| Quest’ampia biografia, scritta da Herbert Lottman, pubblicata per la prima volta nel ’91 per i tipi della Rizzoli, ripercorre la vita di una delle maggiori scrittrici francesi del secolo scorso: Sidonie-Gabrielle Colette, o più semplicemente Colette.
Nata in Borgogna nel 1873, morta a Parigi nel 1954, Colette è stata anche un grande personaggio della vita mondana e intellettuale parigina, soprattutto nei primi decenni del secolo. Il suo esordio avviene con la serie di romanzi dedicati a Claudine, la sensuale adolescente che scandalizza il mondo della Belle Epoque. Romanzi scritti a quattro mani con il primo marito, assai più anziano di lei, famoso con lo pseudonimo di Willy e suo iniziatore alla vita delle lettere e alla libertà di gusti e inclinazioni sessuali.
Quando lascia Willy, Colette può continuare da sola la sua vita di scrittrice, ma scandalizza nuovamente i benpensanti con le sue esibizioni nel music-hall e con le amicizie particolari femminili. Un secondo matrimonio, con un aristocratico, Henry de Jouvenel, le darà una figlia, Colette; un terzo la legherà a Maurice Goudeket, un letterato ebreo di origine olandese, più giovane di lei; Maurice, amatissimo, l’assisterà sino alla morte, nella lunga malattia che la costringe all’immobilità, e a lasciare con sempre maggior fatica la sua casa al Palais Royal, la finestra del suo studio diventato l’osservatorio sul mondo. Un mondo guardato sempre con libertà acuta e precisa e con una terrestrità altrettanto forte e pagana, che tengono lontana la sua scrittura e il suo rapporto con le cose e gli esseri amati da ogni sorta di intellettualismo.
Indifferente alle convenzioni, Colette affronta con occhio sicuro e spregiudicato i rapporti fra i sessi e il rapporto fra sesso ed età (come nella sua opera «Chéri», l’adolescente amato dalla donna matura).
La donna di Colette sa essere libertina, rivale delle altre donne, ma anche solidale con loro; gli uomini possono essere nemici o elementi di disordine, ma sono necessari alla realizzazione femminile.
Lottaman segue attentamente l’itinerario di questa “contadina” di Borgogna ammessa all’Accademia Belga delle lettere e all’Accademia Goncourt, utilizzando le sue lettere, i suoi diari, le sue opere per decifrare le radici biografiche di una scrittura letteraria di incomparabile “leggerezza”. Ne nasce una biografia in cui la ragazza selvaggia degli esordi e la vecchia dama delle fine sono perciò ugualmente presenti e reciprocamente fedeli, come nel ritratto datone da Truman Capote nel 1947 e riportato da Lottman: “Gli occhi obliqui, da gatto dei sobborghi, truccati da kohl. Un viso dai tratti fini, mobile come l’acqua. Guance rosse per il fard. Le labbra sottili e duttili come un filo d’acciaio, ma accese da un rosso scarlatto come quelle di una vera ragazza di strada.”
(G. G., dalla rivista “Orizzonti” n. 15)
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