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Info sull'Opera
Autrice:
Rivista Orizzonti
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

M,A.Y.P. ( Montezuma Airbag You Pardon ) - Il libro d'esordio di Nino D'Attis

di Rivista Orizzonti

«Montezuma Airbag your Pardon» è un titolo inusuale per un romanzo d’esordio, o quantomeno non è facile da ricordare – ma in linea con l’obiettivo che si pone. Non è un libro ruffiano, non vuole accattivarsi la simpatia del lettore. È invece talmente duro che, a tratti, viene voglia di abbandonare la lettura: viene raccontata, nuda e cruda, la realtà di un personaggio assolutamente detestabile.
L’anno è il 1999. Il protagonista è un uomo del sud trapiantato a Bologna, addetto alla sicurezza di un centro commerciale. Alle prese quotidianamente con zingari e taccheggiatori, sogna una vita piena di soldi, auto di lusso, soubrettes alla GQ da rimorchiare. Di giorno è il marito di una donna sciatta e incinta, di notte è l’erotomane compagno di ninfomani e prostitute; in una dicotomia che verrà infine esasperata dal ritorno di una donna del passato: la Ragazza della Preistoria…
Pubblicato nella collana Marsilio X dedicata agli scrittori esordienti, «Montezuma» può essere scaricato gratutitamente dalla webzine “Blakmailmag” di cui Nino D’Attis – l’autore – è uno dei fondatori.



Perché questo titolo "difficile"?

«Mah, mi attirava l’idea di esordire con un piccolo rompicapo per i potenziali lettori. Tuttora mi imbatto puntualmente in qualcuno che nel bel mezzo di una festa mi domanda a bruciapelo: “Scusa, mi dici il titolo del tuo libro?” A quel punto è divertente rispondere: “Ok., prendi carta e penna e chiedi al Dj di abbassare un po’ il volume!»

Il pregio indubbio di questo libro è la scelta di un linguaggio spedito, ritmato, oserei dire "leggero" - dove c'è posto solo per le parole essenziali - e che stride, però, con l'argomento trattato che invece è piuttosto difficile da digerire. Cosa c'è dietro questa scelta?

«Il lessico molto limitato, la lingua italiana impoverita di forme appartengono alla statura culturale dell’io narrante di questa storia. Che è bassa, parecchio bassa. La ricerca sulla lingua mi ha impegnato molto, in particolare durante le ultime due stesure del libro. Questo è per me parte del lavoro che lo scrittore fa sulla realtà: hai il dovere di non strumentalizzare le emozioni dei tuoi lettori, di non truccare le carte più del necessario e anche di darti da fare per provare la verosimiglianza di ciò che stai raccontando. Un elemento in più, nel caso di M.A.Y.P. è arrivato dall’intenzione di parodiare in alcuni passaggi il linguaggio delle riviste trendy maschili: tette, gadgets hi-tech, motori, prodotti per il fitness e così via».

Il protagonista del tuo libro si presenta sin dalle prime pagine come un personaggio verso cui provare avversione; sentimento che cresce man mano che si va avanti nella lettura. Si ha l'impressione che tu stesso, privandolo di ogni barlume di salvezza, lo detesti profondamente. O mi sbaglio?

«È un fallito, e nel finale hai la sensazione che gli accadrà qualcosa di ancora più brutto. È qualcuno che si illude di avere ogni cosa sotto controllo proprio mentre tutto gli sfugge inesorabilmente di mano. Non sbagli: l’ho detestato davvero, questo buffone della porta accanto».

Anche gli altri personaggi del libro non si "salvano".

«Nessuno è innocente, tranne la Ragazza della Preistoria. Lei è il passato remoto che acquista valore ricollegandosi nel presente ad un evento quasi marginale che ne richiama il vortice, la forza tumultuosa e incontrollabile. È curioso come solo di recente mi sia accorto di aver scritto un libro idealmente dedicato alle madri. E aggiungo anche che, con mio grande sollievo, molte donne che hanno letto il romanzo hanno colto questo aspetto in forte contrasto con l’atteggiamento paranoide e misogino del protagonista. Tempo fa, una lettrice mi ha scritto: “Annalisa ci ricorda cosa abbiamo perso e cosa non saremo mai. Lei è la vita, noi siamo la morte. La vita che ci siamo negati, la vita che abbiamo negato, la vita che abbiamo sporcato.” Beh, queste righe mi hanno toccato davvero!»

Qual è il disegno che sta dietro alle esperienze che gettano il protagonista nel baratro e qual è dunque la tematica che ti premeva evidenziare maggiormente?

«Le occasioni perdute, il tempo che sprechiamo a crogiolarci nella mediocrità, nella superficialità delle cose, l’orrore che si annida nelle pieghe del quotidiano camuffato da evento ordinario. La rabbia, le frustrazioni che ha dentro il protagonista vengono fuori dal suo stesso stile di vita, dalle aspettative distorte che egli nutre nei confronti di chiunque altro. Se tutto ciò su cui fai affidamento un giorno dopo l’altro è riconducibile al superficiale, allora sei un morto che cammina».

Montezuma è un libro pornografico o affronta la tematica della pornografia?

«Entrambe le cose e, di conseguenza, nessuna delle due. È una satira, e come tale tocca dei tasti attraverso i quali non solo il sesso vissuto meccanicamente ma la povertà di sentimenti, la ritualità del vacuo suonano pornografiche. Con la lente della satira, strumentale all’oggetto narrato, uno scrittore può far risaltare tutta una varietà di stonature del suo tempo, della società in cui vive. Pensa a ciò che De Sade, Swift, o Burgess, per citare un autore più vicino a noi, sono riusciti a fermare sulla pagina».

Il contesto in cui si sviluppano le vicende è il 1999. Cosa hai descritto di quegli anni?

«I preparativi ad un tuffo in un vuoto diverso, e per certi versi più critico, rispetto al vuoto degli anni ’80. Ho cominciato a scrivere il libro in un momento in cui stavo riflettendo sulla volgarità che avanza con esiti devastanti sulle persone. Il decennio ’90 è stato caratterizzato da una bolla di ottimismo che non ha impiegato molto a sgonfiarsi. Oggi, lo stato di crisi in cui tutti viviamo, favorisce l’assassinio della bellezza, del desiderio, delle emozioni e non ci permette di essere fiduciosi più di tanto».

Ci sono delle letture che hanno "influenzato" la tua scrittura?

«Ho assorbito molto dagli scrittori che amo. Le opere di William Burroughs hanno sicuramente esercitato una grande influenza sul mio modo di accostarmi alla scrittura. In ordine sparso potrei citare anche James Ballard, Norman Mailer, Pasolini, Bret Easton Ellis, Jay McInerney, Chuck Palahniuk…la lista è piuttosto lunga».

Ci parli della campagna "Scrittori per le foreste"?

«Considero l’idea lanciata da Greenpeace una tra le cose più intelligenti accadute negli ultimi anni all’interno dell'industria editoriale. Un atto di responsabilità per gli scrittori che pubblicano e per i loro editori. Qualsiasi libro, sia che si tratti di un capolavoro da consegnare ai posteri, sia che raccolga le barzellette di un comico televisivo, oggi deve fare i conti con la carta "amica delle foreste", eccellente sostitutivo della carta proveniente dalla distruzione delle foreste primarie o di alto valore ambientale. È grave che l’Italia, paese che tra l’altro importa grossi quantitativi di legname e carta di provenienza illegale, sia arrivata tardi a questo appuntamento ma è confortante che molti miei colleghi abbiano aderito all’iniziativa chiedendo un impegno concreto ai loro editori e che questi ultimi, a loro volta, abbiano cominciato a capire che chi procura carta a una casa editrice può rifornirsi da foreste sostenibili certificate dal Forest Stewardship Council e che i costi non sono più proibitivi».

Hai fortemente voluto due versioni del libro. Una tradizionale, con la carta stampata. L'altra digitale, attraverso cui è possibile scaricare gratuitamente l'intero romanzo. Perché?

«Desideravo prolungare la vita editoriale di M.A.Y.P. oltre la sua permanenza in libreria. Il web è uno strumento perfetto a tal scopo, una vetrina duratura. A un anno e mezzo dalla sua uscita, ci sono ancora persone che scaricano gratis il romanzo e poi vanno ad ordinarlo nella libreria più vicina, magari per regalarlo a un amico. Il download funziona, aumenta il passaparola».

So che tra un po' pubblicherai il tuo secondo romanzo. Affronterai un tema nuovo?

«La cornice che ho utilizzato nel nuovo libro è quella del noir. L’anno di riferimento questa volta è il 2005, la città è Roma. C’è una folla di facce poco raccomandabili e affari sporchi, così sporchi che…beh, aspetta e vedrai…»



(Articolo di Caterina Aletti, pubblicato su Orizzonti n. 32)

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