| Roberto Vecchioni è attualmente impegnato nella promozione del suo nuovo album, «Sogna ragazzo sogna», costituito da dieci brani, uno dei quali dedicato alla poetessa Alda Merini. Per capire meglio i motivi fondamentali che sono alla base della realizzazione di questa opera musicale abbiamo voluto rivolgergli alcune domande.
Domanda – Che cosa l’ha ispirata nella realizzazione del nuovo album?
Vecchioni – Il fatto principale è che noi non sappiamo mai conciliare i nostri sogni con la realtà, mai, o diamo troppo peso alla prima cosa o alla seconda e molto spesso soffriamo per tanto, tantissimo, anche perché concepiamo sempre il sogno come una rinuncia, una fuga dalla realtà, e non è questa la verità. Il sogno è un’altra faccia della realtà ed è la continuazione della realtà. Direi, poi, che ho, nelle varie canzoni, sono dieci, messo in evidenza alcuni momenti fondamentali della mia vita, che possono essere della vita di tutti, momenti che non dimenticherò mai, in cui il sogno è diventato realtà o il sogno si è perso, perché può succedere anche questo. In realtà la nostra vita è proprio questo: un continuo alternarsi e combattere di sogno e realtà.
Domanda – Questa è anche la tematica portante della canzone «I Commedianti».
Vecchioni – Sì, è la storia di un bambino svedese del 600, un piccolo guardiano d’oche che a Malmoe scopre i commedianti dell’arte, gli Zanni del tempo. Vorrebbe seguirli nel loro cammino di libertà ma la madre lo trattiene, ci sono le oche da accudire. E, infine, li rivede da vecchio e questa volta può seguirli: con gli anni ha imparato che il sogno non ha età e che non è una fuga dalla realtà, ma ne è il completamento.
Domanda – Ciò vuol dire che i sogni sono più facili da raggiungere in tarda età, quando ci si è disimpegnati dalla vita?
Vecchioni – Non è che i sogni si possano realizzare solo da vecchi, ma quando uno vuole o si sente.
Domanda – Lei ha scritto «Canzone per Alda Merini», che è il quarto brano del nuovo cd; in che modo e quanto è legato a questo poeta?
Vecchioni – Sono legato anche personalmente, ma soprattutto direi che mi ha insegnato tantissimo della vita, mi ha insegnato non una morale cattolica, né altro; mi ha insegnato la sicurezza della propria esistenza, cioè di fronte a qualsiasi avversità, a qualsiasi dolore, a qualsiasi dramma, la prima cosa da continuare ad amare è proprio la vita e il fatto di esserci, e questa è la lezione che lei ha dato a se stessa, e che attraverso i suoi versi si capisce benissimo. Oltretutto è uno dei pochissimi poeti contemporanei assolutamente coerente con la sua esistenza e poi finalmente comprensibile, la sua è la poesia dell’assoluta chiarezza ed è per questo che ci emoziona. Nei versi di questa canzone dedicata ad Alda Merini, nati da tante nostre conversazioni, lei si racconta dal manicomio, parla del suo amore straziante per la fisicità della vita. È una persona che ha sempre amato e continua ad amare, un personaggio disastrato che riesce ad inventarsi gioia ed ironia.
Domanda – Lei è autore sia dei testi che della musica di «Sogna ragazzo sogna»?
Vecchioni – A parte due melodie che ho scritto insieme al mio arrangiatore, il resto è tutto mio.
Domanda – Come nasce una sua canzone?
Vecchioni – La situazione non è mai voluta, è sempre qualche cosa che nasce da una frase che mi viene in mente, da una cosa che vedo, da una frase che leggo, da una scena di un film e allora nella mente mi costruisco tutta una trama quasi cinematografica, quasi teatrale, molto precisa, per raccontare metaforicamente qualche cosa e, prima di prendere qualsiasi strumento musicale o una penna, la canzone la costruisco con la testa e con il cuore; viene fuori quasi tutta così, sia la melodia che le parole e direi simultaneamente. Poi, l’ultimo atto è quello di vedere se vanno bene queste due cose insieme.
Domanda – Ma di tutto ciò che la circonda, cosa l’ispira maggiormente?
Vecchioni – Ci sono tantissime cose: la rabbia per ciò che non va bene e che gli uomini vogliono fare andare bene, anche l’impotenza di fronte a questa situazione e poi l’amore che sembra sempre la soluzione di tutte le cose e poi ad un certo punto scoppia e ti lascia in mano briciole e da queste briciole rinasce: questi sono due argomenti fondamentali che mi ispirano. C’è , poi, l’accorgersi delle piccole cose, che sono importanti nella vita, che sembrano piccole ma non lo sono, come tenersi vicino gli affetti più cari, come i figli per esempio, le proprie cose, la famiglia e saper sempre conciliare il proprio aspetto dionisiaco da artista con quello più pantofolaio, normale, dell’uomo di casa.
Vecchioni – Come fa a conciliare i suoi numerosi impegni artistici con quelli dell’insegnamento?
Domanda – Ma ormai è diventata un’abitudine, i tempi me li riesco a gestire abbastanza bene, ma la cosa più difficile da conciliare è un’altra: cioè, la straordinarietà della vita che ti è data dall’essere un personaggio pubblico e la ordinarietà della vita che ti è data dalle cose di tutti i giorni. Bisogna saper non confondere le due parti e soprattutto non credersi un dio in una situazione e non credersi una nullità nell’altra, amarle tutte e due.
Vecchioni – Quindi dà la stessa importanza a tutte e due le cose?
Domanda – Sì, direi di sì, anzi al limite ha molta più importanza il mio privato.
Vecchioni – A lei che trascorre molto tempo con i ragazzi, come sembra questa società?
Domanda – Mah, i ragazzi sono forviati nei sogni, perché gli si costruiscono dei sogni fasulli; direi che ci sono più o meno due binari che i ragazzi oggi tentano di prendere. Un binario è quello che li porta ad essere sempre e comunque sulla bocca di tutti, ad avere successo, a distinguersi dagli altri e quindi generalmente vogliono fare l’attore, il cantante o qualcosa di questo genere e questo secondo me è dettato soprattutto da una difficoltà che si ha verso sé stessi e allora si vuole dagli altri la gratificazione ad un merito che non ci si sa dare da soli. È una grande insicurezza voler dagli altri sempre un applauso, perché l’applauso dovresti dartelo tu prima degli altri. E un’altra strada è quella che li porta ad avere una professione che li mette a posto, che gli dà i soldi, che li fa guadagnare a tutti i costi, per cui i valori fondamentali passano sicuramente in secondo ordine. La capacità di sognare e di lottare viene a mancare per un sogno che sia diverso da cose futili o da cose troppo utili.
Vecchioni – Quindi nota una crisi di valori?
Domanda – Sì, c’è una grossa crisi di valori e i ragazzi si dibattono, non è colpa loro perché i modelli che hanno sono mediocri, i modelli dati dai media sono veramente mediocri e poi soprattutto vivono in un mondo in cui le cose sono, per la stragrande maggioranza dei ragazzi, facili da ottenere e quindi anche la voglia di lottare, la forza di lottare, si perde e là dove le cose non sono facili non hanno abitudine alla lotta, si smontano subito ed è un grandissimo peccato; alcuni finiscono per drogarsi, altri diventano delle pecore, si lasciano andare. Però per fortuna ci sono anche orizzonti più chiari, ci sono dei ragazzi che sanno mettere insieme il sogno e la realtà, sono una minoranza, ma esistono.
Domanda – Che ne pensa della produzione musicale attuale?
Vecchioni – Io credo che sia in evoluzione continua e rispecchia anche un po’ i tempi, i gusti della gente, quello che vuole la gente. Mi piacciono moltissimo certi esperimenti anche “politici” della musica italiana, le Posse ed altre cose di questo genere, ad esempio. Io però sono legato naturalmente alla mia generazione, agli anni 70, a Guccini a De Andrè, a questi, perché secondo me nelle loro canzoni c’è un respiro un po’ più ampio che va oltre il momento attuale, la cronaca, prende la forma più di storia.
Domanda – Secondo lei le scuole per cantautori come quella di Mogol possono far nascere un artista?
Vecchioni – Io ho una grande stima di Mogol come autore, anzi come poeta, devo dire la verità, perché nel mondo della canzone, forse, non c’è un poeta più giusto di lui. Però ho i miei dubbi sul fatto che certe scuole possano insegnare a scrivere parole o musica. Ci sono state sempre scuole di questo genere, però la genialità, la particolarità non viene mai dalla scuola, devi avere qualcosa di più tu, dentro.
(Articolo di Mimmo Scialla, pubblicato su Orizzonti n. 9, mar-apr 1999)
Diventa nostro amico su facebook
www.facebook.com/rivistaorizzonti
Seguici su twitter
www.twitter.com/rorizzonti
|