MI SONO SENTITO FIERO DI ESSERE ITALIANO
«Bò, forse nell’82, quando l’Italia ha vinto i mondiali di calcio».
QUANDO MI SONO VERGOGNATO DI ESSERE ITALIANO
«Non lo so, perché mi accade troppo spesso».
COME VORREI MORIRE
«Con una pistolettata».
*Il Questionario di Proust era un gioco di società in voga nei salotti del XIX Secolo, una sorta di test della personalità, fatto per divertimento. Proust non l'ha inventato, ma lo ha solo reso celebre partecipando al gioco; ed è per questo che il test è stato rinominato col nome dello scrittore francese.
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