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Info sull'Opera
Autrice:
Rivista Orizzonti
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
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Teatro - L’arte della gestualità nello spazio scenico: intervista a LYDIA BIONDI. «A otto anni ho formato, con una amichetta di scuola e mio cugino, la compagnia dei piccoli attori».

di Rivista Orizzonti


Quella per la recitazione è una vocazione che nasce dai giochi di bambina, per Lydia Biondi. Negli anni la sua passione per l’arte diventa un impegno rigoroso e, a Livorno, città in cui vive fino alla maturità, inizia a fare teatro con il Centro artistico Il Grattacielo. Prosegue gli studi della danza, iniziati all’età di dieci anni, a Firenze presso la scuola di Daria Collins, mentre ottiene un secondo diploma alla scuola d’arte di Lucca.
Negli anni ’60 si trasferisce a Roma, dove frequenta, con borsa di studio, il Centro Sperimentale di Cinematografia. Qui partecipa attivamente alle sperimentazioni e alle avanguardie teatrali romane, lavorando, tra gli altri, con Silvano Bussotti, Alvin Curran, Il Gruppo ’63. In quegli stessi anni incontra Bernhard De Vries, giovane leader del movimento di contestazione giovanile olandese (Provos), dal quale avrà un figlio.
Studia e lavora per lungo tempo con il mimo svizzero Roy Bosier e nel 1979 fonda la prima scuola di mimo a Roma, la Mtm (mimoteatromovimento), con cui conduce classi e produce spettacoli in cui è impegnata come attrice. Dà la sua collaborazione registica, come coreografa dei movimenti mimici, in teatri di prosa e nell’opera lirica (Scala di Milano, Opera di Roma, Carlo Felice di Genova, Teatro della Maestranza di Siviglia, Teatro Cervantes di Malaga, San Carlo di Napoli, Erode Atticus di Atene). Ha condotto, inoltre, laboratori di teatro e di commedia dell’arte, oltre che in Italia, negli Stati Uniti, in Colombia, in Canada, in Francia in Russia e in Siberia.
Lavora per il cinema, il teatro e la televisione con i più grandi registi italiani (Cobelli, Gregoretti, Guicciardini, Giordani, Panici, e altri) e diventa lei stessa regista di alcuni spettacoli, come nella rassegna Spoleto Sperimentale (con “Treemonischa” di Scott Joplin, 1986); a Toronto (con “Il Malato Immaginario” di Molière, 1990), a Roma per l’Estate romana (con “Giovanna la pazza” di A. Carabetta, 1996).
È stata aiutoregista di Maurizio Nichetti in “Ho fatto splash” (1989), di Gianni Amelio nel film “Così ridevano” (Leone d’oro al festival di Venezia, 1998) e di Gian Vittorio Baldi in “Il temporale” (2000). È casting director per Così ridevano e Le chiavi di casa, entrambi con la regia di Gianni Amelio, “Anche libero va bene” di Kim Rossi Stuart.
Anche in qualità di attrice, ha ottenuto importanti soddisfazioni e riconoscimenti. Lydia Biondi è, infatti, il volto noto della televisione nazionale, ambìta anche dai registi internazionali. Dal 2004 ad oggi, è nel cast italiano scelto da Spike Lee per il suo film “Miracolo a Sant’Anna”, è stata Merula, ruolo fisso nella serie “Rome” prodotta dalla Hbo, è nel cast di “Letters to Juliet”di Gary Wiennik, con Vanessa Redgrave e di “Mangia, prega, ama” di Ryan Murphy, con Julia Roberts. Negli ultimi anni ha preso parte a numerose fiction televisive, tra cui “La Squadra”, “Compagni di banco”, “Il bello delle donne”, “Diritto di difesa”, “Onore e rispetto”, “Il Sangue e la Rosa”, “Aldo Moro”, “Ris”, “Piper”, “L’Isola”, e le recenti “Anna e i cinqu”e, e “SOS Befana”.
Vive a Roma; ha un figlio, due nipotini e tre cani.

DOMANDA - La tua disponibilità nel mondo dello spettacolo è sinonimo di sensibilità artistica verso le nuove leve che si affacciano a questa multiforme arte. Un tuo giudizio sulla preparazione attuale di questi giovani?

RISPOSTA - «Genericamente parlando, molto scarsa! Ma non è colpa loro, o almeno non è “tutta” colpa loro. I modelli televisivi inducono a credere che fare l’attore sia facile e lucrativo. Non è così. La nostra società non insegna più ad essere curiosi, a desiderare di crescere e imparare, a conoscere la realtà di ieri, da cui noi tutti proveniamo. Questo genera una estrema superficialità e una grande ignoranza. Per fortuna ci sono molte eccezioni e qualche volta incontro giovani professionisti assai validi e qualche volta giovani “apprendisti stregoni” intelligenti e pieni di talento. In questi casi mi sento obbligata a cercare di fare qualcosa perché questo non sia sprecato».

DOMANDA - Qual è il personaggio da te interpretato che ricordi con più rimpianto, con più affetto?

RISPOSTA - «Ogni personaggio è in qualche modo parte dell’attore che lo ha interpretato. Forse sarebbe più facile dire quali sono i personaggi che non mi hanno persuaso… spesso per delle regie frettolose o non condivise. Ad ogni modo, l’esperienza con Spike Lee, la ricordo certamente come tra le più interessanti, per il modo di lavorare, per il rispetto del nostro mestiere, per la precisione nell’ottenere dall’attore quello che il regista desidera. Ma, anche, recentemente, il ruolo della strega cattiva in “SOS Befana”, andato in onda la notte della befana 2011, è stato molto divertente e ben costruito, grazie al regista Francesco Vicario, a Irene Pivetti, Lucia Poli e tutti gli altri giovani e meno giovani che vi hanno partecipato».

DOMANDA - Ultimamente hai interpretato la madre nel cortometraggio “In fondo alle scale” di Andrea Di Iorio e Massimiliano Delfino. Ti sei riconosciuta in questa interpretazione, quante affinità ci sono con questo ruolo?

RISPOSTA - «Pochissime, ma proprio per questo mi sono divertita. In fondo fare l’attore significa vivere, per momenti più o meno lunghi, quello che non si è…»

DOMANDA - Hai un agente cinematografico? E quanta importanza ha questa figura nel lavoro di un attore?

RISPOSTA - «Nel corso degli anni ho cambiato moltissimi agenti, sempre con l’impressione che servissero a poco. Da diversi anni, però, sono sempre con la stessa agente, e con lei ho un proficuo scambio di stima e mi trovo bene. E poi, mi aiuta nel propormi: cosa che, da sola, non so fare assolutamente. Sì, certo, la presenza di un agente è molto importante, il difficile è trovare quello giusto!»

DOMANDA - Lydia Biondi, maestra della gestualità nello spazio scenico, quanta importanza ha il gesto deciso, asciutto, secco o l’espressione degli occhi in una ripresa cinematografica, in uno spettacolo teatrale?

RISPOSTA - «Beh... si potrebbe scrivere un libro sull’argomento. L’attore è una sorta di strumento che può produrre mille sonorità diverse; bisogna saperlo suonare. Niente conta meno o di più di qualcos’altro. Corpo, voce, gesto, espressività, verità, ricerca, umiltà, sono tutti fattori imprescindibili dal mestiere dell’attore, o meglio della scelta di vita che è il “fare l’attore”».

DOMANDA - Il regista con il quale vorresti lavorare?

RISPOSTA - «A teatro? Non lo so più. I grandi stanno scomparendo e ancora non sono chiaramente delineati i nuovi maestri. Nel cinema? Sono tanti i registi che mi piacciono, italiani, e non. La cinematografia inglese e americana porta delle firme con le quali certamente sarei lusingatissima di lavorare».

DOMANDA - Cosa ricordi della tua infanzia e cosa consigli ai giovani che vogliono intraprendere questa carriera?

RISPOSTA - «Che a otto anni ho formato, con una amichetta di scuola e mio cugino, la “compagnia dei piccoli attori”. Io scrivevo i testi, facevo la regia, i costumi, le scene e recitavo. Non ho praticamente mai smesso. A chi vuole intraprendere questa carriera posso dire che deve essere davvero molto sicuro di volerla, perché le delusioni saranno tante, che non deve prendere a modello la banalità di cui siamo circondati, che la sola bellezza non serve a niente, che deve arricchirsi come individuo, come persona… e quindi come artista. Che sappia essere autocritico. Che si guardi intorno cercando di “vedere”. Di non pensare mai di essere “arrivato”».


(Articolo di Giuseppe Lorin, pubblicato su Orizzonti n. 39/ giu-sett.2011)

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