| L’opera prima, della diciassettenne francese Anne-Sophie Brasme, si presenta con un linguaggio semplice, a volte aspro, ma incisivo e capace di mettere il lettore a stretto contatto con la materia narrata. Dal titolo «La mia migliore amica», rivive le vicende che hanno portato un’adolescente – ormai divenuta adulta – nella cella di una prigione.
In questa ricostruzione del passato riaffiora la vita di Charlène, adolescente sola, che avverte il peso di un vuoto affettivo e morale, frutto della “troppa normalità”. La ragazza, che ha alle spalle un tentativo di suicidio, trascina la sua esistenza senza un filo di speranza, almeno fino all’arrivo di Sarah nella sua vita. Quasi fosse la sola via d’uscita ad un grigiore senza tregua, si lega alla nuova ed unica amica, molto vivace e disinvolta, in modo sempre più morboso. Sarah diventa pian piano per Charlène il suo unico mondo, la sola ragione di vita, per lei che non ha una sua vita. E così, inevitabilmente, il tempo trascorso insieme dalle due amiche non dà inizio ad una intensa e profonda amicizia – fatta di confidenze, solidarietà, affetto – ma, al contrario, ad un rapporto profondamente malato. Le due personalità – troppo forte quella di Sarah, troppo debole quella di Charlène – si avvicendano in questo rapporto sadomasochista, in cui l’una tratta con crudeltà e freddezza l’altra, sempre più incapace di reagire. Finché, più sprezzante che mai, Sarah decide di cacciarla dalla sua vita a malo modo, incurante della dedizione che l’amica le ha sempre riservato.
In queste pagine, il lettore ormai partecipe delle ossessioni, avverte il presentimento di una fine oscura. L’epilogo è prevedibile: a Charlène, schiacciata dalle continue cattiverie dell’amica, non resta che rivendicare se stessa.
Seppur troppo lineare e con poche digressioni, il romanzo riesce a coinvolgere il lettore nei tormenti continui di questa adolescente, grazie ad un perfetto senso del ritmo. E ci consegna un affresco dell’adolescenza – anche se attraverso l’esasperazione di tematiche già note in letteratura – come un’età precaria, in cui le certezze sono labili e in cui è facile perdersi, senza un equilibrio capace di restituire un significato all’esistenza.
(Recensione di Lorenzo Cecilio)
(La mia migliore amica, Kowalski, pp. 152, € 10)
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