| Amici carissimi,
buona sera a tutti voi e benvenuti a questa serata di poesia che ci vede insieme per la presentazione del nuovo volume dell’amico Mario Antenucci, uno dei poeti più attenti, sensibili e ricchi di talento che il Molise possiede.
Dopo “Sprazzi” ed “I colori della vita” abbiamo la sua terza raccolta di poesie che reca il titolo “Le voci di dentro” ed è appena uscita per i tipi di Aletti editore.
Prima di entrare nell’analisi del volume di cui ci occuperemo questa sera vorrei impegnare un attimo la vostra attenzione su una questione generale di carattere storico e letterario allo stesso tempo.
Sapete che come forma orale la poesia è nata molto prima della scrittura ed è stata sempre nella storia una delle forme espressive più alte di cui gli esseri umani si sono serviti per comunicare modi di pensare, sentimenti, emozioni, stati d’animo ed ovviamente rapporti relazionali.
Servendosi dell’accezione metaforica delle parole, la poesia, spesso non a caso associata alla musica, riesce a trasmettere in modo più forte ed evocativo della prosa il pensiero e le idee soprattutto perché comunica espressioni verbali ed emotive essendo allo stesso tempo un vettore di significati, di suoni, di contenuti.
La musicalità, già presente nei lessemi , raggiunge forme elevatissime, quando la poesia si associa alla musica nella canzone.
Nonostante questo suo valore espressivo così ricco ed elevato, tuttavia, la poesia occupa oggi una posizione secondaria nel consumo letterario rispetto alla prosa, anche se con l’avvento di internet appare in ripresa al punto che sulla rete risultano pubblicate circa cinque milioni di liriche ogni anno.
In questa direzione è mia convinzione profonda che un aiuto sia derivato soprattutto dal fatto che questo genere letterario si è liberato da forme, regole e schemi troppo rigidi per diventare finalmente pura forma espressiva.
Tra l’altro la poesia da genere letterario di tipo elitario è diventata forma espressiva di impiego più diffuso con una variazione non solo di tipo tematico, ma anche relativa al registro linguistico sempre più vicino a quello realistico-denotativo piuttosto che simbolico e connotativo.
Le arti sono sicuramente tra le espressioni culturali più alte che l’uomo è riuscito a creare nel corso della civiltà e rappresentano una forma espressiva, ma anche momenti intensi di godimento estetico per chi ne è autore, come per i tanti che ne fruiscono.
Quando la creatività artistica raggiunge livelli elevati è capace di suscitare emozioni profonde ed attimi di grande piacere.
Nella vita molte cose riescono ad entusiasmarmi fino alla commozione.
Mi incanto davanti ad un’opera pittorica o ad una scultura e mi faccio coinvolgere da una pagina di narrativa ben costruita o da una bella canzone.
L’ascolto della musica e la lettura di poesie tuttavia mi trascinano, mi trasportano, mi esaltano e mi coinvolgono a tal punto che sento in tutto il mio corpo fremiti di piacere intenso. Capisco allora che sono in presenza di una vera opera d’arte.
La poesia è una delle manifestazioni più alte dello spirito umano e sin dalla comparsa dell’uomo sulla Terra ha rappresentato un’arte sublime, una forma di riflessione, un sistema di comunicazione per chi scrive, ma anche un modello di godimento estetico e di dialogo riflessivo con l’autore per chi legge.
Personalmente conoscevo le tante qualità umane e culturali di Mario Antenucci, del quale sono amico fraterno fin dagli anni delle scuole superiori; da qualche anno so anche di questa sua passione per la poesia che ho piacevolmente scoperto con la lettura di “Sprazzi”, la sua prima raccolta pubblicata nel 2005.
Ho subito capito che l’autore era un poeta di talento, perché i suoi componimenti riuscivano a darmi le sensazioni cui ho accennato prima.
Credo che Mario Antenucci abbia acquisito consapevolezza del suo valore ed abbia deciso di pubblicare per questo nel 2008 la seconda raccolta intitolata “I colori della vita” per la quale ho scritto la prefazione.
Oggi esce con la terza raccolta di poesie “Le voci di dentro” parafrasando il titolo famoso di un’importante opera di Eduardo De Filippo.
I titoli dei suoi volumi sono sintomatici, perché credo esprimano la convinzione dell’autore che l’esistenza umana può essere rappresentata da colori o immagini diverse in relazione agli stati d’animo che ne accompagnano i vari momenti.
Nelle sue liriche il poeta molisano originario di Roccavivara (CB) cerca a mio avviso con grande maestria di fissare in maniera incancellabile i suoi sentimenti, le sue sensazioni, le riflessioni sull’esistenza e credo lo faccia per mettere tutto questo in un circuito culturale nel quale vuole coinvolgere il lettore, ma soprattutto i Molisani, come si evince dal ricco lavoro di illustrazione paesaggistica che nella sua opera privilegia appunto i luoghi della realtà geografica in cui vive.
Ed allora io mi permetto di sollecitare il lettore ad entrare in questo circuito anzitutto leggendo i suoi volumi di poesie per goderne la bellezza poetica, ma interagendo poi con l’autore attraverso proprie riflessioni e considerazioni successive alla lettura.
Antenucci è capace di portarci davanti all’incanto del cielo stellato”, ma sa anche stimolarci a riflettere sugli aspetti molteplici e spesso contrastanti della vita: il dolore, ma anche la gioia del vivere, la voglia immensa di pace, il disincanto sull’uomo e la ricerca di sempre nuove prospettive.
Insomma le raccolte di poesie di Mario Antenucci sono davvero uno scrigno di momenti d’incanto e di riflessione.
Non voglio togliere ad alcuno l’originalità di una lettura personale ed imporne una mia; consentitemi, però, di notare soprattutto nel volume “I colori della vita” come la sottile vena malinconica dei componimenti ceda all’abbandono nei valori più grandi in liriche come in “Il senso della vita” e soprattutto in “La vita e l’amore”, dove la chiusa propone con forza al lettore la grandezza dell’amore che riesce a dare significato pieno all’esistenza.
Non manca in qualche lirica un riferimento pudico, ma intenso alla propria fede all’interno della quale il lettore è portato con componimenti che hanno lo stile profondo della preghiera.
Con il volume “Le voci di dentro” Mario Antenucci diventa a mio avviso poeta fine e maturo sul piano formale e contenutistico.
I temi trattati sono davvero tanti e si va dalla descrizione della bellezza del paesaggio e dei colori e profumi che lo animano, alla riflessione sulla solitudine, sulla fugacità della vita, sulla bramosia dell’andare lontano, sul tempo che fugge, sulla bellezza del sentimento.
I diversi argomenti sono tutti trattati con una liricità dolcissima che digrada in una musicalità avvincente.
La poesia di Mario Antenucci risulta composta con maestria nell’organizzazione del verso e delle strofe e presenta un ritmo comunicativo lento, ma suadente, costruito com’è su una punteggiatura essenziale ed anche per questo affidato alla libertà interpretativa del lettore.
Da sottolineare l’uso attento e ricercato della parola per trasmettere ricche immagini, che, partendo dalla descrizione di semplici sensazioni, sfumano nel surreale.
Da evidenziare ancora l’uso costante degli enjambement (ingemment), ma soprattutto la ricchezza di metafore volutamente indefinite.
Colpisce ancora un’efficace capacità descrittiva affidata all’uso ricercato delle aggettivazioni, che riescono a costruire un’incantata capacità di osservazione della natura con immagini varie e delicate.
Su tutte le sue descrizioni prevalgono per bellezza quelle notturne legate in maniera particolare all’incanto per la luna o le altre in cui il rapporto d’amore diventa passione profonda.
Mario Antenucci supera se stesso quando la lirica diventa preghiera, forse perché qui riesce ad esprimere al meglio la sua profonda umanità ed il grande senso di spiritualità.
Vorrei rimarcare come la maestria del poeta sia secondo me da ricercare anzitutto nella scommessa dei temi scelti, ma anche nell’attenta capacità di fissare emozioni, di creare immagini stupende, di suggerire percorsi esistenziali, di animare riflessione e di comunicare sentimenti. Tutto questo viene fatto attraverso un linguaggio fluido, un lessico vario ed articolato, ma soprattutto con figure metaforiche stupende.
La sua istanza di comporre versi liberi si associa alla scelta tematica, alla ricercatezza di un adeguato assetto linguistico, alla sapiente costruzione grammo-sintattica, ma più in generale alla ricerca di forme poetiche di forte liricità.
L’autore non indugia nella nostalgia; ci parla piuttosto della natura e dell’uomo, ma soprattutto di amore ed il tema si allarga nella sua opera da quello umano all’altro più grande che è la ricerca di senso della vita attraverso l’incontro con il prossimo e con Dio.
Dicevo prima che con questa terza raccolta di poesie l’autore entra sicuramente in una grande maturità poetica non solo per un orizzonte paesaggistico molto più ampio, ma specialmente per la grande capacità introspettiva che lo pone con una sensibilità enorme nell’analisi dei problemi della società, dei sentimenti dell’uomo e dei valori fondamentali che egli intende ancora porre a fondamento della vita e delle relazioni umane.
I temi su cui il poeta ci guida a riflettere sono davvero tanti ed il cammino di riflessione si snoda attraverso una serie di componimenti variegati e differenti, tutti però permeati dalla stessa volontà di esprimere l’inespresso attraverso una parola il cui suono non sia solo descrittivo, ma fortemente evocativo.
Le profonde riflessioni sono lì a graffiare fieramente il nostro ansioso e vacillante modo di vivere che è sotteso alle sue riflessioni sull’ingiustizia umana di cui tutti siamo in qualche modo corresponsabili.
Se solo scorrete l’indice, vi accorgerete che i temi trattati sono tanti e tutti legati profondamente all’esistenza del singolo come elemento della collettività. Il poeta ne tratteggia gli elementi con crudezza, ma senza alcuna violenza verbale, cercando ovunque di far prevalere sulle ingiustizie e le miserie umane i sentimenti ed i principi più grandi di cui Mario Antenucci sottolinea la necessità, anche se la suggerisce con delicatezza.
Sono i valori degli affetti, della speranza, della bellezza, della solidarietà, della giustizia, ma soprattutto dell’amore, sentimento che vibra in ogni verso delle sue poesie.
Nelle liriche di Mario Antenucci, spesso associate nella pagina a versi di grandi poeti, aleggia con forza un’idea profonda di Anton Cechov e cioè che “l’altro deve riguardarci perché è dentro di noi”.
L’altro è presente nella poesia di Mario Antenucci perché il poeta lascia trasparire con chiarezza che nessun uomo è un io semplice ed indiviso, ma in ciascuno c’è una società di individui che non possono ignorarsi. Il rapporto con l’altro allora diventa necessario per comprendere se stessi, il mondo in cui viviamo e le nostre forme di spiritualità.
Sono certo che nei lettori di questo volume i versi di Mario Antenucci riusciranno a trasmettere le sensazioni piacevoli di godimento interiore che hanno trasfuso in me e che penso mi porterò dentro con affetto e riconoscenza per un poeta come lui che si inserisce con autorità in tutto il fiorire di opere di poesia che arricchiscono il panorama culturale di questo nostro tempo.
Concludo questo mio intervento recitandovi quattro liriche da me scelte solo per introdurvi in tal modo nella conoscenza dell’arte poetica di Mario Antenucci.
Sono in ordine “Le voci di dentro” a pag. 29 della raccolta, “ Clochard” a pag. 34, “Crepuscolo” a pag. 53 e “A te volgo il cuore” a pag. 26 .
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