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Info sull'Opera
Autrice:
Rivista Orizzonti
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

Peter Russell, la testimonianza di un Poeta inglese in Italia.

di Rivista Orizzonti

Ripubblichiamo quest’intervista, che risale al 2001, per ricordare questo grande poeta, candidato al Nobel, che viveva in Italia dall’83, morto nel 2003, più per “la solitudine e l’abbandono, che per l’enfisema polmonare”.



È considerato uno dei maggiori Poeti inglesi e lui, Peter Russell, ammicca da antico bohémien di 79 anni coi capelli folti e la barba candida, gli occhi rugosi grigioazzurri di folletto all’erta e le mani grandi, incerte, odorose di Gauloise (rigorosamente senza filtro) e Alfa (ne fuma ottanta al giorno) e William Lawson allungato con acqua. Colpisce, la poesia del Russell, per il nutrimento che attinge alla Natura stessa e a Dio; mirata agli elementi e comunque ad una Bellezza Universale dove “Homo mundus miror”, una polvere che scorre e lascia scorrere inesorabilmente epoche e tecnologie in realtà troppo veloci per il semplice incedere d’una foglia.
“Perché smuovere una pietra?/ Il sangue una volta scorse orgoglioso,/ Risplendente l’orizzonte dei vivi/ la vita ovunque sia è di se stessa”. Ecco il rinnovato fervore che si esplica nell’intensa attività filologica tipica dell’umanesimo, quella continua ricerca della misura più alta della dignità dell’uomo ove lo stesso periekhon della Poesia è in simbiosi con l’intero Cosmo; un “All and Everything” visto come autentico riflesso del divino.
“Gli ontani gocciolanti si ergono diritti/ L’indomito scricciolo trilla dispettoso/ Al folle torrente che mormora senza forze/ Tu cavalchi il dorso del serpente/ Convulso finché le onde ostili si placano”.
Non c’è fragilità nell’artista Russell, ma ampiezza quasi dantesca, il vario delle parole che, magiche, divengono immagine: “O sera, fra le mie braccia giungi, serenità/ E silenzio nel crepuscolo, tu che come un ponte/ Sopra acque profonde, lungo il nostro pellegrinaggio/ Sopra l’abisso, verso l’eternità”, e poi colore: “La conoscenza di sé, io penso, è come la sabbia,/ Dentro all’ostrica, che fa la perla, - la qual/ Venere, è avere consapevolezza di come «essere»” e poi suono: “Il poeta si fa largo/ A gomitate attorno alle piste ronzanti d’api del Parnaso,/ Ingannando colla sua maschera gli ingannatori./ Orfeo sta assediando il Cielo/ sta celebrando riti,/ Furibonde le Baccanti, le furie tagliano il lino./ Scalare l’Olimpo sarà tremenda impresa”.

Peter Irwin Russell nasce a Bristol, Inghilterra, il 16 settembre 1921. Vede la guerra nel 1939, da patriota, arruolato nell’esercito inglese. Porta la divisa per sette anni, «… Ed è quella la mia vera università – ammetterà in seguito –. A contatto con la gente ed in giro per il mondo; dalla Jugoslavia all’India, dalla Malesia al Canada». Vive dunque in diversi Paesi approfondendo con studi comparativi moltissime lingue, è del 1939 la prima pubblicazione delle sue poesie, del 1944 il primo “vero” libro. Gli anni dal 1948 al 1956 lo vedono a Londra, editore della rivista letteraria «Nine» e gestore di una libreria.
Una profonda amicizia, segnata culturalmente dalla nostalgia per la prima generazione dei modernisti quali Eliot, Joyce, D. H. Lawrence, lega Peter Russell a Erza Pound (per il quale si impegnò a lungo affinché fosse dimesso dal manicomio dove era stato rinchiuso dopo la seconda guerra mondiale). Ed è del 1950 che nasce “An Examination of Erza Poind”.
Nel 1964 Russell si trasferisce in Italia, a Venezia: “Cipressi scuri (ma nemmeno una betulla/ come a Berlino), orlano le acque veneziane. Segui il Lido con l’occhio frustato dal vento-/ il lungo ago della terra che infila il mare”. Mentre durante gli anni 70 è poet-in-residence alla Purdue University, Indiana, West Lafayette, e l’University of Victoria, British Columbia in Canada.
Dal 1977 al ’79 il Poeta è a Teheran presso l’Accademia Imperiale di Filosofia dove lascerà un prezioso patrimonio in libri e manoscritti assieme a tremila dollari necessari per il trasporto di quelli – peraltro mai avvenuto – in Europa. Durante la rivoluzione degli Ayatollah e Khomeini al potere, infatti, gli viene tolto lo stipendio e Russell è costretto ad abbandonare velocemente il Paese.
Nel 1983 si trasferisce in Toscana, a Pian di Scò («Ho ottant’anni e, ovviamente, bisogno di aiuto ma non fanno niente per me. Il sindaco, il parroco del luogo hanno promesso tanto ma senza mantenere. C’era anche l’impegno di acquistare una copia di ogni mio libro per la biblioteca di Pian di Scò, cosa che poi non è successa») nella località “La Turbina”; un vecchio mulino dove, per arrivarci, è necessario procedere a piedi tra siepi e tronchi e le acque di un fiume gravido di piogge («Da quando è andato via mio figlio Peter George vivo completamente solo, con poco e di poco; un vitalizio di circo 900 sterline l’anno che mi viene corrisposto dalla Corona Inglese e di un piccolo sussidio che mi paga, per ora, il Prefetto di Arezzo»).
È della notte del 7 marzo l’incendio che brucia 5.000 dei suoi libri fra cui mille rari volumi stampati in Russia tra il ‘700 e l’800, quaderni di memorie, manoscritti e saggi, corrispondenze con autori quali Quasimodo («Un carissimo amico, un buon ragazzo anche se, diciamo, Poeta di medio livello. Abbiamo passato molte ore nei pub londinesi, dopo il Nobel era festeggiato da tutti ma per sfuggire la folla lui era sempre a casa mia»); Eliot («Ci trovavamo assieme circa una volta al mese. Era un uomo generoso ma furbo e capace. L’ultima volta che l’ho visto fu nel 1957, alla Tate Gallery. Dopo siamo rimasti in corrispondenza»); Montale («Recentemente ho riletto le sue poesie fino al 1960 circa. Non capisco perché gli italiani lo abbiano tanto idolatrato. Devo dire che ne sono rimasto totalmente annoiato»).
Nel 1992, durante una furiosa alluvione, il vecchio mulino del poeta – il suo Buen Retiro – resta seriamente danneggiato ed altre preziose opere vanno perdute. Russell continua nonostante tutto a comporre liriche di rilievo ed a curare la rivista «Marginalia» stampata in maniera artigianale in italiano e inglese a numeri alterni (« “Marginalia” è la mia alienazione dal mondo letterario ufficiale italiano e non perché sia incompetente… il mio proposito è entrare in contatto con ogni lettore; pubblicando in piccole riviste trovo molti lettori che mi scrivono lettere personali. Questo contatto, nella grande rivista, non esiste»).
Ed è dell’agosto scorso (2001) la notizia felice della cittadinanza onoraria attribuitagli da Giuseppe Ippolito, sindaco della ridente Santa Caternia Villarmosa, in Sicilia, che gli mette a disposizione “per il resto dei suoi giorni” una casa a due piani, spaziosa ma modesta sita nella collina di Sant’Anna che domina il paese.
Al telefono sento Peter Russell finalmente felice, lecita preoccupazione per il giovane figlio Peter George a parte («Questo è un posto meraviglioso. Al mattino mi alzo un paio d’ore prima che si levi il sole, così mi sembra d’avere una giornata infinita dinanzi a me. L’Etna è visibile in lontananza e ho scritto 100 nuove poesie in un mese!»).
La sua effettiva residenza è ancora a Pian di Scò ma fin dai primi giorni di settembre il Poeta conta di organizzare il trasloco per Santa Caterina, portare con sé tutti i suoi 25mila libri e favorire così un comitato spontaneo che si sta dando da fare per creare una fondazione che possa accogliere i volumi ed i 500 faldoni in un unico archivio personale. («Da fine novembre risiederò permanentemente nella splendida Sicilia. Qui il paesaggio è assolato e vivo. Anche la gente è viva!»).


Domanda – Di ritorno in Toscana tre mesi dopo.

RUSSELL – Sì. Sono tornato a casa il 28 ottobre 2000, dopo il soggiorno in Sicilia. Questi mesi sono stati una delusione terribile.

Domanda – Che ne è stato della Fondazione Peter Russell?

RUSSELL – La casa che mi era stata offerta, come “la mia futura casa” e la sede della Fondazione a mio nome, risultava essere già in vendita e dopo sei mesi, della Fondazione, non c’è traccia.

Domanda – La situazione attuale?

RUSSELL – Sono stato malato di un’infezione sistemica virale ed ero così debole che ho dovuto rinunciare al Premio alla Carriera Città di Arezzo che avrei dovuto ritirare assieme a Mario Luzi. Adesso la mia vista è talmente scarsa che non posso guidare la macchina e neanche leggere se non la stampa molto grande ed impressa chiaramente nero su bianco. È dal 20 novembre che non esco fuori di casa, sono rinchiuso, intrappolato nella mia abitazione (manca il riscaldamento, il Poeta vive adattandosi ad una sola stufa portatile, i servizi domestici sono guasti, ndr.) e ancora adesso sono così debole fisicamente che non posso salire il lungo sentiero ripido e accidentato che porta al parcheggio.

Domanda – Il comune?

RUSSELL – Non ho visto quasi persona viva. Una volta la settimana viene un giovane obiettore di coscienza che provvede alla posta ed alle spese necessarie per la sussistenza.

Domanda – Mi parli di suo figlio (fino all’estate scorsa viveva con il Poeta e ha lavorato alle traduzioni delle opere del padre dall’inglese all’italiano, stampa e spedizioni).

RUSSELL – Peter George è nuovamente crollato psicologicamente ed è stato ricoverato nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Montevarchi fino al 2 gennaio, quando è stato trasferito in un istituto psichiatrico a Prato dove dovrà rimanere per tutto il 2001. Mi trovo ora senza nessun tipo di aiuto mentre avrei assoluta necessità di una persona che lavori al computer e di un traduttore.

Domanda – Le autorità locali?

RUSSELL – Mi ci sono rivolto per trovare a chi offrire il lavoro di computerizzazione, ma nessuno è disponibile. Ho montagne di corrispondenza da sbrigare, poesie ancora manoscritte da trascrivere, traduzioni da controllare e sto scrivendo molte nuove poesie.
L’acqua manca da settimane a causa di un tubo rotto, ci sono state lunghe interruzioni dell’elettricità e del telefono; la fotocopiatrice è guasta, la stampante del computer deve essere sostituita ed il frigo non funziona. La pioggia penetra attraverso il tetto rovinato e bagna la mia scrivania… il servizio postale poi è scoraggiante e deprimente: molte lettere e pacchi non arrivano; in agosto sono andati persi dalla Pubblica Amministrazione due milioni destinatimi e, fatta eccezione di un piccolo gruppo di persone fedeli, il pubblico dei lettori è totalmente assente.



Eppure mai come adesso avverto vivo lo spirito del Poeta, quegl’occhi grigioazzurri da baldo Omero inglese rifiutano qualsiasi forma di ipocrita pietà ed inneggiano convinti all’eterno, etereo vers libre. Ma il naturale problema della poesia è che non fa diventare ricchi.

«Dopo quasi ottant’anni trascorsi in questa vita mi rendo conto che i mestieri più antichi del mondo continuano ad essere due: quello della prostituta e quello del poeta. Il primo soddisfa le esigenze del corpo e rende parecchio; il secondo, invece, quello dello spirito e lì c’è poco da grattare. La poesia non è mai stata compensata.
Ora come ora io continuo a vivere col piccolo sussidio del Prefetto e le 900 sterline della Corona Inglese con le quali devo pagare anche le cure a mio figlio Peter George.
Aveva ragione Montale nel discorso che pronunciò quando gli diedero il Nobel: la poesia non serve a niente. Ma non fa male, anzi, aiuta ad essere uomini migliori».

E purtroppo “homines sumus. Non dei”.



(Articolo di Giovanna Mulas, pubblicato su Orizzonti n. 15, giu-sett. 2001)

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