| Un titolo "magnetico", interessante, accattivante, piacevole, molto "logico", ma altrettanto "supremo".
Dopotutto, la scelta del titolo di un libro non è mai semplice, ma quando lo si trova, l'opera di certo acquista il suo valore originario, ancora più intenso.
Il titolo dell'opera sopra menzionata e pubblicata da Aletti Editore, è dell'autrice Marianna Loredana Sorrentino.
Un'autrice che ho scelto per l'esposizione gratuita in questo blog, proprio perché "catturata" dal titolo della sua opera.
Le propongo, quindi, un'intervista sia per conoscerla che per sapere il percorso letterario che ne ha contraddistinto la strada artistica.
Ciao Loredana,
come va? Grazie per aver accettato questa mia intervista. Comincio col complimentarmi per il titolo della tua opera che, sinceramente, mi è molto piaciuto. Te l'ho già detto privatamente e lo dico anche pubblicamente.
Cominciamo col dire quando hai iniziato ad appassionarti alla letteratura e ad entrare nel mondo dell'editoria.
RISPOSTA:
Innanzi tutto, grazie a te Tiziana per l’occasione che mi stai offrendo.
Non ricordo esattamente quando la letteratura sia entrata nella mia vita e questo mi induce a pensare che ne abbia fatto parte da sempre, o per lo meno da quando ho avuto la capacità di comprendere ciò che leggevo. L’immagine più datata di me bambina con un libro, risale infatti all’età di 7/8 anni e “Zanna bianca” tra le mani. L’approccio col mondo dell’editoria invece è molto recente. Prima la frequentazione on–line di portali e blogs dedicati alla scrittura, poi la partecipazione per gioco a qualche concorso di poesia andato a buon fine e per finire la proposta di pubblicazione di una silloge. L’idea di una raccolta non mi convinse, non capivo per quale motivo un lettore di poesie, i più attenti a mio dire, si sarebbe dovuto interessare agli scritti di una sconosciuta. Ho sempre pensato che per scrivere dei bei componimenti sia necessario possedere una grande capacità di saper comunicare attraverso un solo pugno di note e di parole e senza possibilità alcuna di poter bluffare sulla propria conoscenza e preparazione. Se così non è, ci si riduce ad uno sfogo personale, un diario segreto scritto con la speranza che qualcuno ci sbirci dentro. La stessa differenza che c’è tra un grande chef che con quattro ingredienti prepara un piatto d’alta cucina e me, che tornata tardi dal lavoro devo sbrigarmela con quello che c’è in frigo. Il risultato è un gustoso piattino, giusto a soddisfare un bisogno fisiologico, ma che di certo non può aspirare a brillare sul tavolo de “La Pergola”. Quindi, per non rischiare di avere vicini di scaffale imbarazzanti del calibro di Alda Merini o di Fabrizio De Andrè, mi sono affidata al pensiero di Bukowski: la poesia dice troppo in pochissimo tempo, la prosa dice poco e ci mette un bel po’. Il tempo infatti permette di giocarsela meglio e di avere più chances per uscire indenni dall’impresa in cui ci si è cimentati. Poeti si nasce e per diventarci non bisogna iniziare scrivendo poesie.
Quando è nato esattamente il tuo libro e con esso il suo titolo, cosa intendevi trasmettere e raccontare? Cosa intendi per "In un giorno come questo"?
RISPOSTA:
Il libro così com’è oggi è il risultato di una miriade di pensieri appuntati per anni. Questa mania di descrivere momenti, persone ed esperienze sulle paginette di una Moleskine mi è tornata del tutto utile. Ho trovato ispirazione da una piccola nota che descriveva un ritaglio di giornata ed ho iniziato a costruirci intorno una storia. Così è nata Eva che, in un giorno come tanti, affronta il suo solito viaggio fatto di routine. Un giorno in cui non accade assolutamente nulla di così speciale e che valesse la pena essere raccontato, ma la sfida è stata proprio cercare nel “niente” e trovare invece di “tutto”. IN UN GIORNO COME QUESTO quindi, è il momento in cui si può far accadere qualsiasi cosa semplicemente “guardando”. Il bello è che tutti possiamo, basta volerlo. Chissà se mi sono spiegata? Magari a qualcuno è venuta la curiosità di leggerlo per capire meglio!
Raccontaci allora brevemente la storia che racconti in quest'opera.
RISPOSTA:
Come vedi non è facile descriverne il contenuto, perciò ho pensato di leggerti proprio l’appunto dal quale è nato tutto il romanzo: “La mente raccoglie i dettagli senza sforzo. Ancora fresca, come l’aria di una mattina d’inverno. Il 64 attraversa pesantemente il cuore di Roma. Lo taglia sviscerando le sue bellezze riuscendo a sorprendere sempre, ogni giorno. Ogni giorno, le stesse bellezze di sempre sfiorano l'anima con un dito diverso. L'autobus sbuffa immobile davanti al rosso di Ponte Principe Amedeo Savoia d'Aosta e dentro vibrano i pendolari appoggiati l'uno all'altro come bambù sulle sponde di un fiume. Come i pensieri di ognuno (…) Sul peperino appannato del ponte una scritta si srotola per 8, 10, 12 passi di marciapiede. Forse impressa nella notte da una mano sfacciata, ma con la mente leggera. Forse lì da anni, ma chissà perché la vedo proprio oggi: se lanci semi al vento, crescono fiori in cielo.”
Infine ti chiedo dei tuoi prossimi sogni e progetti, magari sempre nel settore editoriale o artistico in generale.
RISPOSTA:
Il sogno di continuare ad avere qualcosa da dire, si sta realizzando. Appena ho consegnato il materiale per la pubblicazione di questo libro è iniziata a germogliare un’altra idea. Ora sono in piena fermentazione mentale ed immersa in una storia ambientata a cavallo degli anni ‘50/’60, in un paesino collocato in un luogo non ben precisato, purché sia da considerarsi a meridione. Essendo calabrese sto attingendo da tutto ciò che appartiene alle mie origini per dare vita a vicende che raccontano trame familiari intessute di misteri, rituali e tradizioni popolari. Un omaggio alla mia terra che mi ha resa così come sono oggi, con qualche contraddizione di troppo, ma con una connaturata passione e cocciutaggine, lo ammetto, sulle quali mi puntello per proseguire sulla mia strada.
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