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Info sull'Opera
Autrice:
Rivista Orizzonti
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

Un inedito di MORAVIA – Ne «Il disprezzo», l’unico manoscritto di Moravia rinvenuto, è presente un capito mai pubblicato: il tredicesimo

di Rivista Orizzonti

Di manoscritti dei romanzi di Moravia non ce ne sono; non è possibile, tranne che attraverso «Il disprezzo», entrare nell’officina moraviana e rendersi conto di quello che sul dattiloscritto l’autore cancellava e aggiungeva a penna, o scriveva a macchina. Si tratta di un ritrovamento di grandissimo interesse, essendo poi, «Il disprezzo», uno dei romanzi più belli e più discussi, per le considerazioni pessimistiche intorno alla cultura e alla letteratura.
La storia, infatti, ruota attorno alla figura di Riccardo Molteni, intellettuale con ambizioni letterarie e teatrali, che nonostante le difficoltà economiche riesce comunque a vivere un soddisfacente rapporto coniugale. L’incontro con un produttore cinematografico e l’accettazione, suo malgrado, a collaborare a una serie di film puramente commerciali, gli assicureranno il sospirato benessere, ma lo indurranno al disprezzo per se stesso e al disgusto da parte della moglie. L’amara conclusione del racconto vede, pertanto, il successo economico perfettamente speculare al naufragio matrimoniale ed esistenziale. Ma rimarca anche un contesto inquinato dalle preoccupazioni e vincoli economici, in cui la cultura è assimilata alla merce e l’intellettuale compare come un semplice produttore di beni di consumo.
Al di là delle considerazioni sull’opera, bisogna portare l’attenzione alla singolarità di questo ritrovamento, cui si aggiunge una “gemma”: un capitolo, il tredicesimo – che si fregia di una decina di cartelle – che lo scrittore sfilò dal manoscritto e non pubblicò. Per usare l’espressione di Moravia, questo capitolo «è stato sfilato come una maglia», come qualcosa che poteva essere rimosso dalla struttura senza provocarne alcun danno. In un confronto tra il manoscritto e l’opera stampa, infatti, si nota come tutto sia identico, eccetto appunto l’assenza di questo capitolo. Perché allora ha tolto queste pagine, dove soltanto in una si assiste al colloquio tra il protagonista e il produttore del film? Quali i motivi di questa decisione?
Prima di avventurarci in queste questioni, presentiamo protagonisti di questo dialogo. C’è il produttore, uomo pratico nella sua “volgarità” e nella sua umanità di plastica, che pensa solo al denaro. È la figura del borghese più volte raffigurato nella narrativa di Moravia, che insisteva nella rappresentazione di questo tipo umano, per una più agevole contrapposizione agli individui tipici e rappresentativi di altri strati sociali. Il produttore nel suo rapporto con questo giovane di ventisette anni, sceneggiatore del film, è paterno. Lo vede malcontento (i due, in sosta a Napoli per andare a Capri, stanno girando un film sull’Odissea) e cerca di conoscere le motivazioni di questo stato d’animo, anche se il giovane è piuttosto restio a parlare direttamente con lui. Da questo dialogo abbozzato emerge che questo giovane è anche comunista e a questa rivelazione il produttore commenta: «Ho tutta una mia teoria sui motivi per cui la gente si iscrive al Pc. Da una parte ci sono gli operai, i braccianti, gli artigiani (ma quelli si iscrivono al partito comunista semplicemente perché sono poveri; al loro posto lo farei anch’io; sfido, è il loro partito!). Ma poi c’è un’altra categoria di persone che non sono povere, che hanno delle buone prospettive di guadagno, che ciò nonostante di iscrivono al Pci… Ecco, queste persone, secondo la mia teoria, si iscrivono perché nella vita, per modo di dire, ci stanno in affitto: sono gli sfiduciati, gli scontenti, i malsicuri, i dubbiosi, che non sanno né vogliono camminare con le proprie gambe. Cercano qualche cosa che li sorregga. Sono quelli che non credono a nulla e tuttavia sentono il bisogno di credere. Ecco, lei Molteni, appartiene a questa seconda categoria. Lei non è comunista, lei è soltanto scontento, sfiduciato, pessimista e appunto perché scontento, sfiduciato, pessimista, lei è comunista».
Questa sarebbe, a parere di alcuni critici, la frase incriminata, quella che ha portato alla omissione del capitolo. Si è sostenuto, infatti, che Moravia abbia fatto questa scelta per non dare una rappresentazione negativa dei molti iscritti al partito comunista e dei suoi simpatizzanti. Tuttavia sono in molti a confutare questa tesi. Tra tutti esplicativo il parere di Siciliano che afferma: «Io non lo credo, perché il personaggio che pronuncia questa battuta è, nella sua umanità, così marcatamente negativo, e dà espressione continuamente a sentimenti di cinismo e di metodico disprezzo per gli altri che non conquistano quel livello di benessere attraverso il denaro (secondo lui è il valore primo dell’esistenza) che una battuta di questa fatta è tranquillamente realistica. Non c’è bisogno di difendersi o di dispiacere a chicchessia lasciandogliela pronunciare. Non è un saggio di Moravia sugli iscritti al partito comunista». E sul motivo di tale omissione commenta: «La pausa di viaggio a Napoli evidentemente non era una questione fondamentale ai fini del romanzo. La mia idea è che quella sosta sia stata vista dagli occhi dello scrittore come una pausa inutile, un indugio che non faceva bene alla speditezza della narrazione, alla dinamica che per lui era il valore primo. Infatti se davvero il problema era la battuta, bastava cambiare la situazione di quella pagina e trovare una soluzione diversa tra i due, lasciando intatta la necessità di quella sosta a Napoli».
Dello stesso parere è anche Lello Aiello, che è stato la prima persona a leggere questo capitolo e che ha commentato: «Tre sono le ipotesi di questa omissione: ragioni politiche, ragioni di trama o ragioni di equilibrio artistico-espressivo. Di queste, secondo me, la seconda e terza motivazione prevalgono largamente – e spiega – È per una economia generale del testo. In tutto il romanzo si parla dei temi sui quali si sono esibiti in quel particolare capitolo i due; e poi Moravia riteneva, in via più generale, che non bisognasse esagerare nel parlare di politica. Infatti diceva: “Se devo parlare di politica faccio un comizio o un articolo di una pagina sul ‘Corriere della Sera’. Quando racconto dei fatti, racconto dei fatti!”».
Qualunque sia la lettura più vicina alle vere intenzioni dello scrittore, è quantomeno singolare che questo manoscritto sia rimasto fuori dal cestino di Moravia; si riscontra una voglia di conservazione, come se quel capitolo tolto fosse rimandato a futura memoria. Lo scrittore, infatti, aveva l’abitudine di sbarazzarsi dei manoscritti, come emerge poi dall’analisi dell’ampio carteggio tra l’autore e l’editore, che si trova nella casa editrice Bompiani. L’editore gli aveva proposto una nuova serie, «Le opere complete di Moravia», con l’inserimento in ciascun volume di un fax-simile del manoscritto. In risposta, Moravia scrisse dopo una lunga riflessione – la lettera è datata 12 Aprile 1949: «Credo che bisognerà scartare l’idea del fax-simile del manoscritto, e questo per due motivi. Il primo è che veramente non ho più manoscritti dei miei libri, soprattutto dei primi e non mi pare opportuno rifarli ora con una calligrafia del tutto cambiata. Il secondo è che mi pare veramente un po’ solenne, troppo solenne e piuttosto da autore già giubilato e non da autore creativo…».
Notizie più dettagliate sul capitolo mancante, invece, sono presenti in una lettera dell’ufficio tecnico della Bompiani datata 31 Agosto 1954, in cui viene scritto: «Egr. Moravia, nell’impaginare “Il disprezzo” notiamo che la progressione dei capitoli salta da 12 a 14. Il salto però è corretto dalla numerazione delle pagine del dattiloscritto e quindi siamo venuti alla conclusione che il capitolo è stato soppresso volontariamente da lei. Ci regoliamo quindi di conseguenza per la numerazione dei capitoli». Certamente al 31 Agosto il capitolo è già stato sfilato.
Dello stesso romanzo, un altro capitolo è stato rivisto più volte: l’ottavo. È il capitolo che fa ritardare la pubblicazione: Moravia lo ha richiesto indietro e ci lavora a lungo, preoccupato del fatto che i critici spesso hanno da ridire sulla trama che non torna perfettamente. Così come viene ipotizzato da Simone Casini, curatore del II volume delle opere: «Viene il sospetto che questo lavoro sull’ottavo capitolo sia dovuto al fatto che è stato sfilato il tredicesimo».
Quello del tredicesimo non è l’unico esempio di taglio di un capitolo. Precedenti si ritrovano ne «Il conformista», dove viene tolto un capitolo molto interessante del prologo, in cui il giovane protagonista assiste alla marcia su Roma ricevendo una rivoltella. In questo caso, pare che sia stato eliminato per ragioni di trama e non politiche, in quanto rendeva troppo evidente il significato di quello che lui stava costruendo. Anche in «Le ambizioni sbagliate» venne levato un capitolo, pubblicato solo successivamente con il titolo «Andreina». Tutte notizie, queste, che confermano quanto faticoso, a volte anche ossessivo, sia il lavoro di revisione di un’opera.
A conclusione di queste riflessioni, ritengo opportuno citare altre due lettere. Una riconducibile alla fine di Agosto del 1953 (Moravia spesso non datava le lettere e l’editore lo ammoniva per questo) in cui scrive: «Ho finito la terza e ultima stesura del romanzo. È probabilmente l’ultima, non mi sembra venuto male, non è molto lunga: 230 pagine dattiloscritte, il che vorrà dire 250 pagine stampate. Il titolo è ancora incerto e lo sceglierò all’ultimo momento. Questo romanzo mi è costato una grande fatica e forse me ne richiederà ancora dell’altra perché alcune cose vanno cambiate». L’altra del 20 Novembre 1953, in cui comunica: «Caro Bompiani, il romanzo è finito e adesso una dattilografa lo sta battendo a macchina. Appena lo avrò tutto, lo correggerò di nuovo, – e poi commenta – io non sono ancora sicuro se questo romanzo mi pace o no, debbo rileggerlo».


(Articolo di Angelo Aronne, pubblicato su Orizzonti n.18, ap-lug 2002)

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